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In un articolo precedente spiegavo come la devozione a San Michele fosse molto sviluppata nelle mie zone, con particolare riferimento all'eremo che si trova su Pizzo San Michele, il monte che sovrasta la cittadina di Calvanico, in frazione di Fisciano.Quale non è stata la mia meraviglia quando, nel giorno dedicato alla festività dell'Arcangelo, mi sono recata, come mia abitudine, presso il Santuario di San Michele di Mezzo, in località Carpineto, a circa 500 metri di altezza, per scoprirvi, ora che il luogo di culto è aperto al pubblico dopo lunghi restauri, un sito devozionale risalente all'anno Mille e, dunque, più antico ancora del primo, che risalirebbe invece al 600 e pare fosse opera dei conti di Montoro. Al tempo offriva infatti rifugio ai pellegrini che valicavano il monte percorrendo la via devozionale che lascia tracce ben visibili sull'altro versante, nella Grotta dei sette desideri e nella chiesetta micheliana presenti a Forino sul monte Faliesi (il culto più antico dell'Angelo era ospitato da sette piccole cappelle presenti nella roccia, note ancora oggi come "e sette cammarelle", le "sette camerette del diavolo".Che l'opera fosse al soldo della Signoria montorese lo attestava il sigillo impresso nell'eremo, forse non sopravvissuto ai lavori di restauro.I pellegrini stessi siglarono il luogo che fungeva da ostello con pitture rupestri piuttosto grossolane, disposte in triplice cinta ad imitazione del santuario sul Gargano, denominate "quadrilli", perchè successivamente incorniciate come piccoli quadri per mantenerne memoria e testimonianza.La grotta di San Michele tuttavia pare essere forse il più antico luogo di culto dedicato all'Arcangelo delle nostre zone: essa si compone di due cavità, di cui la prima sopraelevata rispetto alla seconda e di più recente attribuzione, mentre una bella scala tortile fa accedere al secondo sito, che ospita un' icona di Maria Odigitria, Colei che indica il cammmino, immagine di chiara origine bizantina come bizantini dovevano essere i monaci che praticarono i primi culti in questa grotta, probabilmente dopo essere sfuggiti agli Arabi che avevano invaso la Sicilia.Le due rampe di scale a sinistra e a destra dell'altare creano un disegno rotondeggiante come rotondo è il sito che ospita la figura di Maria, che indica davanti a sè un Gesù adolescente come unica via da seguire per la redenzione.Quello che si avverte visitando questi luoghi è che, mentre la prima grotta, la più superficiale, ricavata forse dallo scavo umano o almeno ampliata per il culto, si presenta come un luogo suggestivo ma non particolarmente sacro, scendendo nella seconda grotta, di sicura origine carsica, figlia reale del monte in cui risiede, la vibrazione del luogo è potente.Che in molte parti avvenga questo connubio fra Maria e l'Arcangelo e che si tratti quasi sempre di grotte dove l'acqua scava la roccia e diventa sorgente, questo è singolare.Non lontano, sulle colline di Cava de' Tirreni, ne troveremo un' altra, chiamata l'Avvocatella, anch'essa grotta sacra dedicata a Maria, dove la vibrazione della terra è segnalata dalla statuetta di Michele, che con il suo tridente non imbriglia, come alcuni credono, ma piuttosto sottolinea la linea di forza che passa in quel luogo.Anche qui un sito rupestre e più su, sull'Avvocata, nel silenzio del monte, la devozione del popolo che sale una volta all'anno in occasione della festa, piantando tende e bivaccando per almeno una notte, e suonando l'antica e tribale tammurriata denominata appunto l'Avvocata.Quante immagini si sovrappongono alla figura solare di Michele, che si contrappone all'oscurità del diavolo così come un tempo Apollo avrebbe fatto con il serpente Pitone, facendo sorgere i suoi templi lì dove in precedenza riti più antichi dedicati alla Madre Serpente erano stati celebrati.Le grotte di Michele venivano utilizzate per l'incubatio, pratica di guarigione che serviva a incanalare visioni o sogni benefici, così come un tempo era stato per Apollo, signore della guarigione, e per suo figlio Asclepio.Michele fu per i Longobardi un novello Odino, di nuovo legato alla sapienza che viene dalla veggenza e che si esprime attraverso la poesia.Ci troviamo dunque in presenza di un mitologema, un nodo archetipico dove più simboli si sovrappongono, snodo di significati che si rincorrono e rimbalzano l'uno sull'altro, richiamandosi.Se Pitone era il segno dell'antica Dea Madre, Signora dei Serpenti, secondo un antichissimo culto anatolico, e successivamente troviamo Apollo dove in precedenza era stata venerata lei, ecco che oggi incontriamo insieme Michele e Maria: troviamo precisi riferimenti nell'apocalisse di Giovanni, dove Michele combatte e sconfigge il Drago, che è nemico antico della Vergine celeste.Pare dunque che Michele, il Drago e Maria si inseguano come un tempo Apollo, Pitone e la Signora dei Serpenti.Proprietà transitive scambiano i ruoli di questi personaggi durante le loro reincarnazioni, lasciando tuttavia intatto il filo rosso che li lega.