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Il sergente Studer, di Friedrich Glauser

Creato il 12 agosto 2014 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

Autore: Friedrich GlauserIL sergente Studer - Copertina
Titolo: Il sergente Studer
Anno di pubblicazione: 1986
Pagine: 224
Editore: Sellerio
Genere: Giallo
Formato: cartaceo/ebook

Trama:
Un omicidio che sembra un suicidio in un paesotto svizzero affondato negli anni Trenta, grottescamente pieno di insegne e botteghe risuonanti di musichette allegre: «una situazione spettrale». Studer deve penetrare un microcosmo chiuso nei suoi odi e nei suoi misteri, dietro un assassino che in fondo desidera essere smascherato e anela di espiare il suo rimorso.

Giudizio:
Il sergente Studer, investigatore della Polizia Cantonale di Berna, è un tipo anzianotto, anonimo, che veste in modo dimesso. Al giudice istruttore che lo vede per la prima volta non fa una grande impressione:

“un uomo piuttosto anziano che non aveva nulla d’appariscente: camicia con colletto floscio, abito grigio un po’ sformato perché il corpo che vestiva era grasso. Quell’uomo aveva un volto pallido, magro, i baffi coprivano la bocca, sicché non si capiva bene se sorridesse o fosse serio. Questo investigatore dunque se ne stava seduto sulla sedia con le cosce divaricate, le braccia sulle cosce e le mani giunte…”

Fuma sigari austro-ungarici prodotti in Svizzera (i Brissago), ma non ha altri vizi, anche se gradisce la birra. Studer, come Maigret, ha una moglie “importante”: lo aspetta a Berna, e lui pensa spesso a quanto gli sarebbe utile qui, con la sua capacità di far parlare le persone.
I suoi punti di forza sono la logica e la paziente rielaborazione dei fatti, ed in questo somiglia molto a Maigret. Così come non molto diversa dalla provincia francese sembra essere la provincia svizzera.
E il caso porta Studer a Gerzenstein, il paese delle botteghe e delle radio.

Studer “pensò che quel Gerzenstein era un paese strano, e che i suoi abitanti erano ancora più strani”, ma soprattutto a quel che gli diceva il commissario Madelin della Polizia francese:

«Studer, credimi: meglio dieci casi di omicidio in città che uno in campagna. In campagna, in un paese, le persone sono attaccate fra loro come sanguisughe, ognuno ha qualcosa da nascondere… Non vieni a sapere nulla, proprio nulla. Mentre in città… Mio Dio, sì, è più pericoloso, ma i soggetti li riconosci subito, chiacchierano, si lasciano scappare i segreti… Ma in campagna!… Dio ci scampi dai casi di omicidio in campagna…».

E allora ci vorranno, per Studer, molta pazienza, birre, giocate a carte nel bar del paese, chiacchiere e qualche azzardo, per giungere alla verità in un caso che troppi vorrebbero chiudere alla svelta.
Piacevole e necessariamente “agée”, ci riporta ai tempi in cui la polizia indagava senza usare Google o ritrovava la gente da arrestare a casa della madre o dell’amante, non potendo contare sul segnale inviato dai cellulari.
Il ritmo è pacato, ma la storia è avvincente e molto attenta agli aspetti umani e psicologici dei numerosi protagonisti: dall’intera famiglia della vittima ai personaggi importanti del paese (il sindaco e l’imprenditore che assume solo ex-carcerati…)
Scrittura fluida e piacevole: bello!

Sull’autore:
Friedrich Glauser (1896-1938) visse avventurosamente e dolorosamente tra continui vagabondaggi, riformatori e collegi, soggiorni in ospedali e manicomi, la Legione straniera: spesso le sue esperienze ricorrono, trasfigurate o reali, nei libri. Oltre ai polizieschi del sergente Studer e del Tè delle tre vecchie signore ha scritto Gourrama (1990), Dada, Ascona e altri ricordi (1991), Oltre il muro (1993), Morfina (1995) e La negromante di Endor (1999). Le sue opere sono tutte pubblicate da Sellerio.glauser01

Da una lettera a un amico:
«Nato nel 1896 a Vienna da madre austriaca e padre svizzero. Nonno paterno cercatore d’oro in California (scherzi a parte), nonno materno consigliere di corte (bel miscuglio, no?). Scuola elementare, tre classi del ginnasio a Vienna. Poi tre anni di riformatorio a Glarisegg. Poi tre anni al College de Genève. Sbattuto fuori poco prima della maturità, perché avevo scritto un articolo letterario su un volume di poesie di un insegnante. Maturità a Zurigo. Un semestre di chimica. Poi il Dadaismo. Mio padre mi voleva far internare e pormi sotto tutela. Fuga a Ginevra. Il resto lo potete leggere in Morfina. Internato per un anno a Mùnsingen (1919). Fuga. Un anno ad Ascona. Arrestato per la morfina. Rispedito indietro. Tre mesi a Burghölzli (controperizia, perché a Ginevra avevano detto che ero schizofrenico). Dal 1921 al 1923 Legione Straniera. Poi Parigi, lavapiatti. Belgio, minatore. Più tardi assistente ospedaliero a Charleroi. Morfina di nuovo. Imprigionato in Belgio. Estradato in Svizzera. Spedito per un anno a Witzwil. Dopo, un anno operaio in un vivaio. Analisi (un anno). A Basilea come giardiniere, poi Winterthur. Durante questo periodo (1928-1929) ho scritto il mio romanzo sulla Legione Straniera, ’30-’31. Un anno di corso presso il vivaio Oeschberg. 31 luglio proseguimento di analisi. Dal gennaio ’32 al luglio ’32, a Parigi come scrittore ‘freelance’ (come si usa dire). Sono andato a trovare mio padre a Mannheim. Ivi arrestato per false prescrizioni mediche. Estradato in Svizzera. Imprigionato luglio ’32 – maggio ’36. Ecco tutto. Non è molto bello…»

Marco Zanette



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