Il vangelo della scimmia secondo Christopher P. Wilson per un romanzo un po’ swiftiano e un po’ voltariano

Creato il 17 febbraio 2011 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

di Iannozzi Giuseppe

Diciottesimo secolo d.C, un’isoletta al largo dell’Inghilterra, tagliata fuori dal resto del mondo governata da un eccentrico Lord Iffe, è il teatro dove si svolge l’avventura d’una scimmietta, di Maria. Il povero primate viene sbattuto sull’isola dopo che la nave sulla quale si trovava a bordo naufraga. Mascotte e amica intima del cuoco della nave affondata, nel villaggio di Iffe Maria imparerà presto a conoscere i bizzarri abitanti di questa terra, in primis il sedicente epistemologo Gallimauf.
Gallimauf trova la scimmia alquanto interessante e dopo averci pensato sù un pochetto decide che non può che trattarsi d’un francese. L’epistemologo, al pari di tutti i cittadini di Iffe, non ha mai visto una scimmia. Il modo di fare libero e grottesco dell’animale a lui sconosciuto lo conduce alla sconclusionata conclusione che si trova di fronte a un francese. Convinto di ciò, per gli abitanti di Iffe Maria diventa il francese punto e basta.
Maria, o il francese che dir si voglia, fa presto la conoscenza anche di Vera la Pazza. La poverina è una donna che ha perso i figli e che gli abitanti di Iffe hanno dichiarato indemoniata. Vera prende con sé la scimmietta, la stringe al petto proprio come se fosse uno dei suoi figli, morti e sepolti sottoterra, che gli uomini di Iffe le hanno ucciso. Perché l’hanno fatto è semplice: ogni villaggio che si rispetti ha bisogno d’un elemento folcloristico e questo triste ruolo è toccato a Vera, che alla fine, per il dolore, impazzisce sul serio.
Il francese ha indosso una giacchetta e poco altro, ovvero dei ninnoli d’oro; la deduzione che presto viene avanzata è che dev’essere ricco, molto ricco. Il mercante Hogg, che ha una figlia da maritare, non perde l’occasione, il francese (Maria la scimmia) infatti potrebbe essere un ottimo partito per sua figlia Cordelia. Il francese gli viene descritto come un tipo eccentrico, come tutti i francesi del resto. Nessuno ha mai visto né un francese né una scimmia, così quando Maria viene presentata a Hogg e a sua figlia Cordelia nessuno mette in dubbio che si ha a che fare proprio con un francese in carne e ossa e pelo. Perché, ovviamente, i francesi sono tutti molto pelosi!

Christopher P. Wilson ne “Il vangelo della scimmia” mette in scena una satira dal sapore allegro e grottesco allo stesso tempo. Mescolando lo spirito satirico e accusatore del Candido voltariano, il mondo fantastico di Jonathan Swift e l’assurdità situazionistica di Frank Kafka, C. P. Wilson ci introduce in un microcosmo gretto avaro e assassino, un microcosmo che non è poi troppo diverso dalla società al di là dei confini di Iffe. La piccola isola di Iffe è un mondo a sé, eppure cova alla luce del sole tutti i difetti e i mortali pregiudizi che ahinoi sono la forza reggente di quell’Atlante che sorreggerebbe il mondo tutto.
Christopher P. Wilson dà anima e corpo a un novello Candido voltariano incarnandolo in una scimmia, che solo ama stare sopra agli alberi e mostrare il deretano perché la libertà per lei non può essere niente di diverso dall’istinto animale, dalla sincerità d’un ghigno alle domande che gli vengono poste. Dissacrante e fantastico, Christopher P. Wilson è meglio di Chuck Palahniuk e Neil Gaiman, leggere per credere.

Il vangelo della scimmia – Christopher P. Wilson – Traduttore: L. Cojazzi – ISBN: 9788882371913 – Meridiano Zero – collana primo parallelo – prima edizione italiana 2011 – pagine 160 – prezzo 13,00


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