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Il ruolo del vulcanismo nella storia

Creato il 21 dicembre 2011 da Alessandrodecet
IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA
Nel corso della storia,le Piccole Ere Glaciali,che si succedono ogni 150-160 anni di clima mite,con una successiva fase di raffreddamento globale di 500 anni,cui si ha un'incremento del vulcanismo e dell'attività sismica,il cui primo influenza a sua volta il clima riscaldando i mari e raffreddando l'atmosfera del pianeta con nubi di polvere e zolfo che hanno la proprietà di reindirizzare la luce del sole verso lo spazio,favorendo un minor riscaldamento di essa verso la superficie terrestre;queste eruzioni assieme al calo delle macchie solari furono le principali responsabili del crollo di numerose civiltà e imperi.
Una manifestazione storica di raffreddamento climatico si ebbe negli anni 535-536 D.C. e lo storico bizantino Procopio scrisse che il Sole aveva perso la sua luminositá ed era buio come durante una eclisse. Anche negli annali gaelici irlandesi é scritto della carestia per mancanza di pane del 536. In Cina si segnaló neve nel mese di agosto.
Per esempio una di queste fasi fredde cominciò nel 400 dopo l'Era Volgare e una manifestazione storica di raffreddamento climatico si ebbe negli anni 535-536 D.C. e lo storico bizantino Procopio scrisse che il Sole aveva perso la sua luminositá ed era buio come durante una eclisse. Anche negli annali gaelici irlandesi é scritto della carestia per mancanza di pane del 536. In Cina si segnaló neve nel mese di agosto.
Tutto ciò fu attribuito all'eruzione del vulcano Krakatoa che sembra superò persino di intensità di quella del Tambora.
Nel 536 d.C. un evento misterioso ha oscurato il cielo portando il mondo un lungo periodo di gelo.
Le testimonianze storiche a sostegno di questo evento straordinario sono molteplici:
Lo storico bizantino Procopio registrò nel suo rapporto sulle guerre con la Vandali , "che durante questo anno [536 dC] il Sole perse la sua luminosità ... e sembrava come se fosse in eclisse.."
Negli Annali gaelici furono registrate le seguenti cronache:
-"Un fallimento del pane durante l'anno 536 dC"- The Annals of Ulster
-"Un fallimento di pane a partire dagli anni 536-539 dC"- The Annals of Inisfallen
Ulteriori fenomeni sono stati segnalati da una serie di fonti indipendenti contemporanee:
-Basse temperature e neve durante l'estate in Cina, con rinvio della vendemmia e perdita dei raccolti.

-"Una fitta nebbia secca" in Medio Oriente, Cina e in Europa
-Siccità in Perù.

Gli studi in merito son stati molteplici, tutti con una raccolta di ampie prove scientifiche che hanno testimoniato la veridicità delle cronache storiche dell'epoca.
Uno degli studi più completio in merito è stato prodotto da:
L. B. Larsen
Centre for Ice and Climate, Niels Bohr Institute, University of Copenhagen, Copenhagen, Denmark
B. M. Vinther
Centre for Ice and Climate, Niels Bohr Institute, University of Copenhagen, Copenhagen, Denmark
Climatic Research Unit, School of Environmental Sciences, University of East Anglia, Norwich, U. K.
K. R. Briffa
Climatic Research Unit, School of Environmental Sciences, University of East Anglia, Norwich, U. K.
T. M. Melvin
Climatic Research Unit, School of Environmental Sciences, University of East Anglia, Norwich, U. K.
H. B. Clausen
Centre for Ice and Climate, Niels Bohr Institute, University of Copenhagen, Copenhagen, Denmark
P. D. Jones
Climatic Research Unit, School of Environmental Sciences, University of East Anglia, Norwich, U. K.
M.-L. Siggaard-Andersen
Earth and Planetary Physics, Niels Bohr Institute, University of Copenhagen, Copenhagen, Denmark
C. U. Hammer
Earth and Planetary Physics, Niels Bohr Institute, University of Copenhagen, Copenhagen, Denmark
M. Eronen
Department of Geology, University of Helsinki, Helsinki, Finland
H. Grudd
Department of Physical Geography and Quaternary Geology, Stockholm University, Stockholm, Sweden
B. E. Gunnarson
Department of Physical Geography and Quaternary Geology, Stockholm University, Stockholm, Sweden
R. M. Hantemirov
Laboratory of Dendrochronology, Institute of Plant and Animal Ecology, Ural Branch of Russian Academy of Sciences, Ekaterinburg, Russia
M. M. Naurzbaev
Dendroecology Department, Sukachev Institute of Forest, Siberian Branch of Russian Academy of Sciences, Krasnoyarsk, Russia
Siberian Federal University, Krasnoyarsk, Russia

e approvato per la pubblicazione sulla GEOPHYSICAL RESEARCH LETTERS, VOL. 35, L04708, 5 PP., 2008 - doi:10.1029/2007GL032450

