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Il vaso di Pandora: scoperchiamo i mali della Serie A

Creato il 28 gennaio 2015 da Tifoso Bilanciato @TifBilanciato
"Quando fai così... sei odioso!"
(Cit. mia mamma, mia moglie ed in genere tutti quelli che mi conoscono abbastanza)

Il pezzo che segue è stato "stimolato" (a suo rischio e pericolo) dall'amico Diego Tarì di Tifoso Bilanciato, che ha scoperchiato il mio personale vaso di Pandora col pezzo "I diritti televisivi strumento per cristallizzare la Serie A, a danno dei meriti sportivi?".

Sappiate che quel pezzo ha solo sollevato il coperchio; poi è uscito un po' di tutto, ma niente di buono, di giusto o di "politicamente corretto".

Nel pezzo di Diego si parla di criteri di ripartizione dei diritti TV, del merito sportivo (individuato col piazzamento finale in classifica), si critica il criterio oggi in vigore che non lo premierebbe (ed effettivamente non lo premia) e si confronta il modello italiano con quelli esteri. Insomma, tanta roba. Leggetelo, e poi tornate qui.

Fatto? Bene.

Cominciamo dal confronto tra i vari modelli.

Ad un'estremità c'è il modello inglese: il 70% dei ricavi televisivi viene distribuito in parti uguali ( e qui, il merito scarseggia; a meno che "dare a tutti in parti uguali" -o addirittura "dare a tutti secondo i propri bisogni"- sia improvvisamente diventato un criterio meritocratico), il 15% sulla base dei passaggi televisivi (niente merito neanche qui) e finalmente un 15% sulla base del piazzamento dell'anno in corso. In sostanza solo il 15% di questa risorsa viene distribuito secondo il merito sportivo. 85%-15%

Poi la Francia: 50% parti uguali, 20% passaggi TV, 25%+5% sulla base del piazzamento. 70%-30%

Poi la Germania: 11% piazzamenti in Europa, 89% piazzamenti in Bundesliga. 0%-100%

Infine l'Italia: 40% uguali, 30% bacino d'utenza, 30% piazzamenti (storici, quinquennio, in corso). 70%-30%, come la Francia.

Manca ad onor del vero la Spagna, ma lì ciascuno riceve esattamente le risorse che è in grado di produrre: il 100% delle risorse viene "ripartito" sulla base della propria capacità di produrle. Barcellona e Real Madrid producono tanta ricchezza per il sistema e ne trattengono tanta, tutte le altre ne producono poca e ne ricevono poca. Quota ripartita secondo il merito sportivo/piazzamento in classifica? 0%

In sostanza, ciascuno riceve esattamente secondo le proprie capacità produttive: non è "100% meritocratico"? Saper produrre ricchezza non è un merito? E spendere quella prodotta da altri per vincere gli scudetti cos'è? È merito?

Continuando nel confronto dei vari sistemi si nota che quello meno meritocratico è quello inglese, che ripartisce l'85% delle risorse televisive in parti uguali, mentre all'opposto ci sono Spagna e Germania, che ripartiscono il 100% di quei ricavi sulla base di due criteri meritocratici: la Spagna sulla base di un criterio economico (la capacità di produrre ricchezza), la Germania sulla base di un criterio sportivo (il piazzamento in classifica).

Quale di questi ultimi due criteri meritocratici è più equo? Condivisibile? Funzionale? Etico? Metteteci voi l'aggettivo che volete? Non lo so, ma vi lascio questa riflessione.

Cominciamo col distinguere tra " capacità di produrre ricchezza" e " criterio con cui la ricchezza così prodotta è distribuita". Dal mio punto di vista, il criterio di ripartizione più "meritocratico" è quello che attribuisce a ciascun "produttore" di ricchezza una quota pari ESATTAMENTE a quella da lui prodotta: poco di più o poco di meno è iniquo, perché qualcun altro si appropria di una quota di ricchezza che non ha prodotto. "In parti uguali" è quanto di meno meritocratico possa esistere, a meno che tutti non contribuiscano esattamente in parti uguali a produrla.

Supponiamo che domattina le risorse televisive della serie A siano ripartite completamente in parti uguali: alla Juventus lo stesso importo del Chievo. Sarebbe meritocratico? Beh, il presupposto è che il Chievo e la Juventus siano in grado di generare la stessa quantità di ricchezza televisiva per il sistema. È così? Assolutamente no, e la prova l'abbiamo avuta con la Juventus in serie B. Quindi, la Juventus produce ricchezza e il Chievo se ne appropria. Equo? Meritocratico? No, è solo un metodo di distribuzione, che giova ad alcuni e danneggia altri. È un qualcosa che ha a che fare con la politica, la giustizia sociale, l'etica cristiana (meno con quella protestante/calvinista ad esempio), ma non certo con la meritocrazia.

Ma, mi si dice, se il Chievo arrivasse davanti alla Juventus in classifica, avrebbe meritato di più.

Certo, come no. Vinca il migliore ed il migliore sia premiato. All'oratorio forse, non nel calcio professionistico.

Fate un giro su Wikipedia.

Il Manchester United è da sempre il club più ricco d'Inghilterra. Ha vinto 13 dei 22 campionati disputati da quando esiste la Premier League (59%). Unico rivale l'Arsenal, secondo a ricchezza solo al Manchester United. Poi sono arrivati Abramovich e gli sceicchi del City e lo scudetto ha cambiato padrone. Perché sono bravi o perché hanno i soldi?

Real Madrid (39%) e Barcellona (26%) sono da un pezzo i club più ricchi di Spagna: insieme hanno vinto il 65% degli 83 campionati disputati.

Il Bayern Monaco è il corrispettivo tedesco della Juventus. Ha vinto 24 dei 52 campionati disputati (46%).

La Juventus, club più ricco d'Italia da sempre, ha vinto 32 degli 83 campionati disputati (39%); una percentuale di vittorie inferiore rispetto alle altre leghe solo perché i soldi dei Moratti padre/figlio e di Berlusconi hanno contribuito a distribuire le vittorie su tre squadre. Perché sono più "bravi" e quindi hanno meritato di più o perché hanno speso di più?

