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IL TERZO SGUARDO n.6: L’avventura italiana di Sherlock Holmes. Luca Martinelli, “Il palio di Sherlock Holmes”

Creato il 18 giugno 2010 da Fabry2010

IL TERZO SGUARDO n.6: L’avventura italiana di Sherlock Holmes. Luca Martinelli, “Il palio di Sherlock Holmes”Il primo sguardo da gettare sul mondo è quello della poesia che coglie i particolari per definire il tutto o individua il tutto per comprenderne i particolari; il secondo sguardo è quello della scrittura in prosa (romanzi, saggi, racconti o diari non importa poi troppo purché avvolgano di parole la vita e la spieghino con dolcezza e dolore); il terzo sguardo, allora, sarà quello delle arti – la pittura e la scultura nella loro accezione tradizionale (ma non solo) così come (e soprattutto) il teatro e il cinema come forme espressive di una rappresentazione della realtà che conceda spazio alle sensazioni oltre che alle emozioni. Quindi: libri sull’arte e sulle arti in relazione alla tradizione critica e all’apprendistato che comportano, esperienze e analisi di oggetti artistici che comportano un modo “terzo” di vedere il mondo … (G.P.)

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di Giuseppe Panella


L’avventura italiana di Sherlock Holmes. Luca Martinelli, Il palio di Sherlock Holmes, con una postfazione di Enrico Solito, Milano, Edizioni Alacrán, 2009, pp. 175, euro 12, 50

Il Palio non lo vedrà perché troppo impegnato a risolvere il suo caso italiano, ma Siena gli rimarrà nel cuore come una delle città più belle d’Europa.

La tentazione dell’apocrifo prende, una volta o l’altra nella vita, tutti i lettori e gli appassionati (per non dire i fanatici) delle avventure del personaggio creato da Sir Arthur Conan Doyle.

Luca Martinelli non si è sottratto alla sfida e ha messo insieme un romanzo storico (con le sue date e i suoi personaggi tutti al loro posto – a cominciare da Paolo Lorenzini, fratello del più celebre Carlo Collodi e direttore della Manifattura Ginori di Sesto Fiorentino per finire con i protagonisti dello scandalo della Banca Romana che, dal 1891 al 1893, alla lettera sconvolse e in qualche misura travolse del tutto gli equilibri della politica italiana) con un taglio investigativo di notevole acume e perizia. Tutto inizia, però, a Prato dove vanno a finire “tutti gli stracci” d’Italia e d’Europa. Uno degli ultimi straccivendoli della città toscana ritrova un quadernetto rimasto sepolto all’interno di un blocco di stoffe di bandiere inglesi e lo fa vedere all’Autore che resta esterrefatto di fronte alla scrittura del dottor John H. Watson, il fedele storiografo e aiutante del grande detective abitante in Baler Street, Londra. Da qui la decisione di ritrascriverlo per farlo conoscere ai lettori contemporanei (si tratta di un espediente tipico questo nella letteratura italiana e non solo, cioè quello del “manoscritto ritrovato” – da Manzoni ad Arbasino, per intenderci). Il Narratore della vicenda, però, non è Watson stavolta ma Holmes stesso che affida il racconto delle sue gesta senesi ad una lunghissima lettera indirizzata all’amico che lo crede morto. Si ricongiungerà, infatti, molto teatralmente (come sovente gli accade e gli piace di fare) con l’amico solo per l’ Avventura della Casa vuota del 1894. Che cosa aveva fatto dopo essere precipitato nelle cascate di Reichenbach insieme al suo feroce e pressoché imbattibile nemico, il geniale matematico professor James Moriarty? Era stato in Italia, a Firenze, a mettere in piedi una rete di spie legate al Foreign Office e destinata ad impedire la firma del Trattato della Triplice Alleanza con Austria e Prussia. In questo intento fallirà (il terzo Trattato sarà firmato nel 1891 e poi rinnovato nel 1896) ma, nel frattempo, avrà scagionato uno dei membri della sua rete spionistica, il sergente Calvin, dall’accusa di aver assassinato Sesto Becocci, allenatore di ronzini destinati alla celeberrima corsa in Piazza del Campo. Il caso si presenta difficile e complesso per la mancanza degli indizi che potrebbero aiutare Holmes nella ricerca della verità. Ma, grazie al suo acume e all’aiuto prestatogli da un aiutante d’eccezione, il piccolo Federigo Tozzi, bistrattato dal padre Ghigo che gli rimprovererà le sue velleità di intellettuale e vorrebbe, invece, che pensasse solo a lavorare, il caso sarà risolto con pieno successo e i colpevoli assicurati alla giustizia. Tutta la storia si svolge a Siena, a parte un incipit piuttosto breve a Sesto Fiorentino presso le Manifatture Ginori e un singolare capitolo fiorentino dove Holmes, sotto le mentite spoglie del giornalista norvegese Sigerson, partecipa a una cena in casa del celebre venditore di pipe Borsellini in compagnia dello scrittore Giulio Piccini in arte Jarro (autore di racconti polizieschi – il cosiddetto ciclo del commissario Lucertolo – e di testi di gastronomia oggi dimenticato). Sarà proprio Jarro, dopo aver cucinato delle deliziose fiorentine e illustrato le delizie del futuro Brunello di Montalcino, a spingere il detective disoccupato e ormai disamorato di Firenze a spingersi fino a Siena. Qui, sceso quasi immediatamente alla trattoria Il Sasso all’Arco dei Rossi, incontrerà il piccolo Federigo:

