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Il venditore di cocco

Da Andrea Venturotti

Ormai ci siamo. Che ci piaccia o no l’estate sta per arrivare. E allora? Che aspettiamo? Domenica ce ne andiamo tutti al mare!


IL VENDITORE DI COCCO

L’estate per me comincia sempre così: una domenica di caldo precoce, una irrequietezza potrei dire… marina, nostalgia di sale sulla pelle, granite e focacce. Annuso l’aria alla ricerca di tracce profumate di creme solari e alghe seccate sulla riva. Provo costumi, compro un numero esorbitante di parei, come se dovessi trasferirmi in un’isola della Polinesia. È evidente che è arrivato il momento del primo bagno. Non posso aspettare un minuto di più. In questa mia frenesia di inizio stagione convoco qualche amica fidata e mi dirigo verso Miseno, la spiaggia tipo dei primi bagni napoletani, che si può raggiungere dalla città in un tempo ragionevole. Se non fosse che si cammina a passo d’uomo, incastrati in una fiumana di auto tese tutte verso un’unica meta. Il mare.

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Il traffico ci innervosisce, ma quando finalmente arriviamo al parcheggio dello stabilimento balneare è già vacanza. Ci accolgono la sabbia che entra nelle scarpe e una anziana donna dal ruolo incerto forse parcheggiatrice forse contadina, forse commerciante. Ha delle ceste piene di prodotti locali. Pomodori, melanzane e peperoncini verdi. Io le chiedo di tenermene un po’ da parte, perché questa cosa di tornare a casa con una busta piena di ortaggi, che forse coltiva lei stessa (come spero) o forse vengono dal vicino supermercato (ma costano di più) mi fa impazzire. Anche le mie amiche si fanno tentare dalla presunta freschezza della merce. La donna forse parcheggiatrice, forse contadina, forse abile commerciante ci augura una buona giornata di mare e ci manda la sua benedizione. E allora! Che giornata di mare sia!
Arrivate sulla spiaggia cerchiamo di corrompere il bagnino per accaparrarci i lettini più  vicini alla riva, un privilegio riservati a pochi, una sorta di status symbol da spiaggia. Noi otteniamo una buona, decorosa seconda fila, soddisfacente considerando che non siamo frequentatrici abituali dello stabilimento. Dopo la battaglia del lettino non ci resta altro che cospargerci di creme solari e lasciare che il sole faccia il suo dovere. Le mie amiche si sdraiano e entrano nello stato comatoso da mare dal quale si riprenderanno solo al tramonto. Mi chiedo perché mai ci tenga tanto a andare al mare in compagnia, se poi mi ritrovo sempre da sola, mentre le mie amiche non danno segni di vita.
Ma io sono troppo presa dall’attività senza sosta della spiaggia per rimanere ferma a sonnecchiare. Mi alzo e me ne vado a passeggio sul bagnasciuga, coi piedi nell’acqua ancora troppo fredda. La riva è un vero e proprio bazar. Si vende e si compra di tutto, dagli infradito di gomma alle pietre dure provenienti (forse) dall’India, dagli animali di legno africani agli occhiali da sole identici (ma non proprio) agli originali. Tutto il piccolo commercio del sud del mondo sembra essere concentrato lì. Come sempre mi lascio sedurre dai set da spiaggia per bambini, secchiello, paletta, setaccio (il setaccio è fondamentale!). Ne vedo qualcuno veramente completo, provvisto di innaffiatoio, e di una betoniera panciuta per trasportare la sabbia. Mi dispiace solo di non avere più una figlia piccola a cui comprarli, anche se sarebbero stati soldi sprecati anche qualche anno fa, perché la figlia piccola in questione non rimaneva sulla spiaggia nemmeno un secondo, e si buttava subito in acqua, per uscirne solo molte ore dopo.
