La Puglia è Italia anche perché accomunata da storie, culture, paesaggi e gente che hanno fatto di questo paese un grande paese. Un paese che da sempre ha avuto dal mare relazioni e connessioni fondamentali per la sua crescita sociale e economica. Per questo quando un anno fa presentammo il rapporto sull’economia del mare, mettemmo allo scoperto dati e caratteristiche forse ancora sottovalutate e residuali.
I numeri non sempre definiscono bene un fenomeno, ma certamente lo quantificano rispetto agli insiemi di riferimento. Nel 2008, ultimi dati rilevati, l’economia del mare rappresentava in Italia 34 miliardi di euro di giro d’affari, 9 miliardi di export, 80.500 imprese e 670.000 occupati. Un settore economico composto da varie filiere (ambiente, turismo, trasporti, cantieristica e pesca) concentrato su territori specie del Centro-Nord e in provincie che non sempre si affacciano sul mare (Milano, Torino, Bologna, Treviso e Firenze tra le prime 10 in Italia).
In Puglia le imprese sono oltre 8.500, delle quali oltre la metà concentrate nella filiera della pesca (compresa la trasformazione e la commercializzazione), seguita da quella del turismo marino, della cantieristica navale e del trasporto marino.
Quello che ci troviamo ora di fronte in Italia così come in Puglia è allora una nuova e ulteriore sfida: conservare o sviluppare questo sistema economico. L’opportunità è importante, ma necessita di alcuni accorgimenti e alcune innovazioni per renderla non solo vantaggiosa, ma anche sostenibile.
Iniziamo dal turismo, che rappresenta specie in Puglia negli ultimi anni, una grande opportunità di sviluppo a condizione di non gravare solo e proprio sul mare, ma valorizzando i beni culturali e ambientali e le identità e le tradizioni culturali e storiche. Integrare l’offerta quindi per rispondere a una domanda sempre più differenziata e personalizzata dove la destagionalizzazione diventa la cartina al tornasole per vincere la sfida.
Segue la salvaguardia delle coste, troppo spesso deturpate negli ultimi 60 anni per far posto a insediamenti turistici utilizzati appunto solo nei 2 mesi di punta dell’estate, o da fabbriche e centrali di energia ora da riconvertire.
Abbiamo poi la cantieristica, specie quella nautica che rappresenta un fiore all’occhiello dell’industria italiana, che necessita di un adeguato supporto per accentuare e consolidare le sue caratteristiche di qualità e di internazionalizzazione e la pesca che, oltre ai già individuati interventi di sostegno alle piccole e micro imprese, ha, perlomeno in Puglia, caratteristiche precipue ancora tutte da valorizzare come la tradizione del pesce crudo, unica per qualità a livello mondiale.
Sono attenzioni e linee di intervento possibili a condizione di innescare alcune innovazioni comportamentali, tecnologiche e di approccio. Innovare allora le modalità di sviluppo nei territori accentuando la condivisione delle responsabilità e dei ruoli tra istituzioni, imprese e terzo settore per condividere programmi e interventi con la redditività dei singoli e l’efficacia dell’insieme (il caso turismo tra Regione e Camere di commercio è un primo esperimento); investire sull’open governement per sviluppare adeguatamente la partecipazione progettuale e propositiva delle imprese e delle persone ai processi decisionali sfruttando adeguatamente le tecnologie internet sulle quali ancora siamo troppo indietro rispetto ai paesi più innovativi e avanzati e considerando le positività anche ambientali del suo utilizzo.
E infine un approccio esperenziale nel settore turistico, ma non solo. Le persone a cui e per cui si opera nell’ideare, progettare e realizzare e poi gestire un intervento stanno cambiando. Non sono più solo il risultato dell’era moderna, non sono più ideologizzate e piene di sicurezze religiose, ideologiche e culturali: esprimono desideri, talvolta bisogni, vogliono fare esperienze per migliorarsi e trasformarsi. Esperienze e emozioni che sono nella storia dei nostri luoghi e delle nostre città. Hanno una loro impronta, chiara, ma invisibile ai più.
Il turista e il viaggiatore, il pellegrino e il business-man arrivano, vedono e partono e solo casualmente percepiscono. È casuale entrare nella loro storia e tradizioni e culture, perché non c’è nulla che sia stato ideato, progettato e realizzato che lo mostra o lo fa. Solo musei e vestigia più o meno conservate, nessuna possibilità di rientrare nella vita e nelle sensazioni di quell’epoche, nessuna capacità di raccontare quello che i luoghi sono e non solo quello che appaiono. Un’accoglienza progettata e realizzata di persone per le persone, servizi civili per persone civili, più pragmatismo possono dare un contributo a “fare lo scatto” e, perdendo qualche caratteristica negativa, conquistarne qualcuna positiva per uno sviluppo più sostenibile ed equo.
Allora l’approccio esperienziale diventa la chiave di volta e la base per adeguare l’impostazione degli interventi sul territorio all’evoluzione economica e culturale del XXI secolo. Un’innovazione possibile per accogliere i nuovi turismi e i vari turisti con modalità, infrastrutture e strutture più adeguate al tempo attuale.