Lo scrivemmo a botta calda all’epoca dei fatti, già nel novembre 2011, e più tardi riprendendo le parole di Massimo Garavaglia (1). Contro il governo B. fu ordita una trama internazionale per costringerlo al dimissionamento. Fu vero golpe? Sì e no, diciamo qualcosa di meno ma anche qualcosa di più.
Fu qualcosa di meno perché B. venne minacciato direttamente e dopo aver avuto rassicurazioni “patrimoniali” e forse anche giudiziarie, si accomiatò di sua propria sponte, filando come un puledrino spaventato; fuga comprensibile per un quadrupede ma non per un uomo delle istituzioni in posizione eretta.
Del resto, era stato lo stesso Obama, avvicinato dal Cavaliere al G8 di Deauville in Francia, in maggio, a garantirgli, fuori protocollo, un salvacondotto: se caschi, caschi in piedi, disse il Capo della Casa Bianca al nostro Premier. Quindi, gli americani sapevano sin dall’inizio e, contrariamente a quello che dice Geithner, non si preoccuparono di non bagnarsi le mani di sangue insieme ai vertici Ue. Tutt’altro, costoro avevano in mente un tornaconto maggiore di quello che potesse venirne ai vari Merkel e Sarkozy. Gli Usa sono abituati a dirigere i giochi e non a farseli imporre da una banda di grigi burocrati del vecchio continente intenti a studiare misere macchinazioni da commercialisti.
B., dunque, ormai sapeva di essere accerchiato e di non poter contare nemmeno su suoi che erano stati associati al vile disegno, pronti a sferrargli una pugnalata alla schiena. Aver allevato nel suo grembo, nonché portato alla ribalta della politica e persino salvato dall’oblio dell’elettorato gente come Frattini, Alfano, Cicchitto, Schifani, Fini ecc. ecc., serpi in seno da morso improvviso, è stata una dimostrazione aggiuntiva della sua incapacità di saper leggere negli occhi della gente e di essere in grado di individuare le persone migliori per la gestione del Paese. Già questo è un tremendo delitto per un leader politico.
Insomma, B. se la diede a gambe tradendo gli elettori e abbandonando gli italiani al loro truce destino con una pavidità senza eguali. Un vero statista non si sarebbe mai piegato a tanta umiliazione solo per salvarsi il culo.
Il complotto fu però anche qualcosa di più di quanto detto perché tutta la classe dirigente italiana, da destra a sinistra, eterodiretta dall’ “ermo colle”, primo garante degli interessi statunitensi, venne coinvolta nell’infido piano senza che alcuno osasse non dico ribellarsi ma anche fiatare, al fine di denunciare siffatta violazione della nostra sovranità. Le conseguenze della diserzione generale le avremmo viste in seguito. Larghe intese a cui partecipò l’intero “arco costituzionale”, manovre lacrime e sangue sottoscritte da ogni partito, furti legalizzati dalle tasche dei connazionali, svendita dei beni nazionali e perdita di credibilità dello Stato ad ogni livello, eventi che portano la firma della maggioranza del Parlamento.
Il golpe è stato tale ma non a danno di B. bensì del popolo italiano.
Il percorso iniziato con Monti e proseguito con Letta è arrivato al clou con Renzi, al quale è stato affidato il compito di smobilitare e mettere sul mercato gli assets strategici di Stato. Dopo aver scippato i contribuenti con l’azione dell’orda tecnocratica si punta a svuotare l’industria pubblica per sottomettere definitivamente Roma a Washington, Berlino e Parigi.
Una faccia da bravo ragazzo sta facendo il palo mentre i ladri ci stanno ripulendo la casa.
1) «Monti viene fatto senatore a vita il 9 di novembre. Il 10 siamo in commissione bilancio a chiudere la finanziaria in commissione, e quello stesso giorno vengono a interrogarci gli ispettori della BCE – della Banca Centrale [Europea] – e di Bruxelles, perché eravamo sotto inchiesta.
E ci interrogano: il presidente Giorgetti della Camera [Ndr. Giancarlo Giorgetti - presidente della Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera dei Deputati], me, Azzolini [Ndr. Antonio Azzolini - presidente della Commissione Bilancio del Senato], il presidente e il vicepresidente delle due commissioni.
Ci fanno tutto il loro bell’interrogatorio, alla fine l’ultima domanda è: “ma voi sosterrete il governo Monti?” Mi g’ha disi [tr. io gli ho detto]: “ma, vedremo. C’è un governo in carica, se cade vedremo chi verrà nominato e decideremo.” “No, no, no. Verrà fatto il governo Monti. Voi lo sosterrete?” Al che ti girano un po’ i santissimi. Gli dico: “no, non funziona così. Noi siamo stati eletti in una maggioranza, se la maggioranza non sