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Il valore dell’insuccesso

Da Marcofre

La domanda che chi scrive si pone, e pone pure agli altri, è più o meno qualcosa che dice:

 

“Ma ho il talento per diventare uno scrittore?”

 

L’unica risposta corretta e onesta è: “Mah!”.

Ormai tutti possono con una certa facilità scrivere e vedersi pubblicato qualcosa: basta avere un account Facebook oppure un blog, ed è fatta.
Non mancano riviste online che pubblicano i lavori degli esordienti, e concorsi (o contest) dove misurare le proprie capacità.

John Gardner, lo scrittore che ha educato alla narrazione Raymond Carver, diceva:

 

“Il successo alimenta il successo”.

 

Vale a dire: se si inizia a vedere il proprio lavoro premiato, ci sono discrete possibilità che con estrema lentezza si arrivi al livello superiore. Proprio perché quando un nome inizia a circolare, e fa parlare bene di sé, allora si conclude che vale. Ribadisco il concetto: che valga, e che da questo discenda qualcosa di più corposo, è un altro paio di maniche. Il mondo è pieno di gente che vale, e che resta in un cantuccio.

Il punto però è un altro. La smania di pubblicare è ormai enorme, e i mezzi per farlo a costo zero, sono a portata di clic.

Non mancano neppure gli editori disposti a pubblicare il meno peggio, pur di creare un catalogo e poter dire: “Vedete: ci siamo e sappiamo fare il nostro lavoro”.

Pubblicare qualsiasi cosa, con qualunque mezzo, temo che aiuti il proprio narcisismo a rinforzarsi ancora un po’. Ma ci vuole anche dell’altro.

Forse occorre rivalutare un po’ il valore dell’insuccesso. Modestamente, ho una certa esperienza al riguardo, e sono perciò giunto a questa conclusione.

Se fossi riuscito a pubblicare prima, mi sarei affezionato a un modo di scrivere mediocre. Che con tutta probabilità non sarei mai riuscito ad abbandonare proprio perché mi avrebbe garantito il consenso. È dura ammazzare quello che ti ha reso celebre.

Spesso succede che certi attori, oppure comici, raggiungono il successo in maniera o casuale, oppure con mezzucci. Dopo, diventa quasi impossibile il salto di qualità, perché quando si viene premiati, le tecniche che ci hanno portato in alto di fatto si dimostrano efficaci. E si resta fedeli a loro, che così ci accompagneranno simpaticamente sul Viale del Tramonto.

Invece di vedere il complotto ovunque, preferisco credere che:

 

1) non ho talento;

2) se ne ho un poco, prima o poi capiterà qualcosa.

 


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