Punto di vista ortodosso sullo “scisma”
Roma era la capitale dell’Impero, ma anche l’unica sede apostolica in Occidente; in questo modo, i Papi di Roma erano i patriarchi dell’Occidente. Il battesimo di San Costantino il Grande e il trasferimento della capitale ad Oriente, a Costantinopoli, coincide con l’istituzione del Patriarcato di Costantinopoli, che divenne il secondo per importanza dopo quello romano: “Che sia elevato l’episcopato di Costantinopoli pari a quello di Roma, in quanto questa città è una nuova Roma” (Terza regola del Secondo Concilio Universale).
L’Oriente e l’Occidente erano uniti da mille anni; il 1054 è la datazione ufficiale per lo “scisma” tra le due chiese: il legato papale, il Cardinale Umberto, recapitò sull’altare di Santa Sofia l’atto di anatema nei confronti del Patriarca di Costantinopoli Michele Cerulario. Senza considerare il contesto storico del periodo, secondo le regole apostoliche l’Episcopo di Roma, non poteva condannare il Patriarca di Costantinopoli senza la convocazione del Concilio. La legge canonica della Chiesa, infatti, non concede ad un vescovo il permesso di intervenire negli affari locali di un’altra sede episcopale, ma lascia questo diritto soltanto al Concilio: “Per l’osservanza della regola precedente, riguardo alle aree di amministrazione, il funzionamento di ogni area sarà affidato alla chiesa che controlla la suddetta area, così come stabilito a Nicea” (Seconda regola del Secondo Concilio Universale).
Scomunicando solo il Patriarca di Costantinopoli, il Papa di Roma doveva mantenere rapporti con gli altri Patriarchi d’Oriente. Di fatto si creò una totale rottura nelle relazioni tra Roma e l’Oriente ortodosso. Gli altri Patriarchi d’Oriente non riconobbero la scomunica del Patriarca di Costantinopoli, mantenendo le loro relazioni con lui. In questo modo la Chiesa Universale, rappresentata dai Patriarchi d’Oriente, non accettò la scomunica del Patriarca di Costantinopoli. Un’unica Chiesa sacra ed apostolica si definisce anche comunitaria, in quanto il potere dell’attività religiosa (ed anche il potere decisionale) è trasmesso direttamente da Gesù Cristo attraverso lo Spirito Santo a tutto l’apostolato; di conseguenza, attraverso gli Apostoli, a tutto l’episcopato della Chiesa Universale. Né le Sacre Scritture, né il Sacro Testamento danno una qualche motivazione per privilegiare un qualsiasi rappresentante di una qualsiasi chiesa a danno delle altre chiese, in quanto una sola parte non può mai essere superiore all’insieme, anche se si tratta di una parte molto grande.
Storia dell’Unione di Brest
Nella seconda metà del IX secolo, i santi fratelli di Salonicco, gl’Isapostoli Cirillo-Costantino e Metodio, allievi del Santo Patriarca di Costantinopoli Fozio, diedero inizio alla diffusione del verbo divino tra gli Slavi. I primi furono quelli occidentali (Principato di Moravia) e meridionali (Bulgaria e Macedonia), poi quelli occidentali, nel Principato di Kiev. Questo atto di diffusione portò i suoi frutti: per atto del Patriarca di Costantinopoli, nel 955 a Bisanzio, ricevette il sacro battesimo la Santa Principessa Olga, e nel 988, a Chersoneso, sempre dall’Episcopo greco, ricevette il battesimo il nipote di Olga, il santo Isapostolo Gran Principe Vladimir. Anche se lo Stato kieviano era politicamente indipendente da Costantinopoli, la nuova metropolia kieviana era direttamente soggetta al Patriarca Universale. La prova più clamorosa del fatto che Kiev ricevette l’Ortodossia dall’Oriente (e non il cattolicesimo da Roma) è Santa Sofia di Kiev, che fu costruita sul modello della Chiesa della Divina Sapienza di Costantinopoli.
In conseguenza dell’invasione mongola e della disgregazione dello stato kieviano, nella seconda metà del secolo XV ebbe luogo la divisione della metropolia di Kiev in due parti: quella sud-occidentale e quella nord-orientale. Quella nord-orientale ottenne di fatto l’autocefalia, dopo il riconoscimento canonico di Costantinopoli.
