Il commissario Ricciardi è un uomo particolare: cupo, riflessivo, solitario, serio, a volte burbero; svolge il suo mestiere non per necessità ma per senso del dovere, con passione e scrupolo, cercando di tenersi alla larga dagli altri, nella Napoli degli anni Trenta in cui gerarchi e pezzi grossi del regime mal tollerano la sua presenza. Solo il fedele brigadiere Maione ha intuito cosa si nasconda dietro i suoi enigmatici occhi verdi, tanto chiari da sembrare trasparenti: Ricciardi ha il dono, o piuttosto la condanna, di sentire le ultime parole dei morti di morte violenta, ripetute con instancabile costanza fino a che il tempo, clemente, non giunge a liberarli dalla coazione. Ricciardi percorre ogni giorno una mesta via crucis puntellata di uomini disperati e donne sconvolte, uccisi per gelosia o rivalità, per soldi o per passione, cercando di districarsi tra le loro voci per riuscire a capire quale sia, davvero, il senso di quelle ultime, disperate sillabe.
Il caso che si presenta a Ricciardi sembra astruso e delicato: il tenore Arnaldo Vezzi giace in un lago di sangue nel camerino. Mentre, sul palco del teatro San Carlo, gli attori stanno mettendo in scena Cavalleria rusticana, il cantante, orgoglio del regime, si stava truccando per interpretare il ruolo del protagonista nei Pagliacci. Non sembra chiaro cosa sia successo: qualcuno ha spinto con violenza l’uomo, facendolo rovinare contro lo specchio? O forse ha avuto un malore? E se fosse stato aggredito con un corpo contundente? Ma soprattutto, cosa significano le sue ultime parole “Io sangue voglio, all’ira m’abbandono, in odio tutto l’amor mio finì”? Il tenore stava ripassando la parte, o forse invece ce l’aveva con qualcuno?
Il senso del dolore è un giallo mesto, dolente, quasi sottotono. Maurizio De Giovanni riesce a veicolare con immediatezza la sensazione di sofferenza quasi fisica che ottunde il protagonista, rendendolo cupo e addolorato, impegnato ad ascoltare le parole dei defunti senza poter condividere la propria condanna con gli altri. La ricostruzione della Napoli dell’epoca è particolarmente interessante: il clima di sospetto per il buon lavoro altrui e di malcelata volontà di mettersi in mostra che pervade l’ambiente del commissariato, il modo di parlare, vestire, mangiare e comportarsi dell’epoca sono descritti con assoluta maestria.
Maria Di Piazza
Maurizio De Giovanni, Il senso del dolore, Einaudi Stile libero Big, 2012, pp. 216, € 12,00