Il TOHorror non è l’unico Festival italiano dedicato al cinema della paura perché nel nostro Paese, si sa, possiamo essere poveri in canna, lamentarci di Dio, il tempo o Berlusconi, eppure di occasioni per imbastire sagre per appassionati di film ce ne sono a bizzeffe. Devo però dire che il TOHorror ha una marcia in più, soprattutto quest’anno che si è tolto di dosso una patina di amatorialità, almeno nella scelta dei film, che in precedenza lo avvolgeva quasi soffocandolo. Sia dato atto che questa kermesse piemontese è riuscita negli anni a portare in Italia veri miti del bis più estremo come Jean Rollin e riuscire a presentare una copia in pellicola del suo classico Fascination, anche a costo di non avere spettatori. Io quel giorno non c’ero perché era nata mia figlia Morgana, ma ho rimpianto quell’unica occasione di potere conoscere e parlare con Rollin anche perché la Morte è gelosa e neanche poco tempo dopo se l’è portato con se. Il mio lavoro di critico e giornalista (soldi permettendo perché in pochi lo sanno ma è difficile che giornali o siti ci rimborsino le trasferte) mi ha portato a Sitges in un Festival ancora più grande dove ho stretto la mano a John Saxon e parlato con un altro mito della mia infanzia, Paul Naschy, il licantropo più sanguigno del cinema spagnolo, ridotto dal tempo su una sedia a rotelle e presto vicino a Rollin nell’alto dei cieli. Sono stato ad Orvieto in un festival che era meglio dimenticare, pieno di divi, da Robert Englund a Brian Yuzna, ma mancante di una cosa importante, i film.
Il TOHorror ha cuore, quello che non ho trovato in Spagna o in giro per l’Italia, è come tornare a casa tua e sentire il profumino delle lasagne di tua madre, allora fanculo i tappeti rossi e i grandi ristoranti. Quest’anno ero partito con una missione, presentare la (bella) rivista dove scrivo, It’s a horror time, in una biblioteca a Torino con l’amico e collega Stefano Paiuzza. Non avevo calcolato però il fattore S, quello tanto cantato dagli 883 in immortali strofe come “questa sfiga che non se non va mai”. Becco ad Arona l’amico Stefano e insieme andiamo a Torino, ma a neanche dieci minuti di viaggio, alla frase “Mi fermo un attimo a fare pipì e ripartiamo”, la macchina si ferma per non dare più segni di vita. Eccoci io e lo Stefano, come nel classico Red rock west di John Dahl, belli come il sole, in un’area di sosta vuota come il deserto del Sahara, con i 22 gradi innaturali dell’Autunno a spingere l’auto, bestemmiare e sudare. Ho perso lo Stefano ma non il mio rigore professionale perché Chuck Norris me lo aveva insegnato in Missing in action 3 “O camminando o strisciando arriverò alla meta”. In più, cazzarola, non potevo deludere l’amico Max del TOHorror che si era sbattuto un sacco nell’organizzarmi questa presentazione, prenotandomi e pagando l’albergo, proponendomi persino di mandare un taxi se fossi arrivato in ritardo.
Comunque, cosa certa, sarei arrivato in ritardo e la presentazione in libreria era ormai un sogno di fanciulla lontano. Chiamo comunque Max e lo avverto, lui sorride “Sai è la XIII edizione” e si tocca le parti basse (lo capisco dal tipico fischio anti sfiga) ma mi assicura che, anche fosse a mezzanotte, mi farà fare la presentazione. Questo volevo sapere e fermo allora il primo sventurato che passa di lì per farmi portare alla stazione dei treni più vicina. Appena seduto in auto un ringhio dietro me mi fa trasalire, un cane nero come l’inferno, dagli occhi di brace, mi sta guardando e penso “Cazzo, eccomi in auto con Dexter”. Fortunatamente Fausto, trent’anni e faccia sorridente, è un bravo cristiano, di quelli che non ti chiedono soldi e non allungano la mano sulla tua coscia, ma mi racconta un po’ della sua vita, dal lavoro che fa in una fabbrica di rubinetti all’amore per quella specie di Cerbero che scopro essere una Cerbera e a guardarla bene neanche tanto cattiva. Beh ma intanto arrivo a Novara e mi siedo sul primo treno diretto verso Torino. Arrivo alle 20, corro, prendo pullman neanche fossero Big Mac e trovo il cinema dove danno il primo evento della serata, Nightbreed – The Cabal cut, la versione definitiva e senza rimaneggiamenti del piccolo gioiello girato da Clive Barker dopo Hellraiser. Il film è bellissimo, a tratti commovente, io l’avevo già visto per poterne scrivere. Faccio leggere il mio articolo a Russell Cherrington, il curatore di questo nuovo montaggio di Cabal, che ne esige una copia.