Hanno affermato che:
Le prove dai carotaggi di ghiacco dei depositi di solfato in Groenlandia e dell'Antartico indicano un sostanziale ed esteso velo atmosferico di polvere silicea per gli anni 533-534 dC ± 2 anni. Questa è stata probabilmente prodotta da una esplosione di grandi dimensioni, come una eruzione vulcanica equatoriale, che ha causato una attenuazione diffusa e ha contribuito al raffreddamento brusco in gran parte dell'emisfero settentrionale noto da documenti storici e dati degli anelli degli alberi per l'anno 536. I dati degli anelli degli alberi suggeriscono che questo è stato il più grave e prolungato episodio di raffreddamento di breve durata dell'emisfero settentrionale negli ultimi due millenni, superando anche la severità del periodo di freddo dopo l'eruzione del Tambora nel 1815.
La grande carestia del 1315-1317 in Europa fu causata dall´eruzione del Kaharoa in Nuova Zelanda e che duró cinque anni.
Nel 1600 scoppió in Perú il Huaynaputina che causó la peggiore carestia in Russia (1601/1603), Svizzera Lettonia Estonia ebbero inverni freddissimi, la vendemmia ebbe un forte ritardo in Francia e Italia e il lago Suwa in Giappone congeló con mesi di anticipo.
Nel 1783 l´eruzione del Laki in Islanda fece sí che Benjamin Franklin scrivesse che quello fu l´estate piú fredda della storia americana, carestie si ebbero in Europa e in Islanda morì, a causa dei gas solfurici emessi, il 50% degli animali e un quarto della popolazione. La temperatura in Europa quell´anno diminuí di 1°C.
Nel 1815 l´eruzione del Tambora in Indonesia causó l´anno seguente una estate fredda a New Yrok e delle nevicate a giugno nel New England, a Terranova e in Labrador. Quello del 1816 fu conosciuto come “l´anno senza estate”.
Nel 1883 l´esplosione del Krakatoa causó 4 inverni particolarmente freddi e nel 1888 si ebbero nevicate record in tutto il mondo.
piú recentemnete l´esplosione nel 1991 del Pinatubo, uno stratovulcano delle Filippine, raffreddó le temperature globali per 2/3 anni.
Ma non finisce qui,persino la campagna di Napoleone verso la Russia fu coinvolta in questa tremenda calamità.
"li storici hanno fatto notare come dal punto di vista militare nella campagna di Russia del 1812 non mancarono errori strategici: il fatto stesso di inseguire a marce forzate l'esercito russo in ritirata fino a Mosca in un vastissimo territorio fu già di per sè un errore militare, in primo luogo per la difficoltà di mantenere i collegamenti con le retrovie. Ma come fece notare lo stesso Napoleone, il protagonista principale del disastro si rivelò il terribile gelo arrivato in forte anticipo sul calendario. Anche tenendo conto del fatto che il clima generale del nostro pianeta in quel periodo storico era tendenzialmente più freddo, si trattò solo di una eccezionale congiuntura climatica, o vi furono altri motivi ? Dobbiamo fare un passo indietro e vedere cos'era accaduto a partire dal 27 aprile del medesimo anno 1812 in due lontane isole tropicali.
IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIAL'isola di St. Vincent, un po' più a nord delle coste del Venezuela, è oggi uno dei tanti paradisi tropicali del Mar dei Caraibi ed è frequentata soprattutto dal turismo d'elite. Oggi politicamente indipendente, al tempo di Napoleone costituisce invece una colonia inglese dove gli schiavi neri lavorano nelle piantagioni di caffè e cacao. Mappa del vulcano Soufriere Le piante crescono bene, non solo perchè scaldate dal sole dei tropici, ma anche grazie al suolo dell'isola che è di origine vulcanica. La sua cima più alta, il Soufriere (1234 m.) è infatti un vulcano sonnacchioso che periodicamente si risveglia con potenti e pericolose eruzioni. Il 27 aprile 1812, mentre Napoleone è tutto impegnato nei preparativi per la campagna contro lo zar, il vulcano viene scosso da un'improvvisa esplosione, e come nella classica eruzione di Pompei, emette una tale quantità di ceneri e gas da distruggere buona parte delle piantagioni. Le stime degli studiosi parlano di 550.000 Km3 di emissioni tra gas, ceneri e polveri la maggior parte dei quali rimangono sospesi nell'atmosfera per poi venir diffusi dalle correnti aeree un po' su tutto l'emisfero settentrionale.
IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA
Qualche mese dopo, il 6 agosto, mentre l'Armata napoleonica insegue l'esercito russo alla volta di Mosca, da tutt'altra parte del mondo, sull'isola maggiore dell'arcipelago delle Sangihe in Indonesia, un altro vulcano, l' Awu si risveglia anch'esso con una potente eruzione, brucia tutto quanto intorno a sè con una nube ardente uccidendo anche 953 persone, e a sua volta libera nell'atmosfera, ceneri, polveri e una gran quantità di gas (anche qui per un totale 550.000 Km3). Anche in questo caso, sia i gas che le polveri sottili rimangono in sospensione nell'atmosfera e vengono anch'esse sparpagliate ai quattro angoli del globo, sommandosi a quelle del Soufriere.
E' ormai assodato che le emissioni vulcaniche, in particolare quelle esplosive, sono in grado di modificare il clima provocando un certo calo nelle temperature medie in misura proporzionale alla quantità di gas e polveri che liberano, anche se limitatamente ad una durata di tempo pari a due o tre anni. I meccanismi responsabili di tale fenomeno sono sostanzialmente due. Il primo è il velo di pulviscolo sottile che filtra i raggi solari riducendone la quantità e l'intensità che giunge negli strati bassi dell'atmosfera, sul suolo e sui mari, diminuendone quindi il riscaldamento da parte del Sole. Il secondo fa entrare in causa l'anidride solforosa (SO2), emessa anch'essa in gran quantità dai vulcani, che combinandosi con le molecole d'acqua dell'umidità atmosferica si trasforma in acido solforico. Le molecole di quest'ultimo sospese nell'aria respingono anch'esse la luce solare verso lo spazio esterno, anche in condizioni di cielo sereno, e dunque contribuiscono a ridurre il riscaldamento della Terra. In più il pulviscolo vulcanico in sospensione nelle nubi è in grado di incrementare sia le precipitazioni piovose che quelle nevose in quanto sia le gocce di pioggia che i fiocchi di neve hanno necessità di trovare un nucleo di polvere per aggregarsi e formarsi.
Sulla base delle ricerche effettuate dai climatologi in questi ultimi decenni, ad esempio in occasione della gigantesca eruzione del Pinatubo nel giugno del 1991, è stato appurato che già dopo tre mesi dall'eruzione le emissioni vengono diffuse dalle correnti atmosferiche in ogni parte dell'emisfero (e normalmente solo in un emisfero, nord o sud, quello a cui appartiene il vulcano in questione), mentre all'incirca dopo 300 giorni/un anno si verifica la concentrazione maggiore di elementi vulcanici in maniera omogenea su tutta la superficie emisferica, con i relativi e proporzionali effetti sul clima. Dal momento che il Soufriere eruttò alla fine di aprile, tutto fa pensare che proprio verso la fine di luglio/inizio agosto del 1812 abbia cominciato a produrre i suoi effetti climatici sull'intero emisfero nord, Russia compresa, proprio nei giorni in cui l'Awu eruttava a sua volta. Con lo stesso intervallo di tempo nei primi giorni di novembre dovrebbero Mappa dei vulcani Awu, Mayon e Tambora essersi sommate le emissioni dell'Awu a quelle del Soufriere, queste ultime per di più notevolmente incrementate essendo trascorsi più di sei mesi dall'eruzione del vulcano caraibico. In effetti come abbiamo visto più sopra nella descrizione della ritirata, ad un agosto tutt'altro che estivo seguì un settembre pre-invernale nel quale oltre a continue piogge fredde cadde anche del nevischio. A metà ottobre con la caduta della prima neve (il 14) giunse praticamente l'inverno con due mesi di anticipo, mentre il 5 ed il 6 di novembre – cioè esattamente tre mesi dopo l'eruzione dell'Awu – la temperatura scese a 20-22 gradi sotto zero, per poi raggiungere anche i -31 alla fine dello stesso mese. E questi forti cali nelle temperature non furono un'esclusiva del territorio russo, ma coinvolsero anche le altre regioni europee. A partire proprio dal 1812 per continuare poi anche negli anni successivi, in Francia e altrove, sia le primavere che le estati furono fredde, i frutti della terra ebbero difficoltà a maturare, e le vendemmie vennero effettuate in ritardo. Anche i ghiacciai alpini subirono un'avanzata (Le Roy Ladurie, 1982, p. 63).
E' lecito dunque ipotizzare che le emissioni vulcaniche del Soufriere e dell'Awu possano da sole rendere conto del clima polare durante quella disastrosa campagna di Russia ? Se esse non dovessero sembrare sufficienti si potrebbe aggiungere – a puro titolo di cronaca – che nei primissimi giorni di quel vulcanico anno 1812 (tra il 1 e il 4 gennaio per la precisione) si era fatto sentire anche il Vesuvio con una eruzione mista, effusiva ed esplosiva, che se è vero che non ebbe certo la potenza di quella degli altri due vulcani, tuttavia non mancò di liberare nell'atmosfera la sua brava dose di emissioni, cominciando così a preannunciare l'“aria cattiva” di quell'anno. Inoltre, proprio nel giorno in cui Napoleone invase la Russia, il 24 giugno, ebbe termine una lunga eruzione dell'Etna - esclusivamente effusiva, con semplice emissione di lava - iniziata il 27 ottobre del 1811.
