Oggi, trent'anni fa, il 5 maggio 1981, moriva Bobby Sands, il militante dell'IRA che guidò la protesta contro la legge inglese che non riconosceva a lui e ai suoi compagni nordirlandesi lo status di prigionieri politici e si lasciò morire di fame in carcere. Bobby Sands è ancora oggi un martire della sua terra, un mito per qualsiasi movimento antagonista, un volto catturato in pochissime istantanee, tra qui questa, dove lo si vede sorridente e simile a un membro di una band progressive anni '70, con quegli occhi e quei capelli lunghi a esprimere la giovinezza di una generazione che ha avuto la fortuna di fare la Storia e la sfortuna di pagarlo con la vita. Tre anni fa l'artista Steve McQueen a Sands e alla sua scelta estrema, basata su una ragione morale più cattolica che militante, ha dedicato un film sconvolgente, Hunger, che in Italia nessuno si è sognato di distribuire. Prima era arrivato l'irlandese Una scelta d'amore, che raccontava lo strazio delle madri dei prigioneri dell'IRA rinchiusi con Sands e pure loro lasciati a morire di fame. La ragione per cui scrivo questo post, comunque, non è tanto ricordare o celebrare Sands - di cui consiglio il lucidissimo diario dalla prigione - ma la galleria fotografica pubbicata da Il Post e dedicata ai giorni successivi la sua morte, gli scontri a Belfast e Londonderry, gli scatti ai funerali (a colori, con Gerry Adams che porta la bara sulle spalle), le manifestazioni a New York... Istantanee di tanti anni fa che, come sempre in questi casi, grazie a una grana spessa, sbiadita, perduta, mi danno un senso di malinconia e bellezza che supera l'orrore della morte. E alla fine mi fanno pensare che il vero lascito della Storia sono proprio immagini come queste, che esprimono il sentimento del tempo come una lacerazione e con il loro potere evocativo straziante dicono più di qualsiasi parola che cerchi di esprimere cosa fossero quegli anni e chi li rendeva incandescenti.
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Oggi, trent'anni fa, il 5 maggio 1981, moriva Bobby Sands, il militante dell'IRA che guidò la protesta contro la legge inglese che non riconosceva a lui e ai suoi compagni nordirlandesi lo status di prigionieri politici e si lasciò morire di fame in carcere. Bobby Sands è ancora oggi un martire della sua terra, un mito per qualsiasi movimento antagonista, un volto catturato in pochissime istantanee, tra qui questa, dove lo si vede sorridente e simile a un membro di una band progressive anni '70, con quegli occhi e quei capelli lunghi a esprimere la giovinezza di una generazione che ha avuto la fortuna di fare la Storia e la sfortuna di pagarlo con la vita. Tre anni fa l'artista Steve McQueen a Sands e alla sua scelta estrema, basata su una ragione morale più cattolica che militante, ha dedicato un film sconvolgente, Hunger, che in Italia nessuno si è sognato di distribuire. Prima era arrivato l'irlandese Una scelta d'amore, che raccontava lo strazio delle madri dei prigioneri dell'IRA rinchiusi con Sands e pure loro lasciati a morire di fame. La ragione per cui scrivo questo post, comunque, non è tanto ricordare o celebrare Sands - di cui consiglio il lucidissimo diario dalla prigione - ma la galleria fotografica pubbicata da Il Post e dedicata ai giorni successivi la sua morte, gli scontri a Belfast e Londonderry, gli scatti ai funerali (a colori, con Gerry Adams che porta la bara sulle spalle), le manifestazioni a New York... Istantanee di tanti anni fa che, come sempre in questi casi, grazie a una grana spessa, sbiadita, perduta, mi danno un senso di malinconia e bellezza che supera l'orrore della morte. E alla fine mi fanno pensare che il vero lascito della Storia sono proprio immagini come queste, che esprimono il sentimento del tempo come una lacerazione e con il loro potere evocativo straziante dicono più di qualsiasi parola che cerchi di esprimere cosa fossero quegli anni e chi li rendeva incandescenti.
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