«Mi creda, Watson, quel bambino, così timido e impacciato, quasi si sentisse fuori luogo per il motivo stesso di esistere, suscitava un moto spontaneo di tenerezza. Gli accarezzai i capelli con dolcezza, ma lo sentii tremare, rannicchiarsi in se stesso, come se quel mio gesto innocente avesse aperto il baratro di una paura radicata e incontrollabile. Ritrassi subito la mano. “Tornerò per l’ora di pranzo, quando ci sarà tuo padre”, lo rassicurai, ritraendo la mano. “Posso lasciare il bagaglio?”. “Sì, mi scusi… dia a me”, disse sollevando finalmente la testa. Cercai il suo sguardo, ma restai deluso: nei pochi istanti in cui il suo volto rimase visibile per intero egli restò immobile, con gli occhi chiusi [corsivo mio]. Appoggiai la borsa sul bancone. Il bambino, subito riabbassando la testa, l’afferrò con entrambe le mani e la sistemò sul pavimento, in un angolo, vicino a una madia stipata di stoviglie. “Come ti chiami?” gli chiesi. “Federigo Tozzi”.”Io sono Erik Sigerson. Sono un giornalista norvegese”. “E’ molto lontana e fredda la Norvegia, vero?” chiese con inaspettata eccitazione. “Beh, sì: lo hai studiato…”. “Io non studio. Il babbo non è contento che vado a scuola”, gemette Federigo in un tono flebile e carico di tristezza» (p. 40).

La figura triste e trasognata di Federigo Tozzi è di quelle che restano impresse e pesano nel cuore del libro. L’accuratezza nella descrizione del cupo e violento ambiente familiare nel quale il piccolo Federigo (che l’anno dopo perderà la madre epilettica) è costretto a vivere è encomiabile. Ma, in generale, tutta la ricostruzione delle vicende della storia italiana presente nel romanzo è notevolmente puntigliosa. L’ ”esperimento in Holmes”, infine, è abbastanza riuscito e anche la figura del celebre detective, al di là dei necessari stereotipi, ha una sua forza espressiva. Per la prima volta, la sua proverbiale freddezza lascia spazio a intensi sentimenti umani (dalla pietà per il piccolo Federigo all’ammirazione per le bellezze della Toscana) non presenti nella vulgata del personaggio. L’imitazione stilistica è confortante e lo stile terso e impassibile di Sir Arthur Conan Doyle è soggetto a una mimicry suggestiva. In sostanza, si tratta di un libro che i lettori interessati dalle avventure dell’investigatore inglese e del suo sodale Watson possono apprezzare e leggere con interesse anche al di là della curiosità provata per un apocrifo italiano di indubbia originalità.



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