Le emissioni del Soufriere e dell'Awu rimasero in circolo nell'atmosfera terrestre anche nel successivo anno 1813 influenzando, con condizioni meteorologiche di abbondante pioggia, anche la campagna di Napoleone in Germania, rallentando gli spostamenti delle sue truppe e intralciando il traino dei cannoni che si impantanavano nel fango. Tuttavia poichè tali difficoltà coinvolgevano ugualmente anche i suoi avversari, in realtà la sconfitta da lui subita a Lipsia ed il progressivo arretramento dell'esercito francese fino in Francia si dovettero più che al maltempo, alla superiorità numerica di Russi, Svedesi, Tedeschi e Austriaci e, come già detto, alla loro nuova strategia di attaccare e sconfiggere i suoi corpi d'armata isolati, sfuggendo nel contempo a Napoleone stesso quando questi si avvicinava.
Mentre l'imperatore dei francesi aveva il suo bel da fare per difendersi dagli eserciti avversari che ormai premevano ai confini della Francia, alla fine del 1813 (tra il 25 ed il 27 dicembre) l'irrequieto Vesuvio rovinò il Natale ai napoletani prorompendo con una forte esplosione in una ennesima eruzione. Una parte del cono vulcanico addirittura crollò, una certa quantità di ceneri vennero scagliate fino a Napoli ed Ischia, e almeno 75.000 Km3 di emissioni vennero liberate in aria. Poco più di un mese dopo, nella notte tra il 31 gennaio ed il 1 febbraio 1814 un altro vulcano addormentato, il Mayon nelle Filippine, improvvisamente si risvegliò con tutta la sua potenza distruttiva. Fra lampi e bagliori infuocati un'enorme colonna di polveri e gas velenosi si innalzò verso l'alto, per poi ricadere alle pendici del cono bruciando e avvelenando ogni cosa al suo passaggio. Almeno 1200 persone morirono a causa dell'eruzione, mentre la quantità di emissioni liberate nell'atmosfera fu all'incirca uguale a quelle sprigionatisi dal Soufriere e dall'Awu, cioè 500.000 Km3. Quando dunque le emissioni di questi due ultimi vulcani si andavano esaurendo insieme ai loro effetti sul clima, quelle del Vesuvio e del Mayon subentrarono a loro volta, rimanendo in sospensione non solo per tutto l'anno 1814 (durante la permanenza di Napoleone sull'isola d'Elba), ma anche nel successivo 1815, allorchè si sommarono con quelle prodotte dalla più colossale eruzione della storia umana: quella del Tambora.
Nella notte tra l'1 e il 2 marzo 1815, Napoleone fuggito dall'Isola d'Elba, sbarcò a Golfe-Juan vicino Cannes. I reggimenti di soldati inviati contro l'ex-imperatore dal governo monarchico di Luigi XVIII finirono per unirsi a lui senza sparare un solo colpo. Anche il maresciallo Ney che dopo l'esilio di Napoleone all'Elba si era adattato a servire il nuovo governo monarchico, tornò ad ossequiarlo. Napoleone il 19 marzo fu di nuovo a Parigi. Ma mentre nelle settimane successive si preparava ad affrontare l'inevitabile reazione militare degli altri governi europei (che riuniti a Vienna nel celebre congresso avevano già cominciato a risistemare la carta dell'Europa), il 7 aprile la tranquilla isola indonesiana di Sumbawa venne sconvolta da un evento geologico di inaudita violenza. Il vulcano Tambora improvvisamente si risvegliò con una immane esplosione che disintegrò ben 1400 metri della sua struttura montuosa, liberando in aria nell'arco di cinque giorni – dal 7 al 12 aprile – non solo una quantità di gas pari a 200 milioni di tonnellate, ma soprattutto una enorme quantità di polveri e ceneri: tra i 100 ed i 300 chilometri cubici, secondo differenti calcoli. Quantità così gigantesche di emissioni furono sufficienti non solo per provocare decine di migliaia di vittime, ma anche per modificare già in breve tempo l'atmosfera ed il clima soprattutto dell'emisfero settentrionale, riducendo il passaggio e l'assorbimento della luce solare e favorendo le precipitazioni. Per dare un'idea, l'anno successivo, il 1816, è stato definito dai climatologi “l'anno senza estate” in quanto nel corso della primavera, ma in maniera sorprendente anche in estate, si ebbero gelate e precipitazioni nevose, alternate a periodi più miti ma per nulla caldi. L'inverno che ne seguì fu rigidissimo, tanto nel nord degli Stati Uniti, quanto in Europa. Persino il regolare ritmo dei monsoni nell'Oceano Indiano venne sconvolto, ed anche la Cina subì disastrose alluvioni. L'agricoltura ne soffrì moltissimo, e si ebbero gravi carestie sia in America che in Europa.
In quella tarda primavera del 1815 comunque, i gas e le polveri del Tambora, unite a quelle del Vesuvio e del Mayon, provocarono un aumento sostanzioso delle precipitazioni piovose, anche nella zona di Bruxelles, dove tra il 16 ed il 18 giugno si svolsero le ultime operazioni militari di Napoleone, a Quatre-Bras, Ligny e Waterloo.
In quell'ultima campagna, ad affrontare le truppe francesi vi erano sia l'esercito inglese del duca di Wellington (comprendente anche contingenti olandesi, belgi e tedeschi), sia l'esercito prussiano di Blucher che marciava da est per congiungersi all'armata britannica. La strategia complessiva di Napoleone era quella di impedire il loro ricongiungimento, affrontarli separatamente e sconfiggerli. Punto nodale importante era il crocevia di Quatre-Bras, per il quale doveva passare l'esercito prussiano. A partire dal 15 Napoleone affidò al maresciallo Ney il compito di occuparlo. Ma nonostante fosse difeso da appena 4.000 soldati britannici, fino al 16 mattina Ney esitò e si decise ad attaccare solo nel pomeriggio, allorchè il contingente inglese venne raggiunto da nuove truppe: dopo parecchie cariche, Ney riuscì ad avere ragione degli Inglesi, ma gli fu impossibile tenere occupato il crocevia a causa delle forti perdite, mentre Napoleone contemporaneamente impegnato presso la cittadina di Ligny contro i prussiani non potè dargli appoggio: anzi, contava proprio sul suo aiuto sempre che il maresciallo si fosse sbrigato subito.
Per due secoli gli storici si sono interrogati – e si interrogano ancora – sulle responsabilità di un esperto ufficiale come Ney che in quella campagna militare prese decisioni infelici e irragionevoli, non soltanto, come abbiamo visto a Quatre-Bras, ma anche nella famosa battaglia di Waterloo, il giorno 18. In quella occasione, com'è noto, poco dopo metà giornata il maresciallo prese autonomamente l'iniziativa di attaccare con ripetute cariche di cavalleria, l'esercito inglese arroccato sull'altura di Mont Saint-Jean, mentre attendeva l'armata prussiana. Napoleone stesso gli diede del folle mentre vedeva la sua cavalleria ripetutamente fatta a pezzi dai battaglioni inglesi, che non erano stati preventivamente indeboliti da nessun cannoneggiamento, secondo la classica tattica militare di quell'epoca. Ney però forse aveva dalla sua un valido motivo per trascurare l'artiglieria, lo stesso di cui erano consapevoli Napoleone e gli altri ufficiali, e cioè il terreno fradicio di pioggia.
Sin dalla sua partenza alla volta di Bruxelles, tra il 14 ed il 15 giugno, l'esercito francese era stato accompagnato dalla pioggia: una pioggia costante, che a tratti dava un po' di tregua, ma che diventò temporale torrenziale dalla sera del 16, intralciando le operazioni di Ney e Napoleone, rispettivamente a Quatre-Bras e Ligny, proseguendo con uguale intensità anche il giorno successivo. Ed anche durante la notte tra il 17 e il 18 continuò a piovere intensamente, costringendo i soldati a dormire in mezzo al fango sotto una doccia continua. La mattina dopo finalmente tornò il sereno, ma il terreno di Waterloo risultò un interminabile pantano dove si affondava fino al ginocchio nella melma. Tanto Napoleone quanto gli ufficiali si resero conto che non solo risultava quasi impossibile spostare velocemente sul terreno fradicio le pesanti batterie di cannoni, ma anche che il semplice uso strategico dell'artiglieria in quelle condizioni era quantomai vano: i proiettili sarebbero affondati nel fango semiliquido e non sarebbero esplosi, o se l'avessero fatto avrebbero finito solo col sollevare qualche schizzo di terreno bagnato, facendo ben poco danno tra le fila nemiche. Di qui l'attesa di Napoleone per buona parte della mattinata aspettando che il sole appena uscito rendesse il terreno un po' più asciutto. Di qui, nel frattempo, anche le manovre diversive – costate però numerosi soldati francesi - alla conquista di alcune posizioni per spingere gli Inglesi allo scoperto, mentre l'imperatore francese aspettava oltre che un terreno più asciutto anche alcune truppe spedite il giorno precedente da tutt'altra parte a bloccare i prussiani. Ma il comandante di queste truppe, Grouchy, non ricevette l'ordine speditogli nella notte da Napoleone di raggiungere il campo di Waterloo, con la conseguenza che le truppe non arrivarono mai ed i prussiani riuscirono ugualmente ad avvicinarsi nel primo pomeriggio al campo di battaglia e alle truppe di Wellington. Quando esse apparvero all'orizzonte, Ney decise probabilmente anche per tale motivo di rompere gli indugi intuendo che la situazione si sarebbe fatta in ogni caso più critica. Così anche senza l'ausilio dell'artiglieria, i cui pezzi continuavano ad impantanarsi nel fango facendo perdere altro tempo prezioso, si gettò insieme a tutta la cavalleria all'attacco, sperando che quell'atto coraggioso servisse a rompere le linee inglesi. Ma i cavalieri vennero ripetutamente abbattuti dagli esperti fucilieri britannici e nemmeno i reggimenti di fanteria mandatigli dietro da Napoleone per cercare di riparare alla sua infelice mossa, riuscirono a contenere la carneficina, finendo anch'esse falcidiate dal fuoco avversario. Lo stesso Napoleone riuscì a sfuggire a malapena ai suoi avversari, anche se com'è noto, la sconfitta di Waterloo segnò in ogni caso il tramonto definitivo dell'epopea napoleonica, e l'esilio dell'imperatore dei francesi, dopo qualche mese, sull'isola britannica di S. Elena."