Come dicevo prima, nel mondo ideale è il merito sportivo a produrre ricchezza ma nella realtà è la ricchezza a produrre il merito sportivo. Da sempre eh, mica solo da quando esistono i diritti televisivi!

Confondere causa ed effetto è molto pericoloso. Confondere i concetti di "produzione di ricchezza" e "distribuzione della ricchezza prodotta" lo è anche di più. Vogliamo che anche il Chievo (o chi per esso, non me ne vogliano i tifosi di questa simpatica squadra se la cito sempre ad esempio) possa vincere lo scudetto? Va bene, basta prendere gran parte dei ricavi prodotti da altre società e darglieli, affinché possano comprare i giocatori per vincere. Volendo, possiamo direttamente penalizzare i competitors o addirittura eliminarli, così otterremo lo scopo con meno sforzo. Ma assegnare le risorse al Chievo affinché vinca lo scudetto riguarda la distribuzione delle risorse prodotte da altri, che se le vedrebbero ingiustamente sottratte, non la loro creazione.

A questo punto vi chiedo: se io sottraggo le risorse alle squadre che le hanno prodotte e le assegno ad una in particolare affinché sia questa a vincere lo scudetto, dov'è la meritocrazia?

E poi, diamo un occhio diverso al sistema più meritocratico: la Germania. Per chi ci ha fatto caso, sopra ho parlato di risorse TV e risorse in genere... Perché? Beh, perché c'è differenza. In tutti gli altri Paesi ed in Germania in particolare, i diritti TV sono solo una delle voci di ricavo delle società, ed è la voce minore. Bene, come viene divisa la totalità delle risorse in realtà? Semplice, ciascuno si tiene quelle che produce attraverso il merchandising, le sponsorizzazioni, lo stadio e così via. Provate ad aggregare il dato e vedrete che il grosso delle risorse è ripartito secondo il criterio meritocratico che " chi è bravo a produrle se le tiene". E chi è bravo a produrle le schiera in campo, generando merito sportivo. Come in Spagna e come in Inghilterra.

Ovunque a vincere sono sempre i soliti: quelli coi soldi. E nessuno, che io sappia, grida allo scandalo o al complotto; men che meno all'arbitro venduto.

A proposito di merito sportivo... Anche qui... Il Borussia Dortmund aveva costruito una discreta squadra, che è anche riuscita a vincere. Il Bayern Monaco l'ha smantellata pezzo per pezzo comprando i loro giocatori migliori, col risultato che il Bayern Monaco vince e il Borussia è precipitato agli ultimi posti della classifica. Questo, nel Paese con la distribuzione di risorse (presunta) più meritocratica, sarebbe "premiare il merito sportivo"? E non mi pare che i tifosi del Dortmund gridino allo scandalo, o sbaglio?

In Italia invece, siccome esiste un'incapacità diffusa nel produrre ricchezza, sono sempre molto frequenti i dibattiti sulla sua (re)distribuzione (o appropriazione?). Un criterio che "privilegi" i bisognosi a "danno" di altri per "finalità sociali" è certamente molto "democratico" (e mi può anche star bene), ma l'unico criterio che posso considerare "meritocratico" è quello che dà a ciascuno esattamente per quanto quel "ciascuno" è in grado di produrre.

Ora: chi produce ricchezza televisiva all'interno del "sistema calcio Serie A"? Perché qui casca l'asino. Andate a guardare i dati di spettatori televisivi pubblicati dal sito della Lega e vi farete subito un'idea su "chi" produce ricchezza televisiva. Non avrete bisogno di aggregare i dati in sofisticate statistiche: già intuitivamente scoprirete che il 70% delle squadre di serie A non produce un bel nulla: sono semplicemente delle comparse e come tale andrebbero "giustamente" remunerate.

Senza di loro non si fa il campionato dite? Giusto. Ma vi chiedo: senza comparse, si fa un film? Certo che no, ma a nessuno è mai venuto in mente di sostenere che il loro compenso debba essere sottratto dal cachet di De Niro o Stallone, né alcuno ha mai sostenuto la bizzarra idea che le comparse abbiano diritto al giusto spazio all'interno del film, affinché possano mettersi in mostra tanto quanto la star e vincere l'Oscar. È "equo"? È "giusto"? Non saprei, ma tanto nessun produttore cinematografico accetterebbe mai, perché sa che sono le grandi star a riempire le sale e generare ricchezza, non le comparse. E pazienza se queste non diventeranno famose e non concorreranno per l'Oscar del cinema.

Ed in serie A sono poche le squadre che con la loro presenza riempiono gli stadi o costringono i tifosi davanti allo schermo televisivo: le star.

Perché la questione è tutta qui: il calcio è "una finalità sociale" o "un'intrapresa economica"? È principalmente uno sport o piuttosto un business dello spettacolo? Se è solo uno sport, tutti devono gareggiare ad armi pari (stesse risorse in partenza) e vinca il più bravo (dove per "più bravo" si intende quello che meglio riesce a tradurre in punti le risorse a disposizione; e lo premiamo con lo scudetto, non coi soldi), ma se è un business, lo "scopo" del sistema, la finalità della Lega, dovrebbe essere produrre profitti, non far vincere un po' tutti.

Pertanto, chiediamoci pure che cos'è oggi il calcio; però sappiate che "conta poco quello che noi vorremmo fosse": il calcio, nel resto del mondo, è business dello spettacolo.

Infine, anche ammesso di voler adottare l'amorevole criterio che ripartisce le risorse in parti uguali, affinché tutti possano concorrere alla vittoria finale, sarebbe fattibile?

Cioè, mi chiedete se è fattibile o utile replicare il sistema comunista nel calcio? Vedete voi.

Una soluzione del genere comunque sarebbe forse possibile in un campionato dilettanti; certo non in uno professionistico dove le società sono "soggetti di diritto privato con finalità di lucro". La storia ci insegna:

La Premier League venne fondata il 27 maggio 1992 dopo che le 22 squadre della vecchia First Division, la massima serie inglese dal 1888, si dimisero in blocco dalla Football League. Alla base dello scisma ci fu la volontà da parte dei maggiori club inglesi di poter contrattare singolarmente i propri diritti televisivi e le relative sponsorizzazioni, senza doverlo fare in blocco attraverso la Football Association e la Football League.