Quella sud-occidentale (di fatto Kiev) conservò la propria dipendenza canonica dal Patriarca Universale. A quei tempi l’Ucraina entrò sotto il controllo di un Stato cattolico polacco-lituano (in seguito Regno di Polonia). Nonostante la dichiara “libertà di confessione”, il popolo ortodosso subì le repressioni dei delegati reali. In questo contesto storico, alla fine del XVI secolo, la Chiesa Cattolica indusse parte dell’episcopato ortodosso a passare sotto il controllo del Papa di Roma, promettendo beni e privilegi.
Il 23 dicembre 1595 a Roma venne firmata la “Unija”, per effetto della quale sei episcopi ortodossi passarono volontariamente sotto l’autorità del Papa, accettando anche tutti i fraintendimenti del cattolicesimo di Roma: riguardo al Filioque, al primato papale, al purgatorio, all’impossibilità di cessazione del matrimonio consacrato nella Chiesa, alle indulgenze (remissione dei peccati in cambio di offerte in denaro) ecc. Alla fine gli episcopi traditori consegnarono l’anatema alla Chiesa Ortodossa, rinnegando la loro amorevole madre. Il risultato fu che di ortodosso nella “Unija” rimase solo il “rituale greco”, per cui gli uniati vengono anche chiamati greco-cattolici.
Nell’ottobre del 1596 gli episcopi ortodossi rimasti si riunirono nel Concilio di Brest sotto la presidenza dell’Esarca Patriarca Universale Niceforo e con i deputati scelti dal popolo ortodosso. “La cerchia spirituale sotto la presidenza dell’Esarca Niceforo avviò il processo contro gli episcopi traditori. 1. Avevano violato il giuramento di fedeltà verso il Patriarca e la fede ortodossa; 2. Avevano violato le leggi del Patriarca di Costantinopoli all’interno dei suoi confini attestati dagli antichi Concili; 3. Autonomamente, senza la partecipazione né del Patriarca né del Concilio Universale, avevano osato attuare l’unione di due chiese; 4. Infine avevano ignorato il triplice richiamo degli Esarchi patriarcali e del Concilio. Dopo avere elencato queste colpe, l’Esarca Niceforo si levò in piedi e, tenendo nelle mani la Croce e il Vangelo, dichiarò a nome di tutto il Concilio che gli episcopi colpevoli venivano privati del diritto all’attività episcopale” (I fatti del Concilio di Brest, 1596). In seguito il governo polacco imprigionò l’Esarca Niceforo come “spia turca”; quando Niceforo trovò la morte nel carcere, era in odore di santità.
Se qualcuno dei fratelli maledicesse sua madre, vorrebbero gli altri fratelli mantenere il legame con lui?! I falsi episcopi uniati per ben due volte (Brest, Roma) hanno inviato l’anatema contro la loro madre spirituale, la Santa Chiesa Ortodossa, ed hanno rotto i legami con essa secondo la loro volontà: ”Sono usciti di fra noi, ma non erano de’ nostri; perché, se fossero stati de’ nostri, sarebbero rimasti con noi; ma sono usciti affinché fossero manifestati e si vedesse che non tutti sono dei nostri”. (I Giovanni, 2, 18-19)
Dopo l’unione della Piccola Russia con la Grande Russia, la chiesa uniate, perdendo il sostegno della Polonia cattolica, continuò ad esistere di fatto solo in Galizia. Persino nella Bielorussia occidentale si conservarono o comunità romano-cattoliche appartenenti alla minoranza polacca, o parrocchie e diocesi ortodosse russe.
Panorama storico della chiesa uniate nel secolo XX
È risaputo che la fine degli anni Trenta del XX secolo, periodo precedente la riunione dei territori ucraini occidentali con gli altri territori dell’Ucraina sovietica, fu il periodo delle più forti repressioni anticristiane nell’impero staliniano. Ma, paradossalmente, le repressioni si attenuarono nell’esatto momento del ricongiungimento dei territori russi mancanti; a parte questo, Stalin non voleva irritare le popolazioni dei territori ai confini distruggendo o chiudendo i loro templi.