Napoleone venne sconfitto da un'incremento delle eruzioni esplosive durante la fase finale dell'ultima Piccola Era Glaciale,e questo sebbene non fu il colpo decisivo,fu certamente uno dei fattori principali che lo portarono alla sconfitta.
Ma non solo egli fu vittima dei dissesti della natura ma secoli prima anche i Maya furono gravemente colpiti da questa calamità..sempre durante una Piccola Era Glaciale.
MESSICO - UnO studio di sei anni della città Maya di Palenque ha evidenziato la prova che la città potrebbe essere stata distrutta da surriscaldati gas vulcanici e ricoperta di cenere.
Le piogge acide causate dai vulcani e la cenere vulcanica continuarono a danneggiare gravemente le rovine.
Nel frattempo, il governo del Messico ha pubblicato un rapporto il 17 dicembre 2011 che ha continuato un allarme eruzione vulcanica per Città del Messico.
Il massiccio vulcanico, Popocatépetl, si è svegliato.
C'è anche il pericolo sempre presente che un nuovo vulcano improvvisamente possa formarsi dal sottosuolo in una zona densamente popolata.
Era già accaduto prima in Messico.
Non c'è quasi nulla di un architetto che si possafare per impedire la catastrofe, quando un edificio è sottoposto a contatto diretto con la lava fusa.
La struttura sia fonde o si scioglie.
Intorno al 150 dC il vulcano Xitle nei sobborghi di giornate di presenza a Città del Messico,ha cauato un'esplosione, provocando l'abbandono delle due città, Cuicuilco e Copilco.
In seguito sono stati coperti da lava. Intorno al 930 dC il vulcano Xocoteptl nel nord-ovest periferia di Città del Messico esplose con una forza uguale o superiore al Krakatoa (Indonesia) nel 1883. Se l'esplosione fosse avvenuta oggi, forse cinque milioni di persone sarebbero state uccise.
Il pianeta presenta ovunque esperienze di catastrofismo improvvisa: Recenti studi della storica attività vulcanica del Dr. Martin el Pozzo presso l'Istituto universitario di Geofisica suggeriscono che catastrofiche eruzioni vulcaniche possono essere state le cause principali del crollo di alcune delle civiltà del Messico, tra cui un massiccio calo della popolazione Maya tra il 830 dC e il 915 dC.
El Chichon vulcano è stato ignorato in passato dagli archeologi perché si pensava essere stato in sospeso per diverse migliaia di anni.
Alcuni studi nel 2008 hanno scoperto che cenere del vulcano aveva più volte coperto la regione meridionale Maya.
In particolare, le eruzioni circa 539 dC e 900 dC, sembrano essere state particolarmente traumatiche.
IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA
L'eruzione del 539 dC, apparentemente hainfluenzato il clima di una regione che si estende verso nord negli Stati Uniti del sud-est, molte comunità indigene, sia nelle terre maya e il Sud-Est sono stati abbandonati.
Pozzo ha teorizzato che l'eruzione di El Chichon, combinata con una massiccia eruzione del vulcano Ceboruco nel Messico occidentale ha alterato il clima di gran parte del Nord America, causando in tutto l'anno temperature invernali e siccità.
Anche l'aumento del vulcanismo sottomarino fu responsabile della scomparsa delle civiltà precolombiane,in quanto importanti cambiamenti climatici avvennero a causa dell'aumento delle temperature dei mari e dell'evaporazione marina.
"Prima i terremoti e poi piogge torrenziali legate a un fenomeno di El Niño particolarmente intenso portarono alla rovina le prime civiltà sudamericane che dopo duemila anni di prosperità, scomparvero nel giro di pochissime generazioni circa 3600 anni fa. E' questa la conclusione a cui è giunto un gruppo di antropologi e archeologi dell'Università della Florida e del Caral-Supe Special Archaeological Project che hanno studiato i resti di un sito costiero del Perù centrale, dove vi sono le vestigia dei primi grandi monumenti di quel continente, ben più antichi di quelli dei Maya.
Come è illustrato in un articolo pubblicato sull'ultimo numero dei Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), le popolazioni della valle del fiume Supe - i cui primi insediamenti risalgono a 5800 anni fa - non vivevano solamente di pesca, ma erano riusciti a rendere fertili le aride piane adiacenti all'estuario, coltivandovi sia cotone sia una ricca varietà di vegetali. A testimonianza della floridezza della loro cultura vi sono nella zona i resti di imponenti monumenti, il più grande dei quali, la Pirámide Mayor nel sito di Caral, aveva una pianta di circa 170 metri per 150, si ergeva con una serie di gradoni per 30 metri di altezza; alla sua sommità si dispiegava una serie di spazi cinti da mura e svariati corridoi. Quello di Caral è peraltro solo uno dei sette siti che sono attualmente in fase di scavo nel quadro del Caral-Supe Special Archaeological Project.
Secondo Mike Mosele, che con Ruth Shady ha coordinato lo studio, l'inizio della fine di quella civiltà, 3600 anni fa, fu segnato da uno o due tremendi terremoti, di magituto forse attorno all'8, che interessarono una superficie di circa 5500 chilometri quadrati, devastando Caral e il vicino insediamento costiero di Aspero.
I terremoti provocarono peraltro anche una ampia serie di frane e smottamenti che avrebbero destabilizzato la struttura del bacino idrico del Supe. Quando successivamente arrivò un intenso El Niño, si verificarono quindi immani alluvioni che trasportarono una quantità di detriti tale da interrare la baia di Aspero e rendere inabitabile quella che un tempo era una regione fertile a dispetto del clima arido. Portando così al collasso la società della valle del Supe."