(Fonte: Wikipedia).

Chiaro no? Nessuno accetta di partecipare ad un sistema che gli sottrae arbitrariamente le risorse per darle ad altri: ciò che produco mi spetta di diritto e sono disposto a condividerlo solo per la parte indispensabile e solo se dalla condivisione ne ricavo un utile. Giusto? Sbagliato? Etico? Boh. Avete presente le tasse? Ecco, quello. Ma non ho mai sentito definirle "meritocratiche".

Un'altra convinzione comune, alimentata e ripresa spesso anche dai diversi organi sportivi, è che l'alternanza di vincitori farebbe bene al sistema: "Non esiste una Federazione che possa trarre giovamento dal dominio di una sola squadra per molti anni, la gente si allontana" (cit. Petrucci, a lungo Presidente del CONI, commissario straordinario della FIGC e attuale presidente della Federazione Italiana Pallacanestro). È un'opinione, per carità, ma l'evidenza dei fatti la smentisce. L'Italia e la Spagna, che sono i Paesi che hanno avuto la più alta rotazione di vincitori (Juventus e Real Madrid, che sono quelle che hanno vinto di più, si sono aggiudicate solo il 39% dei campionati), sono distanti anni luce da Premier League e Bundesliga, che hanno invece la massima concentrazione di vittorie in una sola squadra: Bayern Monaco (46%) e Manchester United (59%). Addirittura, nei fatti potrebbe sembrare che la Premier abbia tratto giovamento dal predominio del Manchester United. Allora, come la mettiamo?

In verità, non credo ci sia nessuna correlazione particolare tra questi fattori, e vi spiego perché.

Torniamo all'esempio del film. Cosa spinge la gente ad andare al cinema e pagare il biglietto? Cinema confortevoli, facilità di raggiungerli, trama avvincente, pubblicità, grandi attori; insomma, cose così. Stadi confortevoli, facilmente accessibili, una buona pubblicità, grandi campioni, orari e date favorevoli... insomma, tutto quello che manca alla nostra serie A ed invece abbonda nella Premier e in Bundesliga. Dove il Bayern vince molto spesso. Perché al cinema vado lo stesso se il film è bello, anche se so che finirà male. Anche se sospetto già quale sarà il finale. "Romeo e Giulietta" è stato visto da milioni di persone milioni di volte (non il film con Di Caprio; la commedia teatrale ndr): chiunque conosce la trama, il finale e scommetto che a molti piacerebbe tanto che quei due coronassero il loro sogno d'amore, invece di morire tragicamente. E però, se lo ripropongono a teatro con gli attori giusti e l'adeguata pubblicità, fanno il pienone di incassi.

Così, in Premier giocano nel periodo natalizio, quando la gente ha tempo libero e tredicesime in tasca, mentre noi guardiamo i cinepanettoni; così, in Premier non trasmettono tutte le partite in televisione, perché se le vedo comodamente a casa mia seduto sul divano, al cinema ci vado solo per i grandi eventi; così, i biglietti me li compro con un click via internet e quando arrivo allo stadio mi accolgono cordialmente e mi indicano la mia poltroncina; così, per andarci scelgo il mezzo di trasporto che più mi aggrada e se mi va, faccio pure una passeggiata per ammirare lo stadio; così, i miei figli li porto al cinema senza alcun timore per la loro incolumità, ma non li ho ancora portati allo stadio; se voglio promuovere il mio prodotto all'estero, non trasmetto Chievo-Sassuolo in prima serata e Juventus-Milan quando da loro è notte fonda; i manti dei terreni di gioco sono tavole da biliardo, perché giocare su un campo di patate nuoce alla qualità del prodotto; la tutela del marchio è presa molto seriamente, non come una rassegnata dichiarazione d'intenti; in Italia, se Balotelli fa un tweet sconveniente ne discutiamo, mentre in Inghilterra gli affibbiano una pesante multa ed una giornata di squalifica; ai giocatori non è permesso insultare e litigare coi tifosi, perché non è bello fare il dito medio (o il gesto di "sucare", è lo stesso) al tuo cliente e poi pensare che questo compri il tuo prodotto; se per caso qualcuno si fa sfuggire una battuta razzista, viene pesantemente sanzionato, perché tra i "clienti/tifosi" c'è chi si offende per queste cose e perché anche i neri (o chi per essi) sono clienti/tifosi paganti. Perché pensate che il "filantropo" Blatter tenga così tanto alla campagna contro il razzismo? Perché ha il cuore puro? Si, certo, come no.

Negli USA, se un qualsiasi giornalista si permette di adombrare brogli su una gara senza avere in mano prove inattaccabili, la Lega lo cita istantaneamente per danni; lui in solido con l'editore (la Lega eh, non la squadra offesa!). Nessuno si deve permettere di dire impunemente che il campionato è falsato, perché non è facile vendere a caro prezzo un prodotto unanimemente definito tarocco! Men che meno si deve permettere di farlo un giocatore, un allenatore, un dirigente o un qualsiasi tesserato, che sono attori protagonisti!!! Ve lo immaginate un bel film documentario sugli animali feroci, con l'autore che per promuoverlo dice: "Ho girato tutto allo zoo di Milano e gli sfondi sono fatti al computer"? Ve lo immaginate lo chef di grido che promuove il suo ristorante dicendo: "uso prodotti surgelati comprati all'Esselunga"? Ve lo immaginate il "vu' cumprà" sulle spiagge della riviera che cerca di vendere una borsa a 1.000 euro spacciandola per vera, e ci riesce? Ecco, perché in Italia si fa esattamente questo con la Serie A.

Torniamo adesso alla nostra ripartizione delle risorse. Supponiamo che domani mattina i 980 milioni siano ripartiti in parti uguali: 38 ml a testa. Di colpo, il bilancio della Juventus si ridurrebbe di 50/60 milioni: soldi che andrebbero ripartiti tra Chievo, Empoli, Sassuolo, Parma etc. Risultato: la Juventus dovrebbe "tagliare i costi", che in concreto significa vendere Pogba e Vidal e Tevez. E così dovrebbero fare tutte le squadre col fatturato più alto. Di colpo, i dirigenti di queste società sarebbero molto meno bravi, perché farebbero molta più fatica a vincere. E come diventerebbero bravi gli altri!

