A proposito di cultura e ricerca: il 14 e 15 ovembre l’associazione Coscioni organizza nel Parlamento europeo alcuni incontri preparatori al Terzo congresso mondiale per la Libertà di ricerca scientifica (per visitare il sito clicca qui). I temi che affronterà: “per chi e cosa è la scienza”, la proposta di un indicatore internazionale della libertà della scienza, la possibilità di regolamentare l’innovazione garantendo pluralismo e allo stesso tempo benessere e libertà. A questa iniziativa era collegata la conferenza “Giornalismo e cultura scientifica in Italia” svoltasi il 12 novembre e organizzata dall’Accademia dei Lincei e dal Cnr.
Nel documento introduttivo della conferenza (per leggerlo tutto clicca qui) scritto da Gilberto Corbellini e Armando Massarenti leggiamo: “Sembra evidente che per ragioni storiche, cioè come risultato di processi complessi che hanno avuto inizio almeno un secolo fa, la comunità scientifica italiana ha perduto di autorevolezza politica e culturale. Diciamo ha ‘perduto’, perché fino agli inizi del secolo scorso la presenza di scienziati e tecnici in Parlamento e nella discussione pubblica era influente e contribuiva alla produzione di indagini empiriche e legislazioni da cui è derivata la modernizzazione (certamente non uniforme) del paese”.
In un articolo del 10 novembre sul Sole24ore – “Ricerca libera societa più giusta” –, Armando Massarenti affronta la questione denunciando “la scarsa attenzione verso la cultura scientifica da parte della nostra classe dirigente, da cui dipendono – fatto ancora più grave – gli attentati continui, da parte dei nostri decisori pubblici, alla libertà degli scienziati”, che, ricorda il filosofo, è sancita a chiare lettere dalla Costituzione. Pare però che in questi ultimi tempi rifarsi alle nostre norme costituzionali sia diventato fuori moda.
Un vero peccato, in quanto qui non si parla di una sempilce questione di rispetto, ma di un modo per far funzionare le cose. I problemi che siamo costretti ad affrontare come la corruzione, l’analfabetismo funzionale, il declino economico e l’incertezza della legge, continua Massarenti, sono dovuti all’assenza “di una capacità di mettere al centro del nostro modello di sviluppo la cultura e la ricerca, con tutti i valori di fondo che esse sono in grado di veicolare”.
Tutto questo è provato dai fatti, e stupisce constatare che in un’epoca in cui i dati statistici vengono citati in continuazione come un mantra salvifico, non si tengano in considerazione le analisi che contano veramente. Nel preambolo agli incontri organizzati dall’associazione Cascioni, Gilberto Corbellini le riporta con precisione: “i Paesi che investono meno in ricerca scientifica, soprattutto fondamentale, non solo sono più poveri in termini di Pil pro capite, ma presentano tutti gli indicatori correlati alle libertà politiche, civili ed economiche più negativi”. Non guardatevi alle spalle, si sta parlando di noi… I politici, continua Corbellini, considerano le legislazioni e le politiche economiche il mezzo più adatto per ottenere benessere, mentre “a formare cittadini più capaci di far funzionare il mercato e le istituzioni liberali in modo efficiente ed efficace per rispondere ai bisogni individuali” sono due fattori: il grado di libertà della ricerca scientifica e la qualità dell’istruzione.
Marco Cecchini
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