Per dare l'esempio di come le eruzioni vulcaniche abbiano il loro ruolo sugli inverni basti ripercorrere alcune recenti stagioni.

ANNO 2008
Nel maggio del 2008 pochi giorni dopo una tempesta solare è entrato in eruzione il vulcano Chaiten che non eruttava da 10.000-9000 anni.
Questo evento come al solito,è stato sottovalutato dai media,tuttavia l'eruzione a carattere pliniano tipico della Cintura di Fuoco dell'Oceano Pacifico contribuì a generare seri cambiamenti climatici,in buona parte provocati dall'effetto schermante delle polveri e i gas vulcanici nell'atmosfera e in parte perchè quello era l'anno in cui il Sole si apprestava ad entrare nell'attuale Minimo di attività che perdura ormai da anni.
"La colonna di ceneri e lapilli "sparati" dal vulcano ha superato i 13 km. Dal punto di vista meteorologico, l'impatto dell'eruzione è arrivato fino alle coste atlantiche della Patagonia Argentina. Comodoro Rivadavia, situata a quasi 500 km di distanza dal vulcano, ha cominciato ad avere il cielo oscurato dalla cenere vulcanica nelle primissime ore di sabato. Sospinte da un forte vento "zonda" da nordovest (fino a 43 km/h, raffiche fino a 61 km/h), le ceneri vulcaniche sono divenute più abbondanti con il passare delle ore, con la visibilità scesa fino a 300 metri a metà pomeriggio, tra l'altro con il termometro salito fino a 25,5°C, oltre 11°C sopra media (lo zonda è il foehn andino).
2 cm di cenere hanno coperto anche Esquel, a soli 90 km dal vulcano, dove l'acqua non è potabile. "
Ecco alcune foto dell'eruzione:
IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA
IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA
A seguito dell'eruzione l'estate e l'inverno ne furono seriamente alterati.
L'estate si tradusse in una serie di frequenti acquazzoni in buona parte del Nord America,specialmodo sullo Stato di New York,ma anche in Siberia ed in Alaska.
IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA
Ma non finisce qui,a rovinare lil resto dell'anno 2008 fu l'eruzione del vulcano Kasatochi,le tre eruzioni esplosive avvenute tra il 7 e 8 agosto 2008 hanno mandato una grande quantità di ceneri e di anidride solforosa a una altezza che si stima oltre i 10'000 metri. Il satellite della NASA che ha elaborato l'immagine qui esposta, ha rilevato il 10 agosto questa situazione. La nuvola di ceneri portata dai venti prevalenti si è spostata a sud est, lambendo le coste canadesi e statunitensi.
IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA
È dall'eruzione del 1991 del vulcano cileno Hudson, che non veniva mandata nell'atmosfera una così grande quantità di anidride solforosa. Le ceneri hanno anche impedito la navigazione aerea in questa area, il 10 agosto ben 44 voli di linea sono stati deviati per evitare di entrare in contatto con le ceneri che possono causare danni ai motori degli ae
Nel compenso l'inverno 2008-2009 è stato un po più freddo della norma ma anche più secco,da novembre fino a a gennaio le temperature in Europa si mantennero particolarmente rigide,nella fase finale più temperate.
IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA
Nello stesso mese di gennaio in seguito le cose sono però cambiate al punto che in buona parte d'Europa l'inverno si mantenne mite,mentre a livello planetario per avere precedenti simili valori occorre tornare indietro al 1993.

ANNO 2005-2006

L'anno 2005 è stato un'anno di forte El Nino,e come ormai ho dimostrato nei contenuti di questo sito il vulcanismo sottomarino è una cospicua parte che influenza la temperatura delle acque dell'Oceano Pacifico,ho anche dimostrato che quando si ha quel periodico incremento dell'attività vulcanica sottomarina avviene anche un sincronismo con le attività vulcaniche islandesi e forti eruzioni vulcaniche che influenzano il clima.
Un'aumento delle temperature marine comporta anche un'incremento della quantità di vapore immesso nell'atmosfera.
In quell'anno si ebbe l'eruzione del Saint Helens,negli USA,e il Llamatepec,in Salvador,quest'ultimo non eruttava da un centinaio di anni
"Per la prima volta dopo cent’anni il più grande vulcano del Salvador è entrato «in fase di eruzione», costringendo migliaia di persone alla fuga e facendo due morti.
Il ministro dell’interno del paese centramericano, Renè Figueroa, ha decretato l’allarme rosso.
Il vulcano Ilamatapec, noto anche come Santa Ana, a 66 chilometri a ovest della capitale San Salvador, ha sputato cenere e colate di lava sul suo versante sud. Due persone sono morte inghiottite da crepacci che si sono aperti a due chilometri a sud del cratere.
Le autorità hanno ordinato l’evacuazione di migliaia di persone che vivono nella zona minacciata.
«La cosa principale è salvare vite umane» hanno fatto sapere fonti del governo, che ha predisposto un piano per lo sgombero di almeno 7 mila persone, metà delle quali già allontanate dalle zone a maggiore rischio. L’allarme rosso, il più alto, interessa una zona di 4 chilometri attorno al cratere."

IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA
Sempre nel marzo del 2005 il vulcano Saint Helens ha eruttato a 12 chilometri di altezza una colonna di ceneri e gas incandescenti che senza dubbio una vasta porzione di essi è finita nell'atmosfera,ma sebbene ci si aspetti che l'eruzione di questi due vulcani abbia parzialmente raffreddato il clima influendo sull'inverno forse si forse no,non è stata la particolarità delle temperature ma le nevicate.
Il pulviscolo vulcanico in sospensione nelle nubi è in grado di incrementare sia le precipitazioni piovose che quelle nevose in quanto sia le gocce di pioggia che i fiocchi di neve hanno necessità di trovare un nucleo di polvere per aggregarsi e formarsi.
Nel gennaio del 2006 si ebbe infatti sul Nord Est dell'Italia un'eccezionale nevicata che abbondante durò 2 giorni e nella quale si accumulò ben più di un metro e mezzo di neve,per non parlare di quella che si era già accumulata durante le precedenti nevicate,almeno per quanto riguarda dalle mie parti.
IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA
IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA
IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA
Nelle aree più in pianura del Nord Italia lo spessore della neve variava da 80 a 40 cm,fatto stà che questa nevicata è entrata nei record storici.
La Nevicata abbattutasi su quasi tutto il nord Italia nelle giornate di Giovedì 26 e Venerdì 27 Gennaio 2006 può essere definita a tutti gli effetti una nevicata storica ed eccezionale,specialmente in Lombardia, Piemonte, Liguria e Trentino Alto Adige.Gli accumuli di neve sono stati davvero rilevanti,superiori ai 50 cm in quasi tutti i centri della provincia, ed hanno creato notevoli disagi alla circolazione, sia stradale che aerea, con alcune autostrade ( A15, A8) ed alcuni scali chiusi, come Orio al Serio e Linate. Vi sono state punte di oltre 70 cm in Brianza.
Per trovare accumuli maggiori è necessario scomodare il mitico ’85, che la fa da padrone nei ricordi della gente e nelle tabelle dei meteorologi, con i suoi sontuosi 74 cm in centro a Milano.
Passando alla descrizione delle vicende da un punto di vista più tecnico, dobbiamo fare un salto nel tempo ed analizzare quanto accaduto in Russia e in Europa orientale. Intorno al 15 Gennaio è andata rafforzandosi una zona di alta pressione termica, cioè dai connotati gelidi, sulla Russia, in estensione verso ovest nei giorni seguenti. Mosca è stata avvolta da un gelo intenso, con minime che si sono avvicinate ai -35 gradi centigradi e massime che nel giorno più freddo sono rimaste intorno ai -30! I giorni successivi il gelo ha colpito  Polonia,  Germania, Austria, Repubblica Ceca; infine tutto il centro ed est europeo. Giusto per fare un esempio a Varsavia la colonnina di mercurio in alcuni giorni ha faticato a salire sopra i -20
ed in alcune zone del paese si è scesi sotto i -30!
In Italia il freddo non ha di certo avuto le caratteristiche avutesi nei paesi sopra elencati. Questo perchè l’aria di provenienza siberiana (Burian), che in un primo momento sembrava dovesse colpire l’Italia in maniera più diretta ed incisiva, è passata in prevalenza a nord delle Alpi, verso la Francia.
Così facendo si è venuta a formare una goccia fredda , cioè una zona di bassa pressione strutturata soprattutto in quota, tra la Francia e il Golfo del Leone.
Questa zona di bassa pressione ha richiamato venti caldi e umidi prima da sud e poi da sud-est uniti, almeno inizialmente, a venti freddi dibora.
I venti caldo-umidi hanno dunque portato il carico di precipitazioni necessarie per il realizzarsi dell’evento che, grazie all’effetto di sbarramento della catena alpina a nord, ha avuto grande consistenza.. L’altro ingrediente fondamentale per la realizzazione di tali nevicate è il freddo.
Il freddo formatosi i giorni precedenti l’arrivo dei venti caldi, ha avuto modo di mantenersi grazie alla conformazione della Pianura Padana. Il nord ovest Italiano, protetto dagli Appennini e dalle Alpi, ha mantenuto un cuscino freddo (è questo
il termine tecnico) che ha consentito alla neve di cadere intatta fino al suolo. Infatti verso est, dove il cuscino freddo è meno riparato dai monti, la neve ha lasciato spazio alla pioggia dopo poche ore.
Da Brescia verso est, in pianura, ha quasi sempre piovuto.
Il 22 Gennaio le temperature sono calate ovunque.
La stazione meteorologica di Pessano con Bornago ha rilevato un calo di 3 gradi della massima, ed i giorni seguenti sia delle massime che delle minime, assestandosi poco sopra i 2 gradi nelle massime e intorno ai -6/-7 nelle minime.
Ed ecco che ci avviciniamo all’EVENTO.
Il 25 Gennaio si chiude con cielo sereno, brinata in corso ed un magnifico cielo stellato.
Alla mezzanotte il sensore della temperatura rileva -6,5 gradi. Nel corso della notte del 26 Gennaio arrivano le prime nubi, ed in poche ore il cielo è coperto.
La temperatura sale fino a -2 a causa della copertura nuvolosa, fenomeno normale in questi casi.
Ed ecco che verso le 09.00 nella quale comincia a cadere la prima neve..
Tutto sommato non ci si aspettava certo un'inverno così freddo e nel complesso l'inverno 2005-2006 fu un'inverno abbastanza rigido anche negli Usa.

