Due occhi dello stesso colore del mare, una caparbietà e un coraggio fuori dal comune. Santiago, meglio conosciuto come il Vecchio, non ha paura di spingersi troppo in largo, non ascolta chi lo canzona. La fortuna è una ruota che gira e, anche se erano ottantaquattro giorni ormai che non prendeva un pesce e per tutti era ormai definitivamente salato, che è la peggior forma di sfortuna, lui non si arrende. Decide, così, di prendere il mare, da solo. Già, solo, perché il suo Manolin, il ragazzo che sin da bambino gli è stato accanto, si è trasferito su un’altra barca, ubbidendo ai suoi genitori.
Per quasi tutta la vicenda il lettore è accolto su quella barca a vela e segue con apprensione le vicende di questo pescatore che entra dritto nel cuore. Contro le aspettative di tutti il Vecchio riesce a far abboccare all’esca un grosso marlin, un pescespada che, secondo il “nostro” compagno di avventura, ha una nobiltà d’animo. Il pesce, infatti, lotta per la sua vita: è tranquillo, non si arrende facilmente. Prima di capitolare, infatti, trascina il Vecchio per tre giorni e per tre notti in mare aperto. Solo con se stesso, quel marilin diventa quasi un amico, ma lui è nato pescatore e non può lasciarselo scappare.
Attraverso un linguaggio semplice, ma impeccabile, e spesso arricchito da tecnicismi riguardanti la pesca, Santiago avrà modo ancora una volta di dimostrare il suo coraggio e la sua forza. È un uomo che non cede al primo ostacolo, che non dà credito alle dicerie della gente, credendo in se stesso fino all’ultimo, resistendo alle avversità e alla solitudine e che raggiungerà in un certo senso una grande vittoria. Un viaggio indimenticabile e irripetibile come l’impresa di riuscire a pescare un marlin di circa cinque metri e mezzo.
E ora, che sono scesa da questa barca, a me già manca, il mio Vecchio!
Simona Leo
Ernest Hemingway, Il vecchio e il mare, traduzione di Fernanda Pivano, Mondadori, euro 8,50.
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