Se il criterio per giudicare la bontà di una gestione è il risultato sportivo... Che bravo Moratti! Solo a lui è riuscito il triplete! E fa niente se ha sfondato i bilanci della sua società per i prossimi dieci anni e per i 10 anni appena trascorsi!

In effetti, solo in Italia si può pensare di incensare una persona che ha distrutto ricchezza privata e quella delle sue aziende solo per vincere uno scudetto; solo per gloria personale. Nel resto del mondo si incensano le persone che riescono a creare ricchezza e benessere per sé e per il sistema, non il contrario. Gli altri li chiamano "filantropi", ma si occupano di chi ha veramente bisogno ...

Ma non divaghiamo (ammesso di stare divagando) e torniamo ai calciatori. I giocatori ceduti dalle grandi squadre andrebbero in altre squadre italiane? Certo che no; andrebbero all'estero, col risultato che la Serie A perderebbe altri bravi attori. Potremmo fare lo stesso il film? Certo che si, ma "Rambo" con Alvaro Vitali al posto di Stallone non sarebbe lo stesso film. E non farebbe gli stessi incassi. Esistono (o sarebbe meglio dire: esistevano?) anche quelli a basso costo, senza stelle e con scarsi/nulli effetti speciali: si chiama(va)no B-movie... A tal proposito, la Serie B è incertissima ed ha una grandissima rotazione di vincitori, eppure l'anno di gloria l'ha vissuto nell'unica stagione in cui il vincitore era scontatissimo. Per dire eh.

Se pensate che la mia sia solo una boutade, pensate alla Spagna: per attirare i grandi giocatori hanno sfruttato una legge creata per il ben più nobile fine di "importare i cervelli" (arti e scienze); in questo modo hanno fatto risparmiare ai club un sacco di soldi di tasse sugli ingaggi, consentendo loro di tesserare i grandi fuoriclasse ed assicurandogli un vantaggio competitivo nei confronti delle altre leghe. Perché veder giocare Zidane non è come veder giocare Materazzi.

Come fanno le leghe nascenti a promuovere il prodotto calcio nel Paese? Cercano disperatamente di tesserare grandi giocatori, anche se imbolsiti ed a fine carriera, perché quel che conta è lo spettacolo, non il risultato della partita; ed un grande attore garantisce sempre il giusto richiamo di pubblico. Oggi noi le consideriamo il cimitero degli elefanti, ma queste leghe intanto investono e crescono e quanto prima le ritroveremo a farci concorrenza...

Un meccanismo come quello sopra descritto (in parti uguali ndr) potrebbe forse funzionare solo se la Serie A fosse un "sistema chiuso", ossia se non subisse la concorrenza dall'esterno (come la NBA ad esempio); in verità in questo momento la concorrenza non è tra club italiani, ma tra la Serie A e gli altri campionati, e l'arena è il mondo. Così, gli altri ci sottraggono calciatori e risorse, e noi dovremmo pensare a valorizzare e promuovere i nostri alfieri, invece di preoccuparci che il Chievo non vincerà mai lo scudetto.

Perché tra un po' qualche società comincerà a chiedersi se vale la pena tirarsi dietro tutte queste palle al piede (è già successo: avete presente la mutualità con la serie B? Ecco, quello) che nulla aggiungono al sistema, e potrebbero concludere che sarebbe più profittevole aggregarsi ad altri tornei, dove potrebbe fare molti più profitti. E pazienza se sarà più difficile vincere. Ovviamente di là sarebbero ben lieti di sottrarre De Niro al film concorrente per averlo nel proprio, e " shit happens " se dovranno spedire in B la comparsa di turno.

Sempre in tema di competizione tra sistemi, ci sarebbe poi la "irrilevante" questione del ranking UEFA. Squadre più deboli vuol dire perdere posti in Europa, e questo vuol dire a sua volta avere minor accesso a quelle risorse. Risorse che vengono sottratte al sistema nel suo complesso, non solo a chi non ci va.

È molto bello che Chievo e Udinese si qualifichino per la Champions League (avete presente Davide e Golia? Ecco, è molto formativo e rassicurante sapere che Davide possa battere Golia, ma se dovessimo andare noi in guerra, ci porteremmo sempre Golia! Magari dotandolo di elmo, altro che), solo che se poi non gli importa di andare avanti nella competizione (neanche di qualificarsi a dire il vero), o semplicemente non ce la fanno, tutto il sistema viene danneggiato. Ma in Italia siamo maestri in questo. Avete presente Calciopoli? Ecco, quello.

In quale Paese "normale" l'operato qui sopra descritto riceverebbe un plauso?

Lo vogliamo lasciare fuori il capitolo Calciopoli? Certo che no. Calciopoli è stata, per il sistema calcio Serie A, uno degli esempi meglio riusciti di autolesionismo allo stato puro. Perché? Ve lo spiego subito; ma siccome la possibilità di discutere serenamente su questo argomento è irrimediabilmente compromessa dal "fattore tifo", vi faccio un esempio che non ha nulla a che fare con lo sport, così ci capiamo meglio.

Supponiamo per ipotesi che un dirigente della Coca Cola Company si sia macchiato di un presunto reato contro la libera concorrenza. A dirimere la questione viene nominato un dirigente della Pepsi S.P.A., il quale, frettolosamente e sulla base di prove di parte (la tesi dell'accusa, non dimentichiamolo), affossa la Coca Cola Company, con grave danno ai bilanci dello Stato e pesanti ricadute occupazionali. E grandi benefici alla Pepsi S.P.A., che a seguito delle decisioni prese dal commissario, acquisisce una posizione dominante nel mercato di riferimento. E si, perché già che c'era, il commissario plenipotenziario ha rifilato pure una bottarella agli altri concorrenti, tipo Campari e Sanpellegrino, giusto per star sicuri. Ed i dirigenti coinvolti, tranne il classico capro espiatorio, rimangono tutti al loro posto. Benefici per il sistema? ZERO. Danni collaterali? INCALCOLABILI. E poi si scopre pure che forse non era stato fatto tutto per il meglio e che anche la Pepsy S.p.A. poteva avere qualche scheletro nell'armadio, come gli altri suoi concorrenti.

