Interrompo il mio lungo silenzio (dovuto al cambio di residenza, ma non solo) per dire la mia sui sorprendenti risultati elettorali di ieri.
Iniziamo col dire che non sono un Travaglio e che quindi, pur affermandole con convinzione, quelle che seguono sono solo opinioni personali (quindi, per natura, fallaci), per cui chi legge è invitato a dimostrare il suo dissenso e far nascere una discussione costruttiva.
Cosa nasconde il risultato di ieri, che nemmeno il più roseo sostenitore del PD (e il più pessimista sostenitore del Movimento 5 Stelle) osava immaginare?
Innanzitutto, per la prima volta il PD ha vinto un’elezione senza se e senza ma, che per un partito storicamente perdente è un evento storico. Ma cosa l’ha fatto vincere, cambiandone l’ingloriosa tradizione?
Renzi, il democristiano paraculo, per gli amici “il bomba”. Colui che è diventato capopopolo di un partito storicamente con troppi galli nel pollaio, nessuno dei quali in grado di capire una cosa: agli italiani devi raccontare favolette rassicuranti, perchè l’elettore medio è come un bambino di 8 anni, nemmeno troppo intelligente (la lezione dello zio Silvio, zio suo ovviamente, ha funzionato). Colui che ha portato la rivoluzione nel PD: invece di molti che parlano di nulla, uno solo che dice “ghe pensi mi”, dicendo un sacco di cavolate imbonitrici (tipo le sue scadenze sugli impegni di governo, tradite quasi tutte).
Ma ha vinto pure una strisciante paura dell’Europa, incarnata dalla mefistofelica Merkel, pronta a far pagare con lacrime e sangue l’antieuropeismo italiano.
Poi ha perso Grillo ed i suoi più feroci sostenitori, quelli del “vaffanculo, sempre e comunque”: il voto di protesta va bene in una tornata elettorale, per sparigliare le carte, ma poi ci vuole una certa “istituzionalizzazione”, altrimenti la gente inizia a perdere fiducia e pensare che siano ragazzi allo sbaraglio.
Io non sono grillino, ma credo che nel M5S ci siano delle componenti positive, che inizino a diventare propositive e scendano a compromessi (che la politica è questa, il duro e puro fa rumore e poi sparisce, come la sinistra radicale italiana) e che si sleghino dal comico sfanculeggiante e dal burattinaio ricciuto, altrimenti saranno presto spazzati via e dimenticati irrimediabilmente. Nel Movimento è ora che si apra una pagina di riflessione, in cui ognuno decida di valere uno; è una questione di vita o di morte, il proprietario del logo cadrà comunque in piedi.
Poi ci sono i piccoli successi, come quello della Lega, che ha trovato in Salvini il becero esponente pronto a catalizzare certo becerume (non solo del nord, pare).
E poi c’è Tsipras, l’unico che non mette “centro” davanti alla parola “sinistra”, che in Italia festeggia l’aver raggiunto il minimo sindacale, perchè agli italiani non piace riflettere (se è giusto o sbagliato l’atteggiamento del greco), piace credere nell’uomo della provvidenza.
Ma c’è un vincitore assoluto in queste elezioni, qualcuno che non è celebrato dalla stampa, che non stappa bottiglie per festeggiare e che non ha nessun motivo per farlo: l’elettore astenuto, colui che si è stancato di promesse, che vede tutto andare sempre peggio e che non è più disposto a credere.
Il vero sconfitto di ieri, a mio avviso, è la politica stessa, che è capace di generare tifoserie ma non è più capace di generare passione. Questo è il vero dato preoccupante, su cui bisognerebbe riflettere.
Ma temo che non accadrà.
Andrea Uccello
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