ANNO 1998
L'anno 1998 fu un'anno spettacolare in molti campi sia dal punto di vista geologico che climatico.
Dal 1997 era stato osservato un'incremento del vulcanismo sottomarino al largo del l'Oceano Pacifico e considerando che El Nino è legato al vulcanismo sottomarino tirava già aria di tempesta.
El Nino cominciò proprio nel gennaio del 1998 e con le acque del Pacifico eccezionalmente calde la corrente geotermica scatenò l'inferno su mezzomondo riscaldando l'atmosfera (ricordiamoci che le temperature dell'atmosfera seguono principalmente quelledegli oceani) che andava a caricarsi di vapore acqueo,causato dall'aumento delle temperature oceaniche e facendo del 1998 uno degli anni più caldi mai registrati,a cui erroneamente imputato come colpevole il Riscaldamento Globale.
Durante El Nino del 1998 accadde questo:
-A causa del forte riscaldamento delle acque si sono generati alcuni tremendi cicloni tra i quali Guam i cui venti hanno raggiunto il record di 370 km/h,la più alta velocità mai registrata finora.
-In giugno il fumo degli incendi scoppiati in Messico meridionale e Guatemala impregnava ormai l'atmosfera in Texas,a migliaia di chilometri di distanza.
Il clima era di un opprimente grigio-metallico,si respirava un odore acre e il sole a mezzogiorno appariva rosso.
La nube di fumo che si estendeva dal Sud America settentrionale all'Illinos,era tra le più grandi della storia,seconda solo all'immensa nube che aveva coperto l'Asia sud-orientale,quando gli incendi erano sfuggiti al controllo.
In tal caso il fumo era talmente denso che a mezzogiorno a Kuala Lampur era calata l'oscurità,a 1900 km di distanza,sull'altra sponda del Mar Cinese meridionale.
-Nell'Hounduras si è abbattuto l'uragano Mitch.
-Nella primavera del 1999 la Cina e il Regno Unito sono stati colpiti da una serie di violenti tornado.
-Durante una serie di tornado che hanno colpito gli Stati Uniti nel mese di giugno è stata osservata una tromba d'aria con venti che superavano i 500 km/h,una velocità che ancora una volta batteva tutti i record.
Nello stesso periodo si è avuto un notevole aumento delle epidemie e malattie in tutto il mondo,portate principalmente dal diffondersi di insetti e altri animaletti favoriti dal cambiamento del clima portato da El Nino.
-Nel aprile del 1998 è stato annunciato che una violentissima invasione di batteri stava uccidendo i coralli dei Caraibi.
-In tutto il mondo la cosidetta "Sindrome degli Stagni Malati"stava decimando le popolazioni di rane,rospi e salamandre.
-A causa delle elevate temperature portate da El Nino la popolazione di zanzare ha conosciuto un esplosione in tutto il mondo.
Nell'intero pianeta i casi di malaria hanno subito quelli che l'Organizzazione mondiale della sanità ha definito "balzi quantitativi".
-Dopo che il Kenya è stato colpito dalle piogge che siano mai state registrate dal 1961(imputate anch'esse a El Nino)migliaia di persone hanno contratto la febbre della Rift Valley che ha causato morte di 200 persone.
-L'incidenza del colera è aumentata in America Latina e in alcune zone dell'Africa.
-Negli Stati Uniti la proliferazione di topi dalle zampe bianche,causata dalle abbondanti piogge desertiche,ha messo a repentaglio la vita di moltissimi abitanti del sudovest con la minaccia dell'Hantavirus.
-Nel mese di agosto,a Huston,in Texas,si è tentato di aggredire gli sciami di zanzare con gli insetticidi mentre New Orleans è stata invasa dagli scarafaggi.
-Dopo diciotto mesi di caldo insolito,la Russia ha conosciuto una grave epidemia di tubercolosi proprio mentre si trovava in una situazione di disordine sociale che ha ostacolato il contenimento dell'epidemia.
-Nel 1999 a New York è stata ingaggiata una lotta accannita contro le zanzare a causa del diffondersi di un epidemia di encefalite.
-grande alluvione del Mississipi, USA;Laredo,Texas,si è ritrovata alle prese con un'epidemia di febbre di dengue.

-a Papua Nuova Guinea colpisce uno tsunami che provocherà 2.182 vittime;
-una carestia colpisce il Sudan;
-epidemia presso la Repubblica Democratica del Congo del virus Marburg;
IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA
In quello stesso anno si ebbe una forte eruzione del vulcano islandese Grismvotn,ennesima evidenza della correlazione tra El Nino e vulcanismo.
L'eruzione comincia il 19 dicembre e termina il 27 di quello stesso mese.
Nessun effetto sul clima in quanto l'eruzione non fu una delle più potenti.
Tuttavia un'altra eruzione fu quella del Piton de la Fournaise,
Mountain Molten
In un'esplosione di furia fusa,il Piton de la Fournaise esplode, mandando fiumi di lava nell'oceano sottostante.
All'inizio dell'eruzione del 1998, prese d'aria deporre le uova lungo fessure, creando un muro di lava o cortina di fuoco.
Questa eruzione è stata una delle più lunghe di questo secolo, con durata di 196 giorni dall'inizio del 9 marzo 1998. Il volume emesso è stato stimato in 50 milioni di metri cubi, segnando questa eruzione come una delle più voluminose nel corso di questo secolo.
Ma non fu l'unica.
Al largo dell'Oregon,il vulcano sottomarino Axial,ebbe una forte eruzione durante la quale furono immessi 200 milioni di metri cubi di magma.
Un'altra eruzione sottomarina si ebbe da parte del vulcano Loihi,il vulcano più giovane delle isole Hawaii che si innalza per 3000 metri dal fondale basaltico dell'Oceano Pacifico,un'altra eruzione si ebbe anche nel 1996,guardacaso in corrispondenza con le fasi finali di El Nino e dell'eruzione del vulcano islandese.
Nel complesso tuttavia il 1998-99 fu un'inverno particolarmente caldo,specie per El Nino che ebbe un'affetto mitigatore.

ANNO 1996
l'Anno 1996 fu l'anno in cui terminava,come fa generalmente il sole una volta ogni 11 anni il ciclo delle macchie solari,e quindi il sole diminuiva la sua attività per poi l'anno successivo gradualmente ricominciare la propria.
Ci si aspetterebbe quindi per l'anno 1996 una sostanziale diminuzione delle temperature che fu apportatato non solo dal Minimo Solare ma anche dall'eruzione del vulcano Gjalp,facende parte del sistema secondario del vulcano Grismvotn,l'eruzione cominciò il 30 settembre e fu dichiarata terminata il 19 novembre.
Gli effetti sull'inverno del Minimo Solare e degli aerosol eruzione non si fecero attendere a lungo.
Nei giorni a cavallo fra il Natale ed il Capodanno del 1996, l’Italia vive una delle più gravi situazioni di maltempo dell’ultimo secolo. Il Burjan, il vento della steppa, invade la penisola, causando nevicate abbondantissime e mettendo in ginocchio l’intero paese. Fra le regioni più colpite vi è proprio l’Umbria, fra le zone più colpite dell’Umbria proprio la montagna folignate.