Bene, adesso riportiamo tutto pari pari alla nostra serie A e scopriremo che in Italia è successo proprio così.

Allora, scoppia uno scandalo in cui (pare) certi dirigenti intrallazzano con gli arbitri. In un paese normale, la Federazione farebbe di tutto per espellere questi dirigenti dal sistema e salvaguardare le squadre, che sono il vero valore aggiunto. In Italia, col plauso delle folle urlanti "Barabba Barabba", si penalizzano le squadre e si salvano i dirigenti. Condannati (tra gli altri): Moggi, Galliani, Lotito, Della Valle; puniti: la Juventus, il Milan, la Fiorentina, la Lazio. Danni al sistema: incalcolabili. Ed i dirigenti sono ancora tutti (o quasi) lì. L'inizio del declino è stato uccidere la gallina dalla uova d'oro e bollare come "tarocca" la Serie A.

(Mentre scrivo, mi dicono che sulla Gazzetta dello Sport è apparso un articolo che colloca dieci anni or sono circa l'inizio del declino della Seria A e cita calciopoli come una delle cause: firmato Marco Iaria. Strano che uno bravo e preparato come lui si sia fatto quest'idea...).

Ovviamente Galliani e Lotito sono stati puniti offrendo loro importanti incarichi decisori all'interno della Lega, mentre il sistema riportava danni economici incalcolabili e la squadra per cui tifa(va) il commissario straordinario faceva incetta di titoli sportivi, come mai prima di allora nella sua storia.

"Giuste" o "sbagliate" che fossero le decisioni di Guido Rossi, col senno di poi il risultato è stato "danni per tutti e benefici per uno".

E, tranne rarissime eccezioni, ancora oggi, tutti i giornalisti ad applaudire.

Che dite? Non sono obbiettivi perché son tifosi? E neanch'io sono obbiettivo perché son tifoso? Possibile. Probabile. Anzi, sicuro! Ma anche Guido Rossi era tifoso: per lui non vale?

In effetti, per gestire al meglio queste cose servirebbero dei manager capaci, super partes ed emotivamente non coinvolti, non certo dei tifosi viscerali, di parte, ancorché presuntivamente capaci: infatti a gestire la questione è stato messo un commissario plenipotenziario straordinario, tifoso dichiarato, esacerbato da anni di sconfitte, membro (o ex membro) del C.D.A. di Inter e Telecom. Cosa ci aspettavamo? Equità, giustizia e lungimiranza? Possiamo veramente stupirci dei danni incalcolabili prodotti al sistema?

Ma non c'era proprio nessun altro?!? Perché per forza lui?

È come se adesso, a gestire una revisione di Calciopoli (e farebbe molto bene al sistema, eccome se sarebbe utile al nostro calcio una bella campagna riabilitativa agli occhi del mondo!!!!), mettessero un tifoso juventino; ma non uno qualsiasi, magari uno bello rancoroso, meglio se esacerbato da anni di morale subita a sproposito.

Io uno molto capace l'avrei in mente: che ne dite di Sergio Marchionne? Capace mi sembra abbastanza capace... Come la vedete? Garantirebbe imparzialità e serenità di giudizio? Tutelerebbe il sistema calcio o avrebbe un occhio di riguardo per la Juventus? E comunque: ce lo vorreste?

Va beh, ma uno dice: era la prima volta, si son fatti degli errori. E il Genoa? Rammentate? Preziosi fu sorpreso con 250 milioni di lire in contanti dentro una valigetta, che gli servivano per comprarsi la partita valida per la promozione: risultato, Genoa retrocesso in C e Preziosi ne è tuttora il Presidente e legale rappresentante. Anche in quel caso, rammentate la vicenda processuale? Ricordate i bigliettini ritrovati nel cestino, gettati dai giudici, scritti da chi e per chi non si sa, su cui c'era vergata la sentenza prima ancora che iniziasse il dibattimento? E la radiazione di Preziosi, revocata dalla giustizia sportiva a seguito di accordo segreto tra le parti? Sempre tutto per il meglio.

E poi si sono ripetuti con scommessopoli: società penalizzate, alcune retrocesse e calciatori puniti con un buffetto. Molti, rei confessi di aver preso soldi per combinare le partite, sono già tornati a giocare. Questo si che porta benefici all'immagine della Serie A!!!

Domanda: il problema delle scommesse esiste solo in Italia? Certo che no. Solo che all'estero si procede con circospezione, lontano dal clamore mediatico; si puniscono i singoli espellendoli dal sistema e si salvaguardano le società e si preserva il business.

Ma voi li immaginate all'estero i giornalisti che lodano l'operato degli omologhi di Palazzi, Auricchio, Narducci o Di Martino? Di uno che (si dice) "convoca" i giornalisti davanti al ritiro della Nazionale, alla vigilia del Mondiale, per compiere un'inutile perquisizione? Cosa sperava, che Criscito si portasse nell'armadietto a Coverciano le prove di presunti brogli avvenuti anni prima? Cercava prove o cercava un po' di pubblicità alla sua inchiesta? Chiedo: quale delle due secondo voi? Di sicuro, la seconda l'ha trovata, mentre le prime no. E intanto, col benestare e il plauso dei giornalisti, Criscito ha perso l'ultima occasione della carriera per giocarsi il mondiale. Con immani danni d'immagine e di reputazione, per cosa? Per fare pubblicità gratis ad un'inchiesta fumosa?

A distanza di anni non solo non ci sono le condanne, ma neanche è iniziato il processo...

Meglio è andata a Bonucci, che al Mondiale c'è andato nonostante le accuse (e "meno male" direi!!!!). Perché lui sì e Criscito no? Beh, perché nel ruolo di centrale difensivo la Nazionale era carente, mica per altro. Mentre un sostituto di Criscito lo si trovava più facilmente. Così, uno sacrificato sull'altare del perbenismo e l'altro graziato dalla machiavellica necessità. In mezzo a tutto questo, danni d'immagine e reputazionali incalcolabili.