Ciò permise non solo la salvezza delle chiese ortodosse in Bielorussia e in Bessarabia, ma anche delle chiese uniati della Galizia. Durante la Grande Guerra Patriottica, i chierici uniati, così come gli Ustascia latini croati, si distinsero per la loro stretta collaborazione con gli occupanti hitleriani. In particolare, con loro venne formata la divisione SS “Galičina”. Sono note le pulizie etniche effettuate da questi collaborazionisti nei confronti di Russi etnici, Ucraini ed ebrei presenti sul territorio dell’Ucraina sovietica.
Era un uniate anche il nazionalista ucraino Stepan Bandera, icona di culto sul Majdan di Kiev. Nella serie degli orribili crimini perpetuati dagli uniati rientra l’incendio del villaggio di Hatin’, abitanti compresi; pulizie etniche di questo genere possono essere paragonate, in qualche modo e in diversa misura, all’incendio appiccato dai moderni nazionalisti ucraini del “Pravij Sektor” alla casa dei sindacati di Odessa, dove si trovavano gli attivisti filorussi.
Dopo la Grande Guerra Patriottica, i banderovci non hanno deposto le armi, ma hanno continuato la lotta terroristica armata contro “l’occupazione sovietica”. I collaborazionisti di Galizia, tra i quali alcuni chierici della chiesa uniate, furono giudicati secondo le leggi sovietiche per i loro crimini, commessi sul territorio dell’Ucraina sovietica. La Chiesa uniate, con la benedizione del Vaticano, ha canonizzato costoro in qualità di “martiri” e “confessori”. Ciò ovviamente non è accettabile secondo i canoni e contraddice i precetti della Chiesa Ortodossa.
L’aperta ostilità della Chiesa cattolica, apertamente schierata dalla parte dell’Alleanza Atlantica occidentale dopo il discorso di Churchill che a Fulton inaugurò la Guerra Fredda, provocò una violenta reazione contro il Vaticano da parte della Conferenza di Mosca del 1948, la quale non era destinata a diventare un concilio universale… Nel 1946 ci fu il concilio di Leopoli, nel quale l’unione di Brest fu sciolta, per cui migliaia di parroci uniati con il loro seguito tornarono all’Ortodossia. Il diritto storico fu ripristinato.
Nel 1984, durante l’incontro a Malta fra il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e Papa Giovanni Paolo II, fu stipulato un patto che poneva termine alla persecuzione dei latini negli Stati Uniti e ciò in cambio dell’utilizzo, da parte della CIA, di loro e dei chierici uniati residenti in Galizia e Polonia. Questo piano fu perfettamente realizzato nell’Ucraina occidentale durante la Perestrojka: alla fine degli anni Ottanta e all’inizio dei Novanta non solo venne “restaurata” la Chiesa Uniate, che assorbì i luoghi di culto della Chiesa Ortodossa Ucraina del Patriarcato di Mosca, ma fu anche creata l’organizzazione scismatica del cosiddetto “Patriarcato di Kiev”, una struttura filouniate manovrata dai nazionalisti ucraini, russofobi della stessa base materiale. Di fatto, tre aree dell’ex Ucraina sovietica furono precluse alla Chiesa Ortodossa; una parte dei chierici e dei fedeli si scisse, mentre l’altra fu costretta ad abbandonare queste aree, dove fu instaurato uno speciale regime pseudoclericale sotto protettorato occidentale.
La cacciata dei fedeli dalle chiese fu anche accompagnata da eccessi (uccisione di parroci e di fedeli, violenze sugli episcopi), che il governo tentava di oscurare per non creare conflitti interreligiosi. Una parte dell’episcopato ortodosso passò alla “Unija” oppure si scisse…
Il Majdan e le minoranze etnico-religiose dell’ex URSS
Nell’Impero Russo l’etnonimo “ucraino” significava “uniate”. La Chiesa Uniate diventò un “punto di aggregazione” di quella forma chimerica ed etnica che va sotto il nome di “Ucraina”; l’identità galiziana uniate cominciò ad assimilarsi a tutti i popoli viventi sul territorio dell’ex URSS, in primo luogo gli abitanti della Piccola Russia, le regioni occidentali confinanti con la Galizia, la lingua parlata dei quali era il dialetto piccolo russo della lingua russa.
Bisogna notare che il territorio dell’ex URSS fu formato dal governo sovietico, il quale si basò sulle necessità militari e amministrative di un impero i cui diversi territori non erano mai appartenuti ad una specifica formazione statale e non avevano mai avuto un loro governo. “Il diritto all’autodeterminazione dei popoli, anche con l’uscita dall’URSS” veniva presentato dal governo sovietico e dalla società come una vuota formalità costituzionale.
