Nella Carta di Firenze c’è un passaggio, questo passaggio:
Senza pretendere posti, senza rivendicare spazi, senza invocare protezioni. Senza chiedere ad altri ciò che dobbiamo prenderci da soli.
Il passaggio, sulla stampa nazionale (Corriere.it), è diventato così:
La mia interpretazione della Carta è “democratica”, nel senso della democrazia: i posti servono a rappresentare qualcuno, in democrazia. La cooptazione è la morte della democrazia, sotto questa prospettiva. Mi sembra di una semplicità disarmante, tanto quanto mi è sembrata semplice la Leopolda. Semplice, forse tanto semplice da risultare incomprensibile a chi non è abituato alla semplicità ma agli equilibrismi.
In treno, durante il ritorno, ho letto Salviamo l’Italia, di Paul Ginsborg. Lì dentro c’è tutta la Leopolda. Il “vento profondo”, “l’energia romantica” – citati da Pippo – che “accarezza e sospinge gli individui, come fece il romanticismo nella prima metà dell’Ottocento”.
Il romanticismo non è solo un movimento introspettivo ed emotivo, che procede dall’esperienza interna a quella esterna, ma si muove anche in senso inverso. In altre parole, l’interiorità fortemente arricchita, appassionata e inquieta, è alla costante ricerca di espressioni esterne degne di essa.
La Leopolda è stata bellissima. Anzi, romanticissima.