GIORNO 25: L’abbassamento di latitudine dell’anticiclone freddo favorisce lo spostamento verso sud-est della depressione che nei giorni precedenti era ferma sulla Spagna, portando un’accentuazione del maltempo al centro-sud, prima sul Tirreno, poi sull’adriatico. Le temperature, seppur lievemente, cominciano a scendere anche sull’Italia, con la neve che imbianca l’appennino settentrionale fino a 1000m.

IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA



GIORNO 26: Ma è tra il 26 e il 28 dicembre che l’alta pressione russa prende vigore, conquistando tutta l’Europa, con valori pressori prossimi ai 1045hp. L’aria fredda invade tutto il vecchio continente, a partire dalle nazioni orientali. I termometri anche sull’Italia scendono bruscamente ad iniziare dal Triveneto dal pomeriggio del 26 dicembre.

Sul nostro Appennino iniziano le bufere. A Foligno città nevica per 12 ore consecutive. A Colfiorito si transita con le catene. Nel pomeriggio la città è già in tilt. Davvero triste la vicenda del cittadino che vede la cerimonia funebre della madre disertata dal muratore, ed è costretto a chiudere il loculo da solo. Molto più goliardico lo stato d’animo dell’ignoto buontempone che durante la notte erige un monumentale fallo di ghiaccio davanti al Palazzo Comunale.


IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA


GIORNO 27: Il 27 dicembre tre quarti dell’Italia è sotto zero, ma mentre al nord i cieli sono sereni e tersi, sul medio adriatico e al sud la neve scende copiosa fin sulle coste, con qualche breve apparizione anche sul versante tirrenico (…) la caratteristica dell’aria fredda continentale siberiana è proprio quella di essere particolarmente fredda negli strati medio-bassi, provenendo da zone pianeggianti in cui il freddo si accumula giorno dopo giorno proprio in pianura, a causa della compressione dell’aria esercitata dalla pressione eccezionalmente elevata.

La neve scende copiosa in montagna, soprattutto a Nocera e Valtopina (1 metro). Il Valico di Colfiorito chiude. A Foligno città il traffico è ormai paralizzato, nonostante l’enorme sforzo di tutte le istituzioni. Lastroni di ghiaccio si staccano dai tetti.


IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA


GIORNO 28: Tra il 28 e il 29 dicembre l’ondata di freddo raggiunge la sua massima intensità, con valori di temperature di -13° a 850hp sull’estremo nordest, ma con un’isoterma di -9° che sfiora anche il Lazio. Contemporaneamente sull’Europa occidentale si comincia a formare una nuova saccatura atlantica, che nei giorni successivi avanzerà verso l’Italia.

Alle 4,30 del mattino un bambino si affaccia dai vetri della finestra, stupito dallo straordinario spettacolo bianco infila le scale ed esce tranquillamente in strada, smarrendosi. Poche ore dopo sarà riconsegnato dalla Polizia ai genitori ormai terrorizzati. Sui quotidiani locali c’è chi scrive, polemizzando con l’Amministrazione Comunale per i ritardi nel fronteggiare la situazione: I cittadini di Foligno devono solo augurarsi di non dover mai fare i conti con emergenze più gravi. Dopo 9 mesi esatti… il terremoto. La storia giudicherà se davvero quell’Amministrazione non era in grado di fronteggiare emergenze di protezione civile.


IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA


GIORNO 29: Tra il 29 e il 31 dicembre la saccatura sulla Spagna avanza verso l’Italia, preceduta da correnti temperate e umide mediterranee che scorrendo sul cuscinetto di aria fredda preesistente determinano la genesi di un fronte caldo, apportatore di nevicate su tutte le pianure del nord e in una prima fase anche sulla Toscana. Ma sarà con l’arrivo del fronte freddo del 31 dicembre che la pianura padana si ritroverà sotto 30/40cm di manto bianco al risveglio dell’anno nuovo. Una notte che molti di voi si ricorderanno certamente. Al centro-sud invece l’aria calda ha ormai scalzato quella fredda e la precipitazioni, anche sotto forma di rovescio o temporale, risultano piovose fino a quote medie.

E’ il giorno della grande neve. Un manto bianco spesso fra i 30 centimetri e i due metri avvolge l’intera regione. L’Autosole resta bloccata fra Orvieto e Orte. La montagna folignate è in buona parte isolata.


IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA


GIORNO 30: Dopo la neve, il ghiaccio. Gela il Trasimeno. Deraglia una motrice sulla linea ferroviaria Roma-Ancona all’altezza di Gualdo Tadino. Vengono liberate dalla neve Roccafranca e Ali, nella zona dell’Alto Verchianese. A Gaglioli, sulle colline di Bevagna, un gruppo di militari riesce, dopo incredibili avventure, a portare in ospedale una partoriente.


IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA


GIORNO 31 : L’episodio è ormai alla fine. Da ovest avanzano correnti più temperate. Nella notte di San Silvestro due ore di scirocco smantellano completamente il manto nevoso. Le polemiche sono già dietro alle spalle: rimangono solo ricordi, storie da raccontare davanti al fuoco.


Resta da dire che il 1996 fu inoltre un'anno di El Nino in cui andava progressivamente calando sostituito dalla Nina.

ANNO 1993
Nei 2 anni prima gli inverni sono stati piuttosto scadenti,almeno per quanto riguarda l'Italia,quello tra il 1993-94 invece è stato abbastanza interessante.
In quell'anno,in Cile eruttò il vulcano Lascar e il Bezymianny in Kamchatka.
Il vulcano consiste in una lunga fila di sei crateri sovrapposti calanti bruscamente verso Nord Est.
Tra questi,l'unico attivo è al centro del gruppo con un diametro di 800 metri e 300 metri di profondità, ha sempre presente attività fumarolica.
Il vulcano Lascar è il più attivo nella zona centrale delle Ande, trovandosi in una zona desertica non viene considerato pericoloso è perciò saltuariamente monitorato.
Il vulcano ha eruttato più di 20 volte dal 1848 al 1993.
IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA

L'eruzione dell'Aprile 1993 fu di grande potenza, produsse una colonna eruttiva di oltre 20 km, grandi emissioni di pomice ed un flusso piroclastico lungo oltre 7 Km.
IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA

In Kamchatka invece in quello stesso anno il vulcano Bezymianny ebbe altrettanto una violenta eruzione in cui le ceneri emesse ricaddero sulle isole Commodoro ad oltre 500 Km Est-Sud-Est.
Il pulviscolo vulcanico immesso nell'atmosfera assieme all'anidride solforosa sebbene non fosse ovviamente sufficieniente per causare importanti raffreddamenti climatici fu in grado di incrementare nevose in quanto durante l'inverno i cristalli di ghiaccio trovarono granelli di polvere su cui potersi aggregare formando i fiocchi di neve che con l'apporto della polvere vulcanica eruttata nell'atmosfera durante le 2 violente eruzioni.
E questo ebbe i suoi effetti nell'inverno del 1993-1994.
A Brianza "nei giorni seguenti al Natale si ha una diminuzione delle temperature ed il giorno 31 entra un fronte atlantico. Inizialmente le precipitazioni sono sottoforma di pioviggini poi l'entrata del fronte freddo fa calare le temperature quel tanto che basta a far scendere la neve. E' una nevicata piuttosto breve ma molto intensa e sottoforma di rovescio nevoso. L'episodio si consuma tra le 23:30 del 31 dicembre e le 6 circa del mattino di Capodanno '94. La temperatura, dagli iniziali +3° del pomeriggio, cala fino ai -1°C della notte; al suolo depositano 8cm."
Anche a Trento fu molto nevoso complessivamente caddero 73 cm. di neve contro una media di 56 cm.
Le nevicate in generale:
- 7 dic. 3 cm.
- 11 dic. 3 cm.
- 14 dic. 3 cm.
- 24 dic. 27 cm.
- 31 dic. 22 cm.
- 4 gen. 13 cm.
- 28 gen. 2 cm.
Quell'anno nevicò anche in Sardegna e in Puglia.
Si ebbero nevicate diffuse fino in pianura specie nel barese: caddero oltre 20cm di neve a Bari e fino a 40-50cm nell’entroterra. Alcuni valori termici registrati il 3 Gennaio: Castel del monte -1,6°, -7.0° Spinazzola -1,1°, -5,5° Castellana Grotte 0°, -6° Casamassima 0°, -5,4° Altamura 1°, -5,0° Gioia del Colle 1°, -4° Mercadante 1,5°, -6,0° Cassano Murge 1,5°, -2,6° Ruvo di Puglia 1,7°, -3,7° Turi 1,9°, -3,0° Canosa di Puglia 2,5°, -2,4° Andria 2,6°, -5,0° Bari 2,8°, -3,1° Grumo Appula 3,5°, -3,8° Barletta 3,6°, -3,2° Polignano a mare 3,7°, -2,6° Scendendo verso sud già in Valle d’Itria le temperature si mantennero più elevate e nel Salento piovve sui litorali e cadde qualche fiocco oltre i 130-170m slm.
In Nord America invece,mentre nell'inverno precedente si registrarono poche tempeste di neve,quello successivo osservò un sostanziale incremento di queste ultime.