Al momento del crollo (di fatto la demolizione) dell’impero sovietico, solo tre regioni dell’ex URSS erano abitate da ex uniati: quella di Leopoli, di Ivano-Frankovsk e Ternopil’. Le regioni adiacenti erano abitate da Piccoli Russi di fede ortodossa, mentre il sud-est era in maggioranza russo, ma abitato da varie altre etnie, per esempio i Greci del Ponto in Crimea e a Mariuopol’. Nel sud-ovest, a Vinnica, a Odessa e a Dnepropetrovsk c’era sia la presenza russa sia quella piccolo-russa a maggioranza ortodossa, nonché la minoranza ebraica: in queste terre nacque il movimento fanatico dei Hassidim.
Kiev come capitale dell’Ucraina sovietica è sempre stata un centro multinazionale, cosmopolita, culturale e spirituale. Molti attivisti della cultura russa ed ebraica vivevano a Kiev. I separatisti galiziani, che crearono la chimerica formazione pseudostatale “Ucraina”, impostarono come loro obiettivo primario la conquista della capitale. A tale scopo, come paradigma etnoculturale vennero presi l’aspetto e la lingua di un separatista uniate galiziano, che si dichiarava “ucraino consapevole”.
Questo paradigma etnoculturale si diffuse prepotentemente su tutto il territorio dell’ex Ucraina sovietica, ma in primo luogo a Kiev. Proprio per questo scopo è servita la creazione, all’inizio degli anni ’90 del secolo XX, della pseudochiesa scismatica del “Patriarcato di Kiev”, in modo da somministrare alla maggioranza ortodossa la stessa già ben costruita ideologia, ma questa volta in un involucro “ortodosso”. Storicamente tra i patriarcati ortodossi non è mai esistito il “Patriarcato di Kiev”, così come non è esistita “l’Ucraina”; nessuna delle chiese locali canoniche riconosce questa struttura scismatica né mantiene rapporti liturgici con essa.
Chi capeggia questa struttura è il violatore dei voti monastici ed un ex agente del KGB Michail Denisenko, ex metropolita della Chiesa ortodossa ucraina (Patriarcato di Mosca). L’ideologia principale dei “consapevoli” diventò l’odio indiscriminato verso l’epoca sovietica e la Grande Guerra Patriottica, la glorificazione dei collaborazionisti hitleriani e dei boia dei popoli dell’Ucraina sovietica: furono ricostituite le squadre militanti nazionaliste dell’Assemblea Nazionale Ucraina e dell’Organizzazione Nazionale Ucraina di Solidarietà, il tutto con “la grazia” di Michail Denisenko, il falso patriarca di “Kiev e tutta la Rus’”. Costoro avevano partecipato alle guerre cecene schierati contro i Russi, alla metà degli anni Novanta del XX secolo. Queste formazioni criminali formeranno la base dell’organizzazione armata del “Pravij Sektor”. Michail Denisenko, insieme coi suoi “chierici”, ha preso parte attiva al Majdan e al rovesciamento dell’ultimo presidente legittimo, Viktor Janukovič.
Tutti i movimenti nazionalisti degli anni Novanta del XX secolo e degli anni Dieci di questo secolo erano orientati a far salire al potere a Kiev i “consapevoli”, con ogni mezzo legale e illegale, con la corruzione e ricattando deputati, funzionari ed episcopi, con il Majdan e con le rivoluzioni arancioni, con l’attivo sostegno economico e politico dell’Occidente e del Vaticano. Agli uniati galiziani appartiene il ruolo principale: è un’uniate e agente della CIA Ekaterina, la moglie dell’ex presidente Viktor Juščenko. Anna German, una delle collaboratrici più strette del presidente Viktor Janukovič, apparteneva alla chiesa uniate e si è schierata con il Majdan. Le squadre del “Pravij Sektor” per molti anni si sono addestrate in un campo localizzato in un monastero uniate nella provincia di Kiev. Il centro uniate fu spostato dalla Galizia a Kiev col sostegno del Vaticano, nonostante le proteste della Chiesa Ortodossa…
Il disordine sul territorio dell’ex Ucraina sovietica, dilaniata dalla corruzione dopo la dichiarazione di “indipendenza”, creò un terreno fertile per l’azione impunita dei servizi di spionaggio occidentali e israeliani, che agirono sotto la copertura di “organizzazioni no profit”, logge massoniche e altre strutture mondialiste appartenenti alla grande rete delle società segrete. Secondo le informazioni del presidente della fazione socialista, Piotr Simonenko, alla metà degli anni Dieci più di trecento alti funzionari “ucraini” erano membri di parecchie logge massoniche; è improbabile che il numero sia diminuito negli anni del Majdan e delle “rivoluzioni arancioni”. E come si sarebbe potuto pensare di contrastare questo fenomeno, se il capo del SBU (Servizio di Sicurezza Nazionale), Valentin Nalivajčenko, ingaggiato dalla CIA da parecchi anni, offrì a queste dubbie organizzazioni un intero piano nella sede del suo dipartimento?