Ecco cosa intendevo quando parlavo di un TOHorror più completo, libero dai soliti due o tre nomi indipendenti che si portano amici o parenti. Merda si parla di Cabal, un film coi controcazzi, ora un successo anche di pubblico che, mi stupisco, ride alle battute dei personaggi, ormai vecchi di vent’anni. Segue una conferenza dove Cherrington risponde alle domande degli spettatori, riconosco tra loro l’amica Cristiana Astori e, come sempre accade, non posso essere insensibile a quella strana bellezza, da vampira anni 30, che possiede. Mi fermo a parlare con Max e mi racconta che le sere prima c’è stato il sold out per Wrath of the crows di Ivan Zuccon e Oltre il guado di Lorenzo Bianchini, due pellicole che, sono felice abbiano ottenuto un minimo di successo perché girate con grande passione. Ho il tempo per andare nel mio bed and breakfast per percepire palpabile ancora un nuovo orrore, stavolta degno di un horror di Tobe Hooper: il mio letto è lungo quanto quello di Riccioli d’oro (e io sono alto un metro e 84), la casa è piena di bambole e teatrini per bambini, e la padrona, gentilissima, mi avverte “Non sbagliare porta o svegli Giulio”. Chi cazzo è Giulio, mi sono chiesto, e la mia fantasia è volata a Il tunnel dell’orrore dove un mostro mongoloide fa strage di adolescenti. Mi immaginavo questo ragazzone deforme bussare alla mia porta e urlare “Apri la porta! Ho voglia!”. Cristo. Il mattino dopo mi sarei accorto che Giulio era solo uno sfigatissimo studente del Dams che amava solo Malick, Kubrick e odiava il mondo. Beh comunque a mezzanotte ci sono i premi e prima di loro tocca a me.
La finale si tiene nel pub Bla Bla, in una sala che potrebbe accogliere 50 persone e ne tiene invece 100. Max mi dice che sono fortunato perché in Libreria c’erano si e no dieci persone e mi passa il microfono. Dimentico tutto, torno ad essere un pesce da libro delle Medie, prego Dio di non balbettare e parlo a raffica, in un modo abbastanza anomalo, sul perché la carta stampata vince sul web. La mia tesi è che se dovesse scoppiare la terza guerra mondiale, e quindi arrivare il regno dei draghi, e io avessi voglia di leggermi qualcosa, in un mondo senza più corrente, l’unica scelta cadrebbe sul vecchio giornale di carta. Ottengo applausi neanche fossi Eddie Murphy e continuo dicendo che, da parte mia, c’è il tentativo, nello scrivere i miei articoli, di cercare quei dettagli che mancano in altre letture cartacee o meno, come il fatto che, prima di me, nessuno, nel recensire Scream, aveva parlato del capitolo apocrifo di Decoteau, del giochino per Iphone o del fan film americano.
Il pubblico ascolta, fa domande: sono cinque minuti intensi dove mi sento in un’arena e capisco di stare vincendo sulla sfiga che a questo TOHorror non voleva farmi andare. All’uscita assaporo l’aria fresca della sera, Max mi dirà che non c’è posto in auto e mi farò ben 2 ore di strada a piedi, ma non importa, mi sento soddisfatto. Intanto parlo con l’amico Corrado Artale, lo scrittore Fabrizio Borgio e ogni tanto un personaggio strambo, nudo e vestito solo di un pastrano, mi guarda e sputa sangue. Un lupo in lontananza ulula, forse arrabbiato, ma bevo la mia birra e penso ad una giornata iniziata di merda e finita bene. Una volta ogni tanto. Grazie TOHorror
Andrea Lanza