1991
Nel 1991 ci sono state ben 3 violente eruzioni vulcaniche: Hekla,Pinatubo e Hudson.
Quella a cui i media hanno dato più importanza è stata l'eruzione del giugno del Pinatubo nella quale essa iniettò nella stratosfera un'enorme quantità di gas superiore ad ogni eruzione successiva a quella del Krakatoa del 1883.
Gli aerosol formarono uno strato oscurante di acido solforico, nei mesi successivi. La temperatura globale diminuì di mezzo grado Celsius e il buco dell'ozono crebbe sostanzialmente.
IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA

Ovviamente la sua eruzione non fu l'unica che contribuì a raffreddare il clima su scala planetaria.
Ma ad unirsi al coro ci fu anche l'eruzione del Monte Hudson nel quale dopo quella del Pinatubo si è avuta una delle più grandi eruzioni del ventesimo secolo.
L'eruzione più importante avvenuta in epoca storica ha avuto luogo tra l'agosto e l'ottobre del 1991; essa fu di tipo pliniano e mise nell'atmosfera una importante quantità di anidride solforosa. L'eruzione avvenne pochi mesi dopo quella del vulcano Pinatubo e trovò poca eco nei mezzi di comunicazione, pur essendo di dimensioni importanti, in quanto la regione dell'eruzione poco abitata non ebbe le devastanti conseguenze del vulcano filippino.
Anche in Islanda il vulcano Heckla aprì la sua "porta dell'inferno",da gennaio fino a marzo,producendo una nube di cenere durante le fasi iniziali dell'eruzione che raggiunse un'altezza di 12 km in 10 minuti e che percorse oltre 200 km a nord-nord-est verso la costa in 3 ore.
IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA

Subito dopo vi una massiccia emissione di lavica andesitica, i cui flussi coprirono una superficie di 23 km 2 a una profondità media di 6-7 m.
Inizialmente parte della fessura dell'Hekla e altre fessure secondarie eruttarono fontane di lava che raggiunsero i 300 metri di altezza.
Una cosa che accompagnò questa violenta serie di eruzioni,specie quella islandese,in quello stesso anno fu proprio El Nino e una correlazione è più che probabile probabilmente causata da un'aumento sincronizzato del vulcanismo terrestre con quello sottomarino che a sua volta sono legati dalle correnti del mantello terrestre.
L'eruzione dell'Heckla durata fino a marzo non fece tardare i suoi effetti e il pulviscolo con gli aerosol immessi nell'atmosfera nel successivo 17 aprile.
Nessuno solo 24 ore prima si sarebbe aspettato una giornata del genere.
La città aveva infatti fatto segnare valori primaverili, i parchi pubblici erano stati affollati, molti i ragazzini in pantaloncini corti.
Molti i colletti bianchi con le giacche in mano fermi a chiacchierare per la strada durante la pausa pranzo.
Gli uccellini cinguettavano felici, in macchina il sole costringeva a tenere i finestrini abbassati.
I bollettini meteo annunciavano però l'arrivo dal nord Europa di un gelido nucleo perturbato che avrebbe provocato un brusco abbassamento della temperatura riportando la neve sulle Alpi.
La mattinata del 17 cominciò come era finita la giornata del 16: un cielo azzurro, ottima visibilità e solo qualche nube all'orizzonte.
Molti quindi andarono al lavoro indossando abiti leggeri.
Alle 11 il sole fu coperto da nubi sempre più minacciose anche di tipo cumuliforme e i venti da est rinforzarono sensibilmente.
Dai 14°C gradi delle 11 si passò presto a 10°C alle 13 quando scoppiò un forte temporale accompagnato da raffiche di vento impetuose.
Nubi mammellari correvano nel cielo, chi stava ancora facendo i mercati mise al riparo le proprie mercanzie e ripiegò verso casa.
Piovve con forza e con il sostegno del vento sino alle 17.
Rinfrescava ancora: da 10°C scendemmo a 6°C alle 16 e poi a 4°C alle 17.
La gente commentava: "che freddo, che giornata, e chi se lo aspettava", ma non era ancora finita, il meglio stava per arrivare.
Alle 17.30 d'improvviso il cielo divenne d'un bianco uniforme.
Insieme alle gocce d'acqua comparvero grossi fiocchi di neve fradici.
Pochi lo notarono: allora la natura decise di fare un ulteriore sforzo.
Tutti dovevano vedere questa sorta di miracolo: ecco allora fiocchi enormi invadere i quartieri cittadini sostituendo di colpo la pioggia alle 17.45.
La temperatura piombò a + 0.
7°C e nonostante tutto fosse impregnato d'acqua, la neve attaccò.
Fu uno spettacolo con fiocchi di rara grandezza.
Grande fu la sorpresa della gente, che si stringeva tra golfini ed impermeabili cercando di rifugiarsi in qualche bar.
E continuò a nevicare sulle piante ormai fiorite, sui prati verdi, sui tavolini all'aperto allestiti dai locali per la primavera.
IL RUOLO DEL VULCANISMO NELLA STORIA

Tutta la città fu investita fino alle 20 da una nevicata abbondante, poi i fiocchi caddero ad intermittenza per tutta la notte, sino alla mattina alle 8 quando scesero gli ultimi con un grado sopra zero.
Nel pomeriggio del 18 tornò il sole ma il freddo si fece sentire per tutta la giornata.
L'inverno successivo invece si tradusse non molto freddo,al punto che la neve fu relativamente poca,ma abbastanza caldo su gran parte del Nord America, Europa e Siberia, e freddo sopra la Groenlandia e il Mediterraneo orientale.
Tuttavia ha nevicato a Gerusalemme e i coralli sul fondo del Mar Rosso sono morti a causa delle acque fredde di superficie.
Nel corso della successiva estate del 1992 le regioni continentali del Nord America e dell'Eurasia erano insolitamente fredde.
Tutti questi effetti climatici sono dovuti alla risposta degli aerosol solfati nella stratosfera dall'eruzione del Heckla,Pinatubo e Hudson.
Tutti questi effetti climatici sono dovuti alla risposta degli aerosol solfati nella stratosfera dalle eruzioni.
Entrambi gli studi osservazionali e sperimentazioni del modello di circolazione generale sostengono queste conclusioni.
Disperdendo parte della radiazione solare verso lo spazio, gli aerosol stratosferici raffreddano la superficie, ma attraverso l'assorbimento sia la radiazione solare e terrestre,lo strato di aerosol scalda la stratosfera.
Per una eruzione tropicale, questo riscaldamento è maggiore nei tropici che nelle alte latitudini, producendo un maggiore polo del gradiente di temperatura all'equatore, soprattutto in inverno.

Fonti:
http://www.meteogiornale.it/notizia/3796-1-la-piccola-era-glaciale-il-5-evento-negli-ultimi-5000-anni
http://daltonsminima.wordpress.com/2010/06/15/gli-inverni-dopo-grandi-eruzioni-vulcaniche/
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