Il principio occidentale della “tolleranza confessionale”, orientata alla disgregazione della maggioranza ortodossa attraverso l’uguaglianza “davanti alle leggi” tra Ortodossi ed eterodossi, con “denominazione” canonica e non, portò altrettanto frutti marci. Di qui trae origine la nascita di parecchie sette carismatiche e di quelle sataniste di estrazione americana, del genere di Scientology, alla quale appartiene il primo ministro Jacen’juk, a sua volta appartenente all’etnia ebraica. La “benedizione” che il Papa gli ha impartita nel corso di un’udienza in Vaticano è considerata dagli Ortodossi un atto sacrilego. A questa setta carismatica appartenne anche l’ex sindaco di Kiev, Černovickij. Di origine ebraica sono molti attivisti del Majdan: Tjagnibok, Kličko, persino l’attuale “presidente del Ucraina” Piotr Porošenko (Valtsman), anche se formalmente è un fedele ortodosso. Gran parte degli oligarchi ucraini sono ebrei. Il centro medievale del Chassidismo, un tempo, fu Uman’, una città nella regione di Vinnica; l’attuale centro è Dnepropetrovsk, dove il chassida, oligarca e dirigente regionale Benja Kolomskoj ha costruito il più grande centro religioso e culturale ebraico d’Europa. Il chassida Benja Kolomskoj, presidente del congresso ebraico, è il principale patrono finanziario della cosiddetta “operazione antiterroristica” della giunta di Kiev, del genocidio dei Russi nei territori orientali e dell’organizzazione militante del “Pravij Sektor”. Benja Kolomskoj ha rinverdito i fasti del Kaganato khazaro e del loro condottiero Pesan’ja.
Questo è il risultato complessivo del lavoro svolto per allontanare i popoli dell’ex Ucraina sovietica dalla Russia e dall’Ortodossia, lavoro svolto dall’Occidente, dal Vaticano con l’aiuto attivo di Israele, mediante lo sfruttamento delle minoranze etniche e religiose e delle loro organizzazioni.
Il governo della Federazione Russa, ipnotizzato dagli oligarchi ebrei e dalla “quinta colonna”, si appoggiava esclusivamente su un popolo unito dalla stretta collaborazione economica e sui legami religiosi e culturali sostenuti dalla Chiesa Ortodossa Russa, della quale fa parte tuttora la Chiesa Ortodossa Ucraina (Patriarcato di Mosca), nonostante la sua ampia autonomia. Ma la rivolta anticostituzionale e il governo sanguinario della giunta di Kiev e la realtà del genocidio hanno trovato impreparato il governo russo.
Da un certo punto di vista, parte della Chiesa Ortodossa Ucraina (Patriarcato di Mosca), quella corrotta o quella “consapevole”, ha favorito la rivolta anticostituzionale e la successiva attività della giunta di Kiev. Questo contesto ha costretto una parte della popolazione del Donbass e di Lugansk a ricorrere ad estremi rimedi per difendere la propria terra, la propria casa e la propria identità etno-religiosa. L’unica cosa che possiamo augurarle è: “Che Dio vi aiuti!”
*Dmitrij Nazarov è un chierico del Patriarcato di Gerusalemme, ordinato sacerdote nel 1998 dal Metropolita di Nazaret, Kipriak. Inviato in missione in Italia, ha istituito una parrocchia a Reggio Emilia.
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