Adesso sono tutti d’accordo: da molti anni. dal 2002, Osama Bin Laden era poco più che un simbolo, il testimonial di una ditta chiamata Al Qaeda i cui azionisti principali erano i governi occidentali interessati alla paura planetaria e soci di minoranza i vari e sparpagliati gruppi terroristici che dal marchio Al Qaeda traevano visibilità e importanza.
A tutti gli effetti quindi l’uccisione di Bin Laden, comunque sia avvenuta e di certo non nel modo in cui è stata raccontata, è a tutti gli effetti un suicidio: quello di uno spettro di comodo gestito per giustificare “missioni di pace”, guerre senza senza fine, contrapposizioni culturali e sottrazioni di libertà.
Il nemico imbalsamato nella sua ferocia, ormai metafora del male, ancorché isolato, malato, senza più un soldo era quello che ci voleva per un mondo che ha abbandonato l’attenzione e la speranza sociale per mettersi nelle mani della dialettica amico-nemico. quella che funziona a meraviglia anche da noi.
Obama si è stato costretto a sacrificare questo feticcio per ragioni elettorali. E del resto le rivolte civili nel mondo arabo sono ormai lontane mille miglia dalle concezioni del califfato di Bin Laden e del terrorismo integralista: il capo supremo del male stava diventando un po’ obsoleto come pretesto. Era pronto per essere trovato e sommariamente giustiziato, nonostante sulla sua testa pendesse un mandato di cattura internazionale. Ma evidentemente per l’amministrazione Usa internazionale ha un significato peculiare: libertà di fare come gli pare.
D’altronde un Osama vivo sarebbe stato fonte di troppi imbarazzi. Per questo è stato catturato e poi ucciso, secondo uno schema che con il terrorismo ha tutto da spartire.
Questo però ci pone una domanda. Se le esportazioni di democrazia in Irak e in Afganistan sono state una risposta al terrorismo islamico, variamente incarnato, non sarebbe ora che anche l’Occidente facesse un salto di qualità simile a quello avvenuto dalla Tunisia alla Siria e si sbarazzasse del fardello dell’export di materiale politico taroccato e di quello scontro di civiltà che altro non è se non un incivile pretesto?
Oppure le democrazie ormai insidiate dai poteri economici e costrette in qualche modo a fare proprie le compressioni dei diritti, hanno un così disperato bisogno di paura, da dover creare un succedaneo di Bin Laden così da continuare le guerre in atto e fare il gioco delle due carte tra globalizzazione e terrorismo?