Ahhh che goduria le solite fughe di notizie, che fanno tanto bene ai giornali e agli inquirenti e tanto male al sistema calcio!

Scena già vista nel 2006 per altro, quando da Napoli, dalle stanze del Team Auricchio, "sfuggirono" interi faldoni "secretati", finiti a Repubblica e L'Espresso. E la Lega o il CONI che non hanno mai nulla da dire o da fare... Si, perché gli errori si ripetono, ma il loro immobilismo è degno delle vittime di Medusa: eterno!!!

Dopo quanto successo in effetti, la Lega dovrebbe urlare sdegnata e la Federazione ed il CONI fare pressioni per avere la testa dell'incauto magistrato (si chiama lobbying, e da noi a parlarne sembra di bestemmiare in Chiesa, mentre all'estero è normale, trasparente, avviene tutto alla luce del sole e senza che nessuno si strappi le vesti): invece nulla; anzi, gli applausi si sprecano.

All'estero tutto il contrario: fuori i colpevoli ma intatte le società. Perché è giusto così? Non lo so, e neanche mi permetto di giudicare; ma certamente salvaguarda il business.

D'altronde, non mi aspetto niente di meglio né di diverso da questa Lega. Ribadisco: "casualmente", all'estero a dirigere la quarta industria del paese mettono dei manager preparati che ragionano con la testa, non dei tifosi che agiscono con la pancia. O peggio, in conflitto d'interesse o per fini personali. Dove pensate che consentirebbero a Galliani di trattare con Infront e Mediaset i diritti televisivi per la Lega?

Persone degnissime per carità, anche molto capaci (forse pure troppo probabilmente), solo che non si mette la volpe a guardia del pollaio, neanche se questa giurasse di tutelare le galline! All'estero i conflitti d'interesse li prendono molto sul serio. Da noi, le regole le fanno gli stessi che poi ne trarranno benefici.

Perché parliamoci chiaro, se guardate la composizione del consiglio di Lega e poi guardate come hanno deciso di ripartire la fetta più grande della torta (i diritti TV appunto), scoprirete subito chi ne ha beneficiato, come, quando e perché. Alla faccia dei criteri meritocratici. Se nel 2010 introduci come criterio "il piazzamento in classifica degli ultimi 5 anni", chi pensavi ne traesse sommo beneficio? Ancora: se introduci il criterio "popolazione residente nel comune", non è che volevi premiare le due città più popolose d'Italia? E la differenziazione tra "tifoso" e "sostenitore"? Perché la domanda nei sondaggi non è stata semplicemente: "per chi fa il tifo"? Beh, perché un palermitano che fa il tifo per la Juventus, come seconda squadra "sosterrà" probabilmente quella della sua città, o no? Poi ci sarebbero i "risultati storici"; ma non "tutti", solo quelli dalla stagione 1946/47 in avanti. Guardate l'albo d'oro della serie A e scoprirete che molte squadre che oggi hanno una certa rilevanza all'interno della Lega, prima della Guerra non avevano messo insieme manco mezzo titolo sportivo. Forse neanche militavano nella massima serie.

Questi sarebbero criteri meritocratici? Più che una "distribuzione" sulla base di un "criterio meritocratico", a me sembra "un'appropriazione" sulla base del criterio "adesso comando io e cerco di arraffare il più possibile".

Però questo criterio di spartizione del bottino è istruttivo comunque: dimostra chiaramente quali fossero i rapporti di forza all'interno della Lega in quel momento.

Concludo. Visto che si cita sempre la Premier quale modello da imitare, sapete come suddividono la parte di proventi che non distribuiscono in parti uguali? Sulla base dei passaggi televisivi: più ne fai, più incassi.

Effettivamente, siccome parliamo di diritti TV, si è "stranamente" scelto un criterio che ha attinenza con quello di cui si sta trattando. Equo, trasparente, democratico. È anche meritocratico? Beh, dipende da come si affronta la questione. Io dico di si. Chi produce ricchezza televisiva in termini di ascolti e di share, intasca i soldi. C'è merito sportivo in questo? Certo che no. Ma è un criterio certamente più equo rispetto a stupidaggini tipo "la popolazione residente", che al massimo potrebbe essere un criterio per decidere dove costruire uno stadio, o "i risultati sportivi del 1946/47", quando la televisione neanche esisteva. E si, perché in fondo di questo stiamo parlando: diritti televisivi di oggi!

Siccome però in pochi hanno idea di quali siano i dati di share e spettatori, vi informo che la Lega pubblica giornata per giornata i dati di ascolto: ecco qui a titolo di esempio la 19sima (e le altre sono uguali; verificate pure!).

Il vaso di Pandora: scoperchiamo i mali della Serie A

Ecco, vi siete fatti un'idea? La maggior parte delle partite mette insieme dati d'ascolto insufficienti perfino per una piccola rete televisiva a trasmissione locale! Di che parliamo?!? Certe squadre sono semplici "comparse", che nulla aggiungono o tolgono al sistema: che ci sia l'Ancona al posto del Cesena, il Brescia al posto dell'Empoli o il Livorno al posto del Chievo, mi dite cosa cambierebbe per le televisioni? Assolutamente ZERO.

Ecco, questo è il "merito" nei diritti televisivi.

E poi, ultimi ma non meno importanti, ci sarebbero i giornalisti sportivi. Ma si dai, non lo vogliamo estrarre dal vaso di pandora uno "spirito" per i giornalisti sportivi? Che dire, tecnicamente non fanno parte del sistema calcio, però ne sono la cassa di risonanza, il megafono, l'amplificatore, del meglio e del peggio. E nove volte su dieci scelgono il peggio. Lo fanno perché funzionale a vendere una copia in più? Beh, in tal caso mi pare che il crollo delle vendite dovrebbe indurli a cambiare sistema, ed i "giornalisti" lo farebbero pure; solo che molti sono "tifosi" prima ancora che giornalisti (molti sono tifosi e basta), ed i tifosi ragionano con la pancia, non con la testa (stessa cosa gli editori ed i direttori di testata. Molti, non tutti, certo: non generalizziamo troppo).

