Una ragazza vestita di beige tenta di smontare la mia argomentazione dicendo che anche gli uomini sono discriminati. Gli uomini sono discriminati dalla legge sullo stalking.
Le rido in faccia.
Mentre lo faccio sono ubriaca, il che con ogni probabilità induce i presenti a pensare che sia l'alcol a farmi ridere con tale incontinenza.
Ma la verità è che da sobria avrei riso allo stesso modo, perché a volte abbandonarsi alle risonanze delle proprie viscere è l'unico modo valido ed efficace per preservarsi.
La cosa politicamente corretta da dire è che fa bene frequentare gente che non la pensa come noi. La differenza arricchisce. La discussione come occasione di crescita personale. La discussione violenta e brutale come occasione per allenarsi alla crudeltà della vita.
Ma anche: la discussione come forma arida e vuota. Chi è il più abile a smontare l'altro? Chi si è mostrato superiore? Quanto tempo abbiamo buttato restando in superficie? Quante forze ho sacrificato nei momenti in cui, con un peso legato ad una caviglia, mi sono lasciata trascinare in profondità? Quanta carne ho esposto per l'occhio inaridito del burocrate?
Mi pare di aver detto tutto, nell'esasperazione, in mesi e mesi di discussioni al termine delle quali mi sono scoperta spenta, infuriata o in lacrime.
Ho detto:
non puoi andare per il mondo sbandierando queste stronzate
so che per cominciare a convincerti dovrei avere dati alla mano
ma certe cose sono fuggevoli
non dichiarate
impossibili da dichiarare
i data set sono carenti, sempre che qualcuno si sia preso la briga di costruirli
sempre che qualcuno abbia ammesso che c'è violenza anche nelle variabili dicotomiche
nella sintesi
nel dirsi che tanto quelle persone sono una minoranza
e a noi interessano i grandi numeri
la significatività statistica
I miei grandi numeri sono quelli delle occasioni in cui sono stata a costretta a giustificarmi dicendo "queste cose sono importanti per me, scusate tanto".
Scusate tanto se divento molesta e feroce nel momento in cui mi venite a dire
che non sono una vera donna,
che all'oppressione bisogna rispondere con modi educati
con riservatezza.
Scusate se vi rido in faccia, se do spettacolo
quando mi parlate di contegno.
Scusate se mi mostro sul punto di abbandonare la nave,
dopo avervi raccontato le storie che non volete sentire,
quando tentate di smontare ciò che non è smontabile,
quando mi rendo conto che non faccio altro che ripetere le stesse cose, con la speranza che la discussione smetta di essere così arida, punteggiata dall'umorismo facile di coloro ai quali manca il coraggio di essere fino in fondo la persona infame che ventriloquizza con le proprie battute.
Il risultato non cambia.
Scarpe infangate, vestiti sporchi di vino
il momento in cui nella penombra ci diciamo ancora una volta
quanto è faticoso resistere
e dov'è il senso?