Ma questa è un’altra storia. La storia che vi voglio raccontare adesso è quella del giorno di inizio estate in cui ho incontrato  il venditore di cocco.
Cioè, su ogni spiaggia della costa tirrenica che si rispetti, ad ogni latitudine e in ogni decennio, ci si imbatte in un venditore di cocco, ma quello lì, credetemi, era davvero speciale. In apparenza, rispondeva a tutti i requisiti del venditore di cocco classico. Pantaloncini corti da mare, ciabatte di plastica, e canottiera azzurro-Napoli. Ma ben presto ho capito che quello era un venditore di cocco fuori dall’ordinario.
Esordisce con un richiamo tradizionale: Cocco! Cocco bello!, perché il cocco è sempre stato bello e sempre lo sarà, fin quando esisterà un granello di sabbia sulla riva dei nostri mari. Ma poi il giovanotto comincia una vera e propria performance.
Africa! Vitamine! Cocco! annuncia a gran voce.
Una strategia di marketing interessante, penso io. Un richiamo efficace, contemporaneo, che sottende una qualche sensibilità per il terzo mondo, e forse per un commercio equo e solidale. E cosa dire della strizzatina d’occhio al mito del benessere? L’interessante riferimento al mondo incantato degli integratori alimentari, delle vitamine che ci consentono di rimanere giovani e belli? Non ho idea di quali vitamine contenga il cocco, ma devo riconoscere che l’idea delle vitamine è geniale. Chi, di questi tempi, non vuole “vitaminizzarsi” un po’?
Ma il mio venditore di cocco ha ben altre frecce al suo arco.
Cocco! Cocco di mamma! Adesso si inventa, un po’ seguendo la linea della spiaggia familiare, un po’ sintetizzando i problemi sociologici che affliggono questo inizio millennio, i bamboccioni, i giovani che rimangono eternamente legati alla famiglia di origine. Io lo seguo, incantata, mentre i primi avventori si avvicinano al tradizionale secchio di plastica dove le fette di cocco galleggiano, tra i cubetti di ghiaccio. E lui non mi delude. Riprende a camminare e si esibisce in una rima baciata.
Con il sole e con il mare cocco bello fa abbronzare!
Anche poeta, mi dico. Ecco una mente fantasiosa e creativa, un fine conoscitore dell’animo umano, qui sulla spiaggia, accanto a me, in pantaloncini e ciabatte.
L’ultimo richiamo è un piccolo capolavoro, un raffinato calembour ricco di sottili implicazioni psicologiche.
Coccolatevi!
Lo ammiro, devo ammettere, lo ammiro.
Le mie amiche mi cercano da un pezzo. Vogliono andare a prendere il caffè freddo e sono irritate perché, come al solito, me ne sto per i fatti miei e non partecipo ai loro pettegolezzi da spiaggia. Ma se dormivano?
«No!» dicono loro seccate, «Non dormivamo, riflettevamo e poi ci siamo confrontate!»
In sogno, magari. Ma non è il caso di fare polemiche la prima giornata di mare della stagione.
«Tu invece, la solita asociale, dove ti eri cacciata?»
Dove mi ero cacciata? Ma come la spiego questa storia del venditore di cocco?
«Volevo solo camminare un po’ con i piedi nell’acqua, lo sapete che fa bene alla circolazione» rispondo con un’aria saccente.
«Non sai le chiacchiere che ti sei persa…»
Non sapete cosa vi siete perse voi.
Ritorniamo a casa con l’auto che profuma del basilico che la donna del parcheggio ci ha regalato.
Coccolatevi! Mi coccolerò. Ho per l’appunto uno splendido bagno schiuma al cocco che mi attende. Mi immergo nell’acqua calda e chiudo gli occhi. Immagino il mio venditore di cocco ancora in pantaloncini e ciabatte seduto alla scrivania che consulta chissà quali testi e prepara le frasi ad effetto per la prossima domenica di sole.

Rosalia “LadyMadonna” Catapano



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