Magazine Lavoro
Ha suscitato un interesse particolare lo spazio dedicato da Giorgio Napolitano alla “questione sociale” nel suo messaggio di fine d’anno. E sarebbe bene che quella “questione” e la ricerca di soluzioni idonee fosse al centro della già intrapresa competizione elettorale. Per non correre il rischio di “silenziare” non tanto le voci di esponenti del Pd come Fassina o della Cgil, quanto quelle dell’esercito dei precari, dei disoccupati, dei prepensionati senza pensione e senza busta paga, dei tanti pensionati con pensioni da fame.
Certo la triplice lista di centro sostiene, con Monti, di avere le soluzioni giuste e
moderne, veramente riformiste, contrapposte a quelle conservatrici addebitate ai Fassina e alla Cgil. Sono le proposte, par di capire, inserite nelle recente riforma sul lavoro, nonché nell’altrettanto recente riforma delle pensioni. Ma allora sarebbe il caso di discutere sui risultati già ottenuti, a prova della validità di tali interventi, considerati frutto di vero e forte riformismo. Purtroppo il bilancio dello spread sociale (a differenza dell’altro spread) è assai deludente. Siamo di fronte a un miliardo di ore di cassa integrazione, il 12% in più rispetto al 2011. La disoccupazione ha superato l`11%, con un aumento di quasi 2 punti e mezzo sul 2011. L’82 per cento delle assunzioni, secondo uno studio di Claudio Treves, riguarda il rapporto di lavoro non a tempo indeterminato.
Ha scritto Enzo Marro cronista scrupoloso del “Corriere della sera”: “Purtroppo i risultati non si vedono e molti (sindacati, imprese, esperti) dubitano che si vedranno”. Mentre Pierre Carniti, in un ampio saggio sul sito di "Eguaglianza e libertá" ha affermato: "L’ossessivo perseguimento di una crescente flessibilità del lavoro ha avuto come effetto di determinare soprattutto una maggiore precarietà ed un conseguente peggioramento nella distribuzione dei redditi".
E allora non basta agitare vessilli modernisti, bisogna discutere di fatti e soluzioni concreti. Anche a proposito del grado di conservatorismo presente nei sindacati. E’ proprio vero che Cisl e Uil sarebbero all’avanguardia del rinnovamento? Susanna Camusso, ad esempio, ha in un suo recente libro-intervista, ammesso errori e difficoltà del suo sindacato nell’affrontare la questione dei precari senza saper esplorare tutte le vie della contrattazione. Ma Cisl e Uil come hanno operato in questo campo, quali maree di adesioni hanno trovato fra i giovani senza lavoro? Ed è possibile indicare come emblema del loro non conservatorismo il “Patto per l’Italia” firmato con Berlusconi nella precedente legislatura e in sostanza rinnovato nella legislatura appena conclusa con la quasi uscita dal campo dello stesso Berlusconi? Chi è stato “complice” (parola cara all’ex ministro Sacconi)? Quali risultati concreti a favore del mondo del lavoro hanno ottenuto, rompendo con la Cgil e assumendo la linea del dialogo permanente col centrodestra?
Coloro che poi accusano la Cgil di essere ancorata a schemi antichi dovrebbero anche ricordare le battaglie condotte nel pubblico impiego, a fianco di Massimo d’Antona, per introdurre criteri contrapposti al sistema clientelare e burocratico imperante. E potrebbero esaminare accordi recenti, come quello siglato alla Coop Adriatica (qui senza Cisl e Uil) dove la Filcams Cgil ha contrattato la flessibilità, cercando di conciliare le richieste dell’azienda con le esigenze dei singoli lavoratori. Con l’adozione di una conclusione importante ovverosia la consultazione dei lavoratori che per il 70% hanno approvato l’intesa.
Altre esperienze che testimoniano soluzioni innovatrici che mirano a dare una risposta alle attese dei giovani precari riguardano il contratto dei dipendenti degli studi professionali e l’accordo per i lavoratori di aziende che fanno recupero crediti. Sono stati rievocati da Elena Lattuada, segretaria Cgil che tra l’altro, in un’intervista apparsa sul “Diario del lavoro” ha parlato di un seminario svoltosi a Milano in cui si è discusso di proposte atte a innovare il sistema di
contrattazione. Onde recuperare “margini per remunerare la produttività, permettendo di allargare la platea a soggetti che oggi ne sono esclusi”. Un modo per colmare il solco tra i tutelati e i precari non tutelati. E’ quel solco utilizzato, appunto da chi oggi “sale in politica” e punta il dito contro la Cgil, sola colpevole di una frantumazione ossessiva del mondo del lavoro. Dimenticando quanti tra sindacati e personalità politiche hanno cooperato a politiche governative che a quella frantumazione hanno dato un appoggio enorme.
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