Almeno una volta nella vita ci siamo fatte questa domanda, altre invece lo considerano così tabù da non essere nemmeno riuscite a porsele, avendo acquisito il mistero delle mestruazioni come un aspetto segreto della femminilità su cui sarebbe imbarazzante parlarne con gli altri, vuoi perchè ancora molte lo considerano “ripugnante e impuro”, vuoi perché altre lo affrontano con disagio, legato a dolori indescrivibili.
Eppure il ciclo è un aspetto importante della femminilità, ma come gran parte degli aspetti della nostra sessualità, subisce una rimozione, andando ad aggravare i problemi di quelle donne che soffrono di cicli irregolari o forti dolori all’endometrio durante i giorni del mestruo.
Pochissime donne sanno da cosa dipende il sanguinamento che avviene ogni mese dalle loro vagine e poche bambine italiane lo affrontano con entusiasmo e con adeguata preparazione, a causa della disinformazione di famiglie e scuole che pongono il veto su questi argomenti, limitandosi a liquidare ogni domanda con “se hai le tue cose è perché ormai sei una signorina” .
Il ciclo mestruale invece è un argomento che va affrontato senza limitarsi a ridurre tutto ad un affermazione priva di contenuti e nemmeno del nome esatto per definire la trasformazione del corpo di una donna.
Il ciclo mestruale non è solo il sanguinamento dovuto allo sfaldamento dell’endometrio, ma è uno stadio che dura 28 giorni, e quello che notiamo nelle nostre mutande che si tingono di rosso vivo è solo il risultato finale del ciclo che avviene espellendo le cellule uovo che non sono state fecondate e che a causa di questo “muoiono” e si riproducono dopo la fine del sanguinamento.
Questo è uno dei processi che stabiliscono la fertilità di una donna, eppure proprio a causa dei tabù che da millenni hanno rimosso la sessualità femminile, viene vissuto con imbarazzo e sensi di colpa da tantissime donne italiane.
Non è raro vedere ragazzine ma anche donne adulte odiare il loro ciclo anziché accoglierlo come un aspetto della propria sessualità, questo è dovuto dai tabù e i pregiudizi imposti prima dalle famiglie e poi dalla società che danno alle mestruazioni un connotato di “sporcizia” , insegnandoci che “in quei giorni” non si devono avere rapporti sessuali e banalizzando la fase premestruale, facendo sentire le donne inadeguate o in colpa perchè durante quei giorni si sentono depresse, stanche e irritabili.
Le religioni monoteiste, in particolare quella ebraica, cristiana e islamica, portatrici di una dottrina patriarcale, hanno stabilito che il ciclo femminile è una vergogna, una maledizione, un aspetto che contamina tutto ciò a cui la donna mestruata entrava a contatto, spazzando via le credenze preistoriche che legavano il ciclo mestruale a qualcosa di sacro.
Fino a pochi anni fa in Italia una donna non poteva svolgere il mestiere di medico, avvocato e poliziotta perché si reputava che il ciclo avrebbe potuto condizionare la propria capacità di giudizio.
Spesso la pubblicità rappresenta le donne “mestruate” come nervose, isteriche o come giovani donne che devono fare di tutto per non far notare agli altri che hanno il ciclo. Proprio dalla pubblicità si nota che i tabù non sono stati superati. Negli spot la parola mestruazioni non viene mai pronunciata e non compare mai il colore rosso ma al contrario sempre il bianco oppure colori freddi come l’azzurro e il verde. I pacchetti in vendita ai supermercati allo stesso modo presentano una gamma cromatica che va dal verde al giallo o dall’azzurro al viola ma mai il rosso. Per questo motivo che le donne vivono ancora oggi il ciclo, quindi la propria sessualità con vergogna, nascondendo sotto altri prodotti i pacchi di assorbenti che stanno acquistando al supermercato (stessa cosa accade, per gli stessi motivi, quando ci rechiamo a comperare i preservativi).
I tabù sul ciclo non sono un aspetto da sottovalutare o da accettare perché non sono solo un aspetto di rimozione della nostra sessualità ma sopratutto impediscono alle donne che hanno problemi fisici legati al ciclo di rivolgersi al medico e di chiedere cure adeguate. Emerge appunto un’altra indagine che rivela un altro triste primato in Italia: siamo agli ultimi posti per quanto concerne la consapevolezza del ciclo:
Tredici volte l’anno tre milioni di italiane fanno i conti con dolore, astenia, stanchezza e grande imbarazzo: sono le ”vittime” del ciclo abbondante. Pagano un prezzo doppio rispetto a chi l’ha normale: il 70,2% rinuncia completamente all’attivita’ sessuale, il 53,2% allo sport, il 40,4% a viaggiare, il 26,6% vede compromessa la vita sociale, il 18,1% si assenta dal lavoro o da scuola. Sono i dati presentati al congresso mondiale di Endocrinologia, a Firenze, che fotografano un problema ”ingombrante”, ma sottovalutato dalle donne stesse visto che se una su due ritiene il suo flusso sopra la norma, solo il 10% ne parla con un ginecologo e una su quattro se ne vergogna. E i dati di una vasta indagine a livello internazionale relegano l’Italia agli ultimi posti per consapevolezza. n Europa vi e’ molta piu’ disponibilita’ a rivolgersi al medico per ridurre i disagi legati alle mestruazioni (ha parlato col ginecologo di flussi abbondanti il 27.3% delle svedesi, il 27.6% delle francesi, il 29% delle spagnole e ben il 32.8% delle tedesche) e una maggior propensione a rinunciarvi.
Molte donne, a causa dei miti sul ciclo, ancora sono convinte che i dolori dovuti alle mestruazione siano parte di un aspetto biologico legato alla femminilità, quindi da accettare, ma non è così, spesso i dolori non sono che un campanello di allarme e possono essere conseguenza di una possibile endometriosi, pericolosa se non curata.
In Italia il problema legati al ciclo mestruale non vengono ancora affrontati e l’endrometriosi non solo trova cure inadeguate ma è una patologia che non viene nemmeno riconosciuta, lasciando le donne con il dolore e le conseguenze che questa patologia ha sulla vita sociale, sessuale, procreativa e lavorativa delle vittime.
L’endrometriosi è una malattia invalidante ed è intollerabile che un Paese che si reputa civile mantenga tabù secolari sulle mestruazioni e l’utero femminile lasciando non se ne parli e che anzi si lascia parola ad articoli ignoranti come questo (qui) e a strutture inadeguate.
E’ ora di finirla con i tabù e auspichiamo che il governo faccia di tutto per fa sì che le donne non rimangano sole con i pregiudizi ignoranti della nostra società.
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