Così, Caressa ha l'occasione di intervistare Collina in esclusiva e la sua preoccupazione è di fargli dire che il gol di Bonucci sarebbe irregolare; così di Juventus-Roma, epica sfida scudetto, climax di un crescendo che dura da più di un anno, gara spettacolare con 3 rigori e ripetuti capovolgimenti di punteggio, 5 gol, conclusa e decisa da un gesto tecnico sublime a pochi minuti dal termine, cosa promuovono? Gli errori arbitrali. Talmente netti che quattro moviole fatte da quattro arbitri diversi riescono ad avere quattro opinioni diverse in merito. Stanno solo apparecchiando l'inferno per il ritorno, invece di promuovere una sana rivalità sportiva.

Ma questo è normale quando i giornalisti fanno i tifosi (o per meglio dire, quando i tifosi fanno i giornalisti) e si preoccupano di solleticare la pancia di altri tifosi. È giusto così? Boh, non lo so; quello che so è che un comportamento che non porta benefici a nessuno degli attori protagonisti lo posso solo definire "stupido". Ed è un loro diritto farlo, sia chiaro: ogni editore ha diritto di scegliere la linea editoriale che preferisce, così come ogni giornalista ha diritto di scrivere tutto quello che gli passa per la testa (dite che ci sarebbe un albo che detta delle regole deontologiche? Davvero? Non sembrerebbe...) e ne risponde ai lettori ed al suo caporedattore; ma la Lega? Non è ora che si desse la sveglia? Se per i giornali "fare scandalo" è funzionale a vendere più copie, per la Lega, che vantaggi porta subire illazioni e continui attacchi alla credibilità del sistema? Sarebbe ora che cominciasse a fare come in NBA, dove le stupidaggini sono sanzionate e le querele fioccano abbondanti e pesanti come una grandinata autunnale.

E poi ci sarebbe la "irrilevante" questione della regolarità del campionato: siamo sicuri sicuri che queste polemiche sistematiche, organizzate, premeditate ed amplificate da certi giornali (il Corriere dello Sport su tutti), non influenzino realmente gli arbitraggi, alterando dolosamente i rapporti di forza tra le diverse società concorrenti?

A tal proposito, qualche dato in merito già l'abbiamo, ma quello è solo l'antipasto, aspettatevi ben di peggio!

A tal proposito, se pensate che il mio sia solo uno sfogo nei confronti di uno o più giornali di cui non condivido minimamente la politica editoriale, vi faccio la seguente domanda. Quanto sarebbero serviti al sistema Serie A i soldi degli sceicchi (quelli veri) che si sono comprati City, Monaco, PSG, Chelsea e via dicendo?

Molto? Moltissimo? Come l'acqua nel deserto? Bene. Mi dite quale cerebroleso investirebbe i propri danari in una Serie A quotidianamente denigrata dai giornalisti, svilita dai suoi stessi attori protagonisti con atteggiamenti e parole, col rischio di essere insultati ed aggrediti in tribuna se la tua squadra vince per un errore che non hai commesso tu, con l'aspettativa che se vinci troppo diventi fastidioso (e certo, questi investono miliardi solo per partecipare...) ed un bel giorno potrebbero farti le scarpe a favore degli indigeni, tu, arabo, con un Presidente che ti bolla come "mangia datteri" (semicit.) e con l'aspettativa di non essere minimamente tutelato dalla giustizia sportiva? Soprattutto, lo faresti quando hai mille altre opportunità altrove?

Infatti hanno portato i loro soldi ed i loro ricchissimi contratti di sponsorizzazione altrove. E altrove li hanno accolti a braccia aperte, loro e gli sponsor. Mentre hanno fatto molta più fatica ad accogliere Cellino, che al seguito non porta nulla se non una reputazione chiacchierata. In Serie A non si sa neanche chi ha comprato il Parma: altro che reputazione. E gli altri "sceicchi" di soldi non ne hanno messi, se non quelli strettamente indispensabili per non far fallire del tutto il loro investimento. Ed in cambio del loro scarso investimento potrebbero volere tanto dal Paese, in termini di speculazione edilizia e cementificazione. Bell'affare che facciamo. Ed in Parlamento si preoccupano di fare interrogazioni sui rigori della Juventus... Ah già, "parlamentari" o "tifosi"?

Ed a questo sistema si chiede di redistribuire le risorse secondo criteri "meritocratici"? Lasciamo stare; il massimo che potrebbero fare è sciacallare le risorse prodotte da altri, e far male pure quello!

Adesso, dopo aver ricordato che parliamo di economia e utilità per il sistema, mettiamo una pietra tombale sull'idea di distribuire le risorse sulla base del piazzamento finale in classifica.

Supponiamo che ciascuna società debba pianificare il proprio budget di spesa sulla base del risultato sportivo finale (che dite, in Italia già lo fanno? Ma certo che si! Guardate gli studi, il curriculum, i successi imprenditoriali e la fedina penale di molti presidenti della serie A e ditemi: vi potete aspettare competenza e managerialità od incapacità e approssimazione? Ed infatti il problema è se non vincono una partita, mica se fanno milioni di euro di passivo in bilancio!): ciò significa che ciascuna società si doterà delle risorse (i calciatori) sufficienti per poter arrivare al massimo obbiettivo ed avere così il massimo profitto. Nell'ipotetica situazione (molto "equa") in cui tutti possono ambire alle stesse risorse finali, tutti avrebbero convenienza a concorrere per lo scudetto, onde ottenere il massimo ricavo.

La concorrenza la si farebbe sui costi.

Grosso modo, visto che i risultati sono direttamente correlati ai soldi spesi, spenderebbero tutte uguale: il massimo possibile. Già, ma solo una vince e, grazie al primo posto, rientrerebbe dei soldi spesi: tutte le altre riporterebbero una perdita. Alcune leggera, altre pesante. Risultato: una fa profitti, tutte le altre perdite. Quelle che retrocedono addirittura falliscono e sono espulse dal sistema. Poi si riparte, ma una sola vince. Supponendo che a vincere sia una diversa da quella dell'anno prima, ci sarebbero due squadre coi bilanci (forse) in pari; tutte le altre dovrebbero ripianare le perdite. Insomma, ricavi per pochi e perdite per molti, ma scudetto al più meritevole. E quelle che retrocedono falliscono direttamente. E si, perché mica vorremo premiare le retrocesse dando loro risorse necessarie per non fallire!

