Dov’è la luce? Abramo e Isacco stanno nell’ombra della religione arcaica costretta a uccidere la vita, rinunciando a quanto di dinamico, fiorente, esuberante propone l’esistenza. L’ombra di chi mormora: ecco, un’altra croce! anche quando le croci non erano state concepite. E’ il campione dell’uomo rassegnato, convinto che il punto sia il rifiuto dell’esserci, la teoria della sostituzione, che conduce allo stallo del fondamentalismo. Ma c’è una luce che splende sul volto dell’angelo e dell’ariete sottostante, entrambi – a modo loro – strumenti di uno sviluppo necessario, dal cupio dissolvi al carpe diem, perché ogni giorno è un dono, e l’ariete sa che non c’è offerta più grande della propria vita; non un forfait, ma un progresso, una conquista, l’espressione più alta dell’evoluzione cosmica: non sostituirsi, darsi. Il segno dell’Ariete, di colui che chiameranno Cristo.