Una volta all’anno la natura ci regala lo spettacolo di due straordinarie migrazioni simultanee: le cheppie che partono dal mare per andare a fregare sui ghiareti dei fiumi, e i pescatori che partono dal proprio divano per andare a fregare le cheppie.
Lo spinning alla cheppia, come avevamo già imparato, non è particolarmente tecnico, ma è divertente, goloso, pazzerello, lontano dagli spot battuti e un’ottima occasione per misurarsi con qualcosa di diverso dal solito. In pratica è una scusa per stare sul fiume con gli amici, ammazzarsi di torta fritta (nome locale del più famoso gnocco fritto) in compagnia e farsi qualche risata tutti insieme. E infatti ci sono andato da solo…
Un po’ a memoria e un po’ a tentoni riesco a tornare allo stesso parcheggio di due anni fa, giusto per avere qualche riferimento. Per le strade non c’è anima viva e la mia auto è l’unica del parcheggio: ottimo, non ci sarà nessuno sul fiume, pessimo, vuol dire che le cheppie sono già passate tutte. Diviso tra questi due pensieri finisco di prepararmi e mi avventuro tra campi, boschi e argini ciclopici da scendere rigorosamente di faccia.
Incontro qualche moschista, un paio di passatisti e qualche spinner. Non è proprio il deserto che pareva essere ma per l’occasione va ancora di lusso. Schifo l’acqua veloce per andare dritto dove so esserci delle belle bucone lente in cui sicuramente le cheppie stanno recuperando le forze in attesa di riprendere la corsa. Pochi giri di manovella e l’acqua esplode dietro il mio ondulantino per l’attacco a vuoto di un pesce spettacolare. Ma la via verso casa di quell’artificiale è ancora irta di pericoli ed ecco una seconda saetta arrivare a mille dietro di lui, scartare all’ultimo e tornare indietro dopo avermi visto. Unisco mentalmente i polpastrelli delle dita sibilando un “Eccellente”, oggi ci sarà da divertirsi.
I lanci si susseguono incessanti e speranzosi ma niente arresta la corsa degli artificiali tranne qualche sporadica alga dispettosa. Passano le ore ma il risultato non cambia. Novello esploratore apro nuovi sentieri sul ciglio del vuoto e mi addentro nei campi alla ricerca di una frana che mi permetta di tornare sull’acqua e diventare una parentesi passeggera nella corsa per la vita di questi pinnuti. Torno sui miei passi per andare a rinfrancare lo spirito al ristorante più vicino. Risalendo faccio qualche lancio in punti che avevo saltato per acqua troppo veloce o perché già occupati. Il sole pesta duro, ho sete, fame, sono stanco e la convinzione che la botta arrivi è svanita da un bel pezzo. Ma le botte arrivano, una, due, tre volte consecutive: lancio lungo, abboccata, bagliore nella corrente e lenza molle. Lavo via gli improperi con una birra fresca e riempio il vuoto delle mancate abboccate coi salumi locali.
Sono di nuovo sul fiume a cercare nuovi accessi, nuovi raschi e nuove buche. Sono belli ma adesso rovinati da un numero parecchio maggiore di pescatori. Si vede che il pescatore di cheppie si alza tardi. Riparo sugli spot della mattina dove avevo incontrato meno gente, ma adesso anche lì spuntano moschisti che pescano a torso nudo e spinner che pescano con tecniche dubbie, ma la cosa peggiore è che la buca dove volevo andare è occupata. Gironzolo un po’ più a valle per dare ancora una possibilità all’acqua lenta, ma ormai ci credo poco e torno veloce a monte per riprovare l’acqua che corre.
La buca è vuota e il gorgoglio mi attira a sé come un canto di sirena. I primi lanci mi faccio beffare altre due volte, ma poi la prima cheppia arriva sulla spiaggia dopo una strenua difesa. Prendo il giro e le cheppie iniziano ad arrivare. Attacchi fulminei, salti spettacolari, fughe in corrente e diagonali sfrizionanti la fanno da padroni fino a quando mi perdo a osservare una rondine di mare pescare di fianco a me coi suoi tuffi micidiali. Mi concentro di nuovo e ne porto a riva, perdo, pungo ancora qualcuna, in un turbinio di azione a singhiozzo che segue la risalita.
Ormai sono stanco e soddisfatto, le catture non sono state tantissime, ma abbastanza per una meravigliosa giornata di pesca che mi ha insegnato a non sottovalutare e studiare anche un pesce che consideravo estremamente “facile”. Mi lascio alle spalle il Taro e la risalita delle cheppie ancora più convinto che ci si possano dedicare una o due sane e divertenti uscite all’anno e che poi sia doveroso lasciarle in pace durante questa delicata e faticosa fase della loro vita.
Rock ‘n’ Rod!