Casualmente, in Inghilterra alle squadre retrocesse danno un sacco di soldi, così non solo non falliscono ma possono tenersi i giocatori e risalire prontamente in Premier, alterando di fatto il regolare svolgimento della competizione. Perché lo fanno? Perché il risultato sportivo è secondario a quello economico. Come dicevo, lo scopo del sistema è generare profitti e benessere, non far vincere un po' tutti.

"Costi fissi pluriennali certi" da un lato e "ricavi annuali fortemente variabili e aleatori" dall'altro: ma come può stare in piedi un sistema cosi? A chi potrebbe venire in mente di investirci i propri soldi? Solo ai mecenati un po' tonti, perché quelli svegli vanno dove sanno prima quanto gli costa il lussuoso giochino.

Tornando a noi, quanto potrebbe durare un sistema così "equo"? Solo fino a quando ricchi mecenati ripianano le inevitabili perdite. Parma, Napoli, Fiorentina... e Lazio, Inter, Roma... Ma non abbiamo imparato nulla? Rincorrere il risultato sportivo e non quello economico ha questi effetti. Ricordate l'ex campionato più bello del mondo? Quello delle "sette sorelle"? Ah, che bei tempi, quando presidenti adorati dalla stampa distruggevano aziende per il nobile fine di competere con lo strapotere economico della Juventus!!! Ricordate Tanzi e Cragnotti? Ed i bond Cirio e Parmalat? No? Perché la storia potrebbe ripetersi

Infatti, per evitare questa aberrazione, è stato introdotto il Fair Play Finanziario.

Quando è stato introdotto il FFP, mi sono molto stupito che non fosse osteggiato dalle grandi squadre europee; anzi, lo appoggiavano! Poi ho capito perché. Il FFP, imponendo di spendere solo sulla base dei ricavi, ha l'effetto di cristallizzare i rapporti di forza economici tra le varie società e quindi i risultati sportivi. Perché? Beh, se una società non può più indebitarsi per puntare a risultati sportivi più elevati, voilà, il gioco è fatto. A danno del merito sportivo? No, a danno dei conti in rosso. Perché che merito c'è nello sfondare un bilancio per vincere uno scudetto?

Pensate forse che all'estero non si siano posti il problema che a vincere sarebbero state (ancora di più che in passato!) sempre le solite? Certo, ma se ne sono bellamente fregati perché il sistema ha cominciato a produrre profitti, tanti profitti, come mai prima d'ora. Il livello della competizione si è solo spostato dal campo ai bilanci: ingegnatevi per aumentare i fatturati e vedrete che vincerete gli scudetti (che poi, probabilmente, alla maggior parte delle proprietà di queste squadre interessano i profitti, non gli scudetti; per cui, si ingegneranno per aumentare i primi, non i secondi!).

Aumentare i fatturati? Detto, fatto. Gli sceicchi di turno hanno aumentato i fatturati con ricche sponsorizzazioni e si sono così attrezzati per vincere gli scudetti. Conquistando un sacco di "merito sportivo". Ed io non ci trovo nulla di male. Ed anche la UEFA, inizialmente perplessa, dopo aver comminato loro sanzioni di facciata, sembra ben contenta di averli tra le loro fila; perché il problema si porrebbe solo se queste squadre facessero debiti. Ma siccome fanno utili e portano risorse a tutto il sistema... Così, Roma e Inter saranno monitorate (e sanzionate, giustamente) molto più attentamente di City e PSG, perché i loro bilanci fanno paura, e possono danneggiare il sistema calcio.

Ah, per concludere: non venite a dirmi che i fatturati si aumentano con le vittorie sportive, perché di questo non c'è nessuna evidenza. Squadre che non vincono nulla da anni vedono i loro fatturati raddoppiati (tutte le partecipanti alla Premier o alla Bundesliga, per dire), mentre squadre che in epoca moderna hanno vinto come mai nella loro storia (ad es. l'Inter), fatturano esattamente come 10 anni fa. Quindi il fattore della crescita va individuato altrove, o no?

Concludo con questa riflessione: in fondo, si tratta solo di guardare le cose da prospettive diverse.

Max Weber teorizzava (semplifico al massimo eh!) che nella società pre-capitalistica l'economia fosse intesa come " un mezzo per produrre risorse da impiegare per un fine non economico": quel fine era il potere politico e sociale, il mecenatismo, i consumi, l'ostentazione del lusso come misura del proprio status sociale, vincere gli scudetti. Nello spirito capitalistico invece queste cose sono del tutto secondarie: " l'economia è il mezzo per un fine strettamente economico: il profitto ". A seconda di quale metro di giudizio si usi, pertanto, un comportamento può essere lodato o ritenuto molto riprovevole. A seconda di come si approccia il problema, ci si può organizzare per generare profitti o vincere scudetti.

Solo in un paese come il nostro, con una radicata cultura del primo tipo, si possono incensare Presidenti che per conseguire il merito sportivo hanno sperperato una fortuna (o distrutto aziende).. Altrove, dove alberga una cultura diversa, ne avrebbero ben altra opinione. Altrove, i tifosi del Napoli riempirebbero il San Paolo, levando quotidiani "osanna" a De Laurentis. Invece, nonostante a livello economico (ed anche sportivo!) la società Napoli Calcio S.p.A. stia attraversando uno dei periodi più fulgidi della sua storia non solo recente, lo stadio è tristemente vuoto (e diroccato). Molto meglio quando c'era Ferlaino (e Moggi)!!! E " shit happens " se poi è andato tutto a rotoli, ma il merito sportivo è stato massimo!

Adesso vi chiedo: sarà un caso che campionati come quello inglese e tedesco, specchio di Paesi con una cultura molto diversa dalla nostra, nel momento stesso in cui il calcio è marcatamente diventato un business, siano diventati i "migliori" al mondo? Io dico di no.

Quindi, si tratta solo di capire dove vogliamo andare, quale modello sposare e decidere di conseguenza, merito o non merito.


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