“Il romanzo di un ventennio basato su effimere conquiste e inevitabili tracolli”. Natàlia Castaldi su La cifra dei Giorni

Creato il 17 gennaio 2013 da Andreapomella

Una recensione in anteprima di Natàlia Castaldi a “La misura del danno” pubblicata su La cifra dei giorni. È la prima in assoluto per questo libro. Qui il link all’articolo originale.

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La misura del danno è il titolo dell’ultimo romanzo di Andrea Pomella, pubblicato dalla Casa Editrice Fernandel.
Il romanzo che attraverso le vicende di vita di un aspirante attore pronto a tutto e soprattutto in perfetta linea con l’idea della prostituzione della propria dignità in funzione dell’arrivare, dell’apparire, dell’ “esserci” vivendo al di sopra dei propri meriti ed aspettative, racconta un ventennio cruciale, socialmente e politicamente, basato su effimere conquiste e inevitabili tracolli: la perfetta sintesi dell’illusione mediatica di un tempo programmato per l’annichilimento di una coesione cosciente e sociale, di cui adesso paghiamo le spese, tirandone ognuno a suo modo somme o, peggio, “sottrazioni”.

Per darvi un assaggio del libro, ho scelto una pagina che vado trascrivendovi qui di seguito, consapevole del fatto che un così breve estratto non possa raccontare un libro, né rendergli giustizia; tuttavia la mia scelta dipende dal fatto che io Roma l’ho vissuta per due anni di quel “grandioso” ventennio, e questa pagina ha dunque per me il sapore del ricordo e della ricostruzione di caratteri e modi che, inevitabilmente, mi sono rimasti impressi nella memoria, strappandomi un sorriso, qui e lì anche con un certo “fastidio”.
Vi invito, quindi a leggere queste righe e a prenotare il libro, che sarà in tutte le librerie ufficialmente dal 23 gennaio prossimo venturo.
Ad Andrea il mio più grande augurio di – questo sì! perdinci! – meritato e sudato successo.

p.s.: ricordo anche il precedente saggio sempre di Pomella, uscito nel 2012, dal titolo pessimo (ma questo Andrea lo sa, ne parlammo), 10 modi per imparare a essere POVERI ma FELICI, edito con Laurana editore, che ben lontano dal fornire soluzioni e risposte facili da decalogo delle meraviglie, fa invece un’analisi nuda e cruda della realtà sociale in cui versiamo e che – ovviamente – ritorna quale ossatura sociale in cui inserisce e fa muovere i personaggi de “la misura del danno”.

In sintesi, leggetevi questa pagina e compratevi i due libri, perché dei tanti scrittori in giro – e mi ci gioco le scarpe e i capelli che mi ricresceranno – Pomella sarà uno dei pochi che lascerà una vera traccia, un vero segno.

Natàlia Castaldi

pag.38-39 La misura del danno, di Andrea Pomella

[...]
“Si vive bene nei nuovi quartieri schiavisti?” Era questa la domanda che Gino aveva fatto a suo figlio un mese dopo che Alessandro e Francesca si erano stabiliti nell’appartamento, “ultimo piano ristrutturato salone doppio”, in piazza Carli a Vigna Clara, un regalo di nozze di Giovanni e Maddalena Sangallo.
Alessandro pensava che fosse inevitabile che suo padre facesse quel genere di commenti e soprattutto che trovasse quasi incomprensibile che suo figlio si fosse trasferito, armi e bagagli, in uno dei quartieri feudo della vecchia borghesia nera romana dove, a suo dire, anche le donne delle pulizie votavano a destra. Le considerazioni di suo padre scaturivano dalla convinzione che ascese sociali di quel genere si basassero su una fortuna effimera e su un mestiere che poggiava su basi fragili. Alessandro aveva faticato non poco a convincere suo padre che per il momento avrebbe rinunciato a fare concorsi alle ferrovie, e che i guadagni che gli derivavano dai contratti per la pubblicità e dai primi ruoli che gli venivano offerti nelle fiction erano sufficienti a garantirgli un tenore ddi vita accettabile. Aveva faticato ancora di più a convincerlo che “nei nuovi quartieri schiavisti” abitavano anche persone di sinistra, con dei figli sani e beneducati, e che quindi non doveva farsi venire i mal di stomaco ogni volta che veniva a trovarli per aggiustare una presa di corrente, o ridipingere le ringhiere dei balconi, o montare un lampadario. E soprattutto c’era l’esempio inoppugnabile dei Sangallo, un coppia di professori stimati e rispettati da tutti nel quartiere, che non facevano mistero con nessuno delle loro simpatie di sinistra.
“Quella non è gente che vota a sinistra”, ribatteva Gino.
“Quelli lì non votano proprio. Sono quelli che vent’anni fa parlavano di fare la rivoluzione, ma che alla fine il mondo gli è andato bene così com’è. Tanto chi pesca con l’amo d’oro, qualcosa piglia sempre”
[...]


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