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Il silenzio del clown

Da Villa Telesio
Il silenzio del clown

Léon Spilliaert (1881-1946), "Les Dressés"

Il conducente dell’autobus parlava con voce elegante, lievemente meridionale: “Sa, nel 1827 fu inventato in Inghilterra l’autobus a vapore. Il primo traffico di linea a trazione a combustibile fu inaugurato il 18 marzo 1895 tra Siegen e Netphen e veniva gestito dalla Netphener Omnibusgesellschaft. Per l’esercizio della linea venne impiegato un veicolo dal nome Landauer, che effettivamente aveva più somiglianze con la carrozza omonima che con un autobus moderno. Ciò non vuol dire che…”. Il clown si girò e corse verso il fondo del mezzo, con fare da donnola, sinuosamente. Si sedette ingombrante di sonagli accanto a una signora puzzolente, con un sacco pieno di arance. Nella mano destra il pagliaccio stringeva un piccolo scettro di cartapesta, sognato la scorsa notte e trovato sotto il letto la mattina. Non era la prima volta che trovava dei sogni sotto il letto, ma non si era mai chiesto il perchè. La signora iniziò a parlare svogliatamente: “Sa che l’arancio è un albero da frutto appartenente al genere Citrus, il cui frutto è l’arancia, talora chiamata anche arancia dolce per distinguerla dall’arancia amara? È un antico ibrido, probabilmente fra il pomelo ed il mandarino, ma da secoli cresce come specie autonoma e si propaga per innesto e talea. Sa, io ho trovato questo sacchetto…”. La porta del mezzo si aprì, il clown ne venne fuori lievemente disgustato. Guardò in alto, cercando qualcosa nella tasca sinistra dei suoi abbondanti calzoni. Si accese una sigaretta tenendola tra le labbra sudate: “Fa caldissimo”, pensò.

Bevve la sua seconda birra pensoso. Accanto a lui, un giovane guardava accanito la tv sopra il bancone: proiettavano un film in bianco e nero. “Eh, grandioso Jean Vigo, grandioso – disse il giovane che sembrava uno studente, un informatico con occhi folli, caldi – sa che i suoi film negli anni trenta vennero giudicati antipatriottici e vennero censurati dalle autorità governative francesi? Successivamente sono entrate fra le opere che hanno influenzato maggiormente i successivi sviluppi della cinematografia francese e mondiale. Io però amo di più le opere di….”. Il clown strinse così forte il boccale che aveva tra le mani che gli uscì una lacrima, impastricciando tutto il trucco. Si diresse verso il bagno, si sentiva debole, comico: “Oh proprio lei aspettavo – gli disse un vecchio vestito come un dandy, con una gamba di legno, appoggiato alla porta del cesso – ma lei lo sa che il pene è una struttura cilindrica totalmente avvolta da cute costituita da una radice, che si trova compresa nel perineo, e di un corpo, che sporge pendulo all’esterno anteriore alla sinfisi pubica e allo scroto. La cute del pene è sottile e pigmentata, tanto da essere leggermente più scura del resto della cute del corpo, essa lo avvolge e lo ricopre formando a livello della corona del glande il prepuzio. Questo non vuol dire che il pene….”. Il pagliaccio si pisciò addosso, terrorizzato. Corse fuori, corse a più non posso.

Il venditore di libri usati sembrava un brigatista. Il clown prese il primo volume che gli capitò tra le mani, “Le porte della percezione” di Aldous Huxley: “Ah, ottima scelta pagliaccio! Lo sai che Huxley era un umanista e pacifista, ma è stato anche interessato a temi spirituali come la parapsicologia e il misticismo filosofico. Era noto anche per sostenere e prendere allucinogeni ed è considerato da molti come il padre spirituale del movimento hippie. A partire dalla fine della sua vita Huxley è stato considerato, in alcuni circoli accademici, un leader del pensiero moderno e un intellettuale del più alto rango. Tu hai mai…”. Per poco il clown non svenne. Sussurrò qualcosa, del tipo “Io non la conosco, perchè mi dà del tu?”, ma non ce la fece e dovette cercare il sostegno dello stesso libraio. Respinse con forza il desiderio di crollare, abbandonarsi al nemico, ma resistette.

E ricominciò a correre, verso la periferia, a perdifiato. Cartelloni giganti annunciavano al mondo che era in vendita, e il mondo sorrideva allegro, parlando, parlando a ogni angolo di strada, in ogni autobus, in tutte le piazze, nelle case. Persino i pazzi parlavano, urlavano, gli alcolizzati molestavano, alcune suore danzavano al suono di un tram in arrivo, piccoli cinesi schiacciavano formiche, un pizzaiolo vide il pagliaccio e rise, altri gli gridarono di fermarsi, dove andava? Briciole di crostata facevano da cena a famiglie di piccioni, gabbiani si facevano macellare alla luce della luna, amanti dormivano sussurandosi amore e certuni addirittura avevano il coraggio di dirsi stanchi, stanchi loro, nella loro vitale frenesia. Tutte le conoscenze del clown si riducevano agli oggetti che trovava sotto il letto: e allora? Cosa volevano? Chi erano? Il trucco era svanito quasi del tutto e alla luce della luna il volto del clown sembrava d’argento. Cadde su qualcosa, un masso, una borsa abbandonata, non lo sapeva, non lo voleva sapere. Il suo respiro sapeva di tabacco, birra, puzzava di piscio, aveva dell’erba dentro le orecchie di plastica. Il naso colava per la paura, si sgonfiava, da rosso e triste divenne rosso e buffo.

“Stelle”, disse il clown non appena riuscì a calmarsi. “Shhhhhhhh”, risposero loro, scintillando bellissime sulla sua faccia da pagliaccio. Si addormentò; al suo fianco giaceva, fradicio e farinoso, un piccolo scettro di cartapesta.


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