Il sanitary show
Da Maricappi
Da sempre l’ospedale e i personaggi che vi lavorano sono oggetto di fantasie popolari. E mentre in America nasceva, seminando successi clamorosi in tutto il mondo, la serie televisiva E.R., attuale, fresca, dinamica, nel nostro paese invece si moltiplicavano soap e soappittine, telenovelas, fiction (per essere più internazionali), all’italiana.Nell’era delle veline, dei tronisti e del grande fratello, dell’isola dei famosi non famosi che però diventeranno famosi, delle facili vittorie, del gratta e vinci risolutivo con i 4000 euro al mese che metti in banca a vita, tutti belli, alti, fatalisti, poco efficienti e più deficienti, nasce una corrente televisiva del tutto contrapposta che relega gli infermieri in un ruolo arcaico-declassato intercalato in una dimensione più familiare e paesana.Ma quale ruolo fanno interpretare ai nostri infermieri-attori?
E’ bene innanzitutto evidenziare che gli infermieri maschi giocano un ruolo marginale, l’unico caso di discriminazione sessista nei loro confronti, è un ruolo scarsamente rilevante, di poco spessore, sovente interpretano la parte dei buffoni, dei coatti o degli sfigati eternamente battuti dai rivali medici che risultano essere più belli, più intelligenti, più affascinanti, più ricchi e più acchiappini di loro, insomma sono schiavi del ruolo di “cenerentolo” dove la matrigna è il primario e il principe è l’infermiera. Pensa un po’, poveri infermieri maschi! Le infermiere, anche loro, non se la passano tanto bene. Hanno si il ruolo da protagonista, ma che ruolo, quello della crocerossina anni ’40, senza nulla togliere alla crocerossina figura nobile ed altruista che presta servizio di volontariato in modo encomiabile, di fatto, nelle fiction, questo ruolo lo estendono a tutte le infermiere, fanno loro indossare gonna, grembiule, cappellino, collant e scarpette con mezzo tacco, che se lo dovessimo indossare nella nostra realtà ospedaliera il ministro Brunetta si metterebbe le mani tra i capelli per le numerose denunce di infortuni sul lavoro a causa di scivoloni e rovinose cadute, e ci fanno recitare la parte delle infermiere eternamente sofferenti a causa di un amore tormentato con un qualche medico, i pari colleghi non li prendono in considerazione perché anche l’infermiera in fondo in fondo ha un’anima da velina, mira sempre in alto, e nella loro vita hanno come massima aspirazione quello di evocare il matrimonio del secolo appunto con un bel medico, mentre i colleghi maschi soffrono in silenzio in attesa che una soap-infermiera-principessa si accorga di loro. Insomma, queste fiction di fatto non rispecchiano la realtà. Anche se, ad analizzare bene le cose, questa fotografia non è del tutto irreale. In effetti, la sanità italiana, a mio avviso, specchio della realtà sociale del paese, considera la figura infermieristica ferma al primo dopo guerra, l’unica differenza sta nella divisa, e qui una spiegazione logica c’è, con gonna, grembiule e cappellino non si possono fare i salti mortali lungo le corsie, con pantaloni, casacche e scarpe da ginnastica in un turno di lavoro si riescono a percorrere più chilometri e quindi si è molto più efficienti. In queste fiction, non dico che bisogna rappresentare la realtà dei reality, fotografia di un paese sempre più vicino al degrado culturale denso di parolone, parolacce, insulti, sputi e schiaffi in diretta ma nemmeno essere portatori di un’Italia ormai sorpassata e declassata. Per piacere, cari scrittori di fiction, fateci interpretare ruoli più dinamici, intelligenti, creativi, che rendano merito al nostro lodevole lavoro. Però, cari colleghi/ghe, senza farci sentire dagli scrittori di soap e fiction, in fondo in fondo, nel nostro intimo sentire, quell’animo da cenerentolo/la scorre ancora nelle nostre vene. Siamo propensi ed inclini a diventare all’occorrenza segretarie/ri, cameriere/ri, barman/girl, eppure basterebbe veramente poco, essere sicuri e consapevoli del nostro potenziale e soprattutto essere convinti che la nostra è una professione a pari dignità delle altre professione sanitarie. I pazienti sono gli spettatori del nostro sanitary-show e spetta a noi restituire un’immagine decorosa della professione.
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