Anna Lombroso per il Simplicissimus
Sarebbe quanto mai opportuno che Ignazio Marino si convincesse che ha cambiato mestiere, che ha scelto di fare il sindaco della Capitale, mansione differente da quella di chirurgo al capezzale di un augusto malato grave. Perché il rischio è che scelga di essere il Dottor Morte di Roma, favorendo una eutanasia per niente dolce.
Come di diceva una volta però l’uomo è “lento di comprendonio”, ma dai e dai, anzi Daje, secondo un suo slogan elettorale, ha perfino lui capito che una delle patologie della città è rappresentata dai rifiuti, che dopo la spazzatina in occasione della visita dell’illustre visitatore, è ricominciata l’ammuina della “monnezza”, trasferita da un quartiere all’altro senza risposo e senza soluzione finale.
E siccome ormai è nello spirito del tempo pensare che per rimuovere despoti, ridurre la potenza di avversari, cercare di limitare i danni ambientali e sanitari di imprese criminali, si debba ricorrere al potere giudiziario, accerchiato da cassonetti straripanti e da puzze mefitiche, Marino è andato a consultare il procuratore di Roma Pignatone, dichiarando la sua inadeguatezza a risolvere il problema: ”Io da chirurgo – ha detto - preferisco prevenire piuttosto che curare e a fine maggio scade l’ordinanza con la quale conferire ai due Tmb di Colari lo smaltimento dei rifiuti. Però, da un lato la magistratura ha portato alla luce, con gli arresti di Cerroni e del suo gruppo, una serie di reati che io non potevo immaginare fossero così gravi e dall’altro c’è il prefetto che mi dice di non poter pagare più le aziende coinvolte e continuare a conferir loro i rifiuti. Non voglio arrivare a fine maggio con il problema ancora sul tavolo”.
All’anima della prevenzione, viene da dire: l’aver ereditato situazioni di crisi da precedenti gestioni, in ospedale o in un’azienda o in una città, non esonera dall’affrontarle e nemmeno dall’accorgersene in un anno di gestione. E è vero che i rifiuti sono oggetto di una rimozione psicologica generalizzata, perché sono l’allegoria dell’effimero, il simbolo dello scarto, particolarmente in un’epoca che i rottami li vede come il fumo negli occhi, che rappresentano un settore che costituisce un brand non solo dell’economia criminale ma anche di imprenditori operanti nella cosiddetta legalità, che ormai corruzione e mazzette sono tollerate come componente essenziale, irrinunciabile e modernamente profittevole dell’economia informale, è vero tutto questo, ma ce ne vuole per non accorgersi che a grandi passi ci si stava avviando a un stato di crisi paragonabile a quella napoletana.
Si difende Marino, catapultato da Marte, non è colpa sua ma del concatenarsi di avvenimenti a lui ostili. Lo smantellamento dopo mezzo secolo di regime di monopolio del sistema Cerroni, prima di tutto, con l’accusa per tutti gli interessati, di associazione per delinquere finalizzata al traffico dei rifiuti, il prefetto che denuncia di non poter pagare più le aziende coinvolte nelle quali si vorrebbe continuare a conferire i rifiuti. A fine maggio poi scade l’ordinanza che consente ad Ama di continuare il conferimento dei rifiuti urbani raccolti nella citta’ di Roma, anche presso i due impianti denominati ”Malagrotta 1” e ”Malagrotta 2” nonche’ presso l’impianto di Tritovagliatura riconducibili al Co.La.Ri. E d’altra parte si trattava di un provvedimento “contingibile ed urgente”, la cui operatività si sarebbe dovuta limitare al tempo strettamente necessario all’individuazione delle soluzioni piu’ opportune e ”comunque per un periodo non superiore a tre mesi”.
Non sa proprio a chi dare i resti, povero Marino, ha convocato eccelsi studiosi della materia da più parti del mondo, in attesa che trovino soluzioni adeguate, si incanta all’ipotesi rituale di convertire istantaneamente i cittadini alla raccolta differenziata, sperando nella successiva magica scomparsa per evaporazione dei rifiuti accuratamente selezionati, chiede la solidarietà dell’Anci per ricevere suggerimenti in merito a casi di successo, si rivolge col cuore in mano al nuovo Ministro, che si mostra riottoso, e al Governo per chiedere la nomina di un commissario.
Insomma sarà nuovo della politica e dell’amministrazione, avrà una intelligenza media, come ha dichiarato, ma va riconosciuto che Marino ha imparato subito come si fa: si prende una crisi, la si lascia silenziosamente degenerare. Nel frattempo si lasciano operare più o meno indisturbatamente i soggetti che hanno monopolizzato la gestione del problema, con la connivenza della politica e della pubblica amministrazione. Poi quando il bubbone esplode, dopo la irrinunciabile liturgia del rimpallo delle responsabilità, si ricorre alle misure eccezionali, ai commissariamenti, alla delega a soggetti autoritari e accentratori con poteri speciali, si promulgano disposizioni temporanee che hanno in sé il germe della continuità e stabilità perenne, si chiama l’esercito, si reprime la protesta dei soliti disfattisti incuranti dell’interesse generale. E infine in un velocissimo processo di redenzione, si sdoganano i delinquenti, dei quali è dimostrata l’insostituibilità, si legittima l’illegalità della quale è evidente l’efficiente unicità irrinunciabile, andando a chiedere al procuratore di “mettersi una mano sulla coscienza”.
Perché ormai anche la coscienza, l’interesse per il bene comune, la solidarietà, la cittadinanza sono finiti tra i tanti rifiuti che hanno transitato verso mete lontane o troppo vicine, che hanno fatto della campania felix una geografia infernale, che hanno dato ricchezza alla criminalità e miseria ai nostri territori, hanno fatto delle eco balle i monumenti di un consumismo dissipato. Ma erano i soli biodegradabili.