Magazine Psicologia

Il talento degli «Asperger» dietro i grandi progressi umani

Da Simonetta Frongia


Le persone che pensano in modo diverso producono salti concettuali decisivi. Per questo l’evoluzione se le tiene strette 

Dopo che per centinaia di migliaia di anni i nostri antenati avevano continuato a costruire sempre gli stessi strumenti di pietra, rudimentali raschietti e punteruoli, a un certo punto, circa centomila anni fa, un'improvvisa rivoluzione tecnologica. Gli strumenti diventano più precisi, sono costruiti con maggior cura, compaiono arpioni, archi e frecce, trappole e tagliole, che rendono possibile cacciare anche gli animali più pericolosi. 

Una svolta evolutiva che la professoressa inglese Penny Spikins del Department of Archaeology dell'University of York, ritiene potrebbe almeno in parte essere dovuta al contributo innovativo dato da personalità affette da disturbi dello spettro autistico, come riportato recentemente dalla rivista New Scientist. Questi individui hanno infatti la capacità di essere molto sistematici e di applicarsi in maniera focalizzata ai loro compiti, e quindi potrebbero essere stati loro a migliorare l'ideazione e la realizzazione degli utensili. Sorprendente anche il fatto che, proprio nello stesso periodo, si assista anche a un'impennata della creatività artistica, testimoniata dal ritrovamento di collane e decorazioni in osso, o di semplici strumenti musicali. Di lì a poco i nostri antenati avrebbero cominciato a dipingere figure realistiche ed espressive di uomini e animali sulle pareti delle caverne, disegni dei quali è stata rilevata l'estrema somiglianza con quelli effettuati anche oggi da persone affette da autismo. Contemporaneamente, cominciavano a svilupparsi la spiritualità e la religione e a diffondersi gli sciamani, con i loro miti, i loro stati di trance e le loro allucinazioni uditive. Probabilmente persone che oggi sarebbero diagnosticate come schizofreniche, ma che a quel tempo giocarono forse un ruolo fondamentale nel creare le prime comunità e i primi aggregati della civiltà.

Dunque è possibile che un impulso decisivo allo sviluppo sociale, creativo e tecnologico degli esseri umani sia stato dato proprio da persone portatrici di disturbi psichici appartenenti all’area dell'autismo, della schizofrenia e dei disturbi dell'umore, che sono almeno in parte trasmessi geneticamente. Questo spiegherebbe anche come mai quelle che nella società contemporanea ci appaiono persone in difficoltà e soggette allo stigma sociale, non siano state spazzate via dalla selezione naturale che in teoria dovrebbe fare piazza pulita delle varianti genetiche meno vantaggiose. Ma se sono arrivate fino a noi, queste persone devono aver avuto un ruolo sociale positivo e propulsivo per molte migliaia di anni. «A un certo punto i nostri antenati iniziarono a sviluppare emozioni molto complesse, come la compassione, la gratitudine e l'ammirazione» dice la professoressa Spikins. Questo arricchimento culturale divenne anche uno dei passaggi fondamentali che consentì agli esseri umani di sovrastare gli altri ominidi che ancora si aggiravano sul pianeta, come l'Uomo di Neanderthal presente nell'Eurasia dell'ovest, l'Homo erectus presente in Indonesia, l'Homo floresiensis (meglio noto come "Hobbit"). Paradossalmente, l'elemento vincente fu forse proprio la presenza e la persistenza di geni correlati a quelli che oggi consideriamo disturbi psichici. Magari non proprio quelli più gravi, che possono essere troppo distruttivi per la socialità di un individuo; senza contare il fatto che nelle piccole popolazioni dell'umanità dei primordi il numero di portatori di disturbi psichici doveva essere talmente limitato che è difficile credere che queste persone possano aver plasmato le società nelle quali vivevano. 
Forse, quindi, l'elemento vincente furono i disturbi meno gravi, ma sempre appartenenti allo spettro dei disturbi autistici. «Negli anni più recenti c'è stata una crescente attenzione verso altre condizioni autistiche, — precisa Spikins in un articolo pubblicato sul Cambridge Archaeological Journal — «come la sindrome di Asperger che, da una parte crea una chiara differenza nella "mente", ma dall'altra non comporta per forza una significativa esclusione sociale». Le persone affette da questa sindrome condividono con l'autismo vero e proprio la difficoltà a sviluppare relazioni empatiche con gli altri, tuttavia sono capaci di un normale utilizzo del linguaggio e di realizzare un’interazione sociale funzionante. Però, "pensano differentemente" e così possono imporre svolte brillanti alle scienze e alle arti. 
Attraverso le epoche sono molte le persone di spicco riconosciute come portatrici di queste caratteristiche, ad esempio Charles Darwin, Isaac Newton, Lewis Carrol, Vincent van Gogh e soprattutto Albert Einstein. Quest'ultimo fu spesso considerato una persona incapace di affetti profondi, ebbe relazioni familiari difficili, perse il contatto con alcuni dei suoi figli (uno dei quali, Eduard, trascorse molti anni in ospedale psichiatrico). Però riuscì a pensare l'impensabile, a scardinare le basi della fisica del suo tempo, utilizzando come strumento di lavoro esclusivamente le sue capacità mentali e teorizzando che «l'immaginazione è più importante della conoscenza». E con la sua immaginazione creativa, attraverso esperimenti condotti esclusivamente nella sua mente, nel 1905 arrivò a una serie di idee e modelli rivoluzionari, come il concetto di relatività del tempo e dello spazio, ognuno dei quali avrebbe da solo meritato un premio Nobel (che in effetti gli fu assegnato nel 1922 per l'effetto fotoelettrico) e che per molti decenni rimasero incomprensibili alla stragrande maggioranza dei suoi contemporanei. 
Articolo originale di  Danilo di Diodoro http://www.corriere.it/salute/11_dicembre_20/talento-asperger-progressi-umanita_42f51224-2679-11e1-97ba-d937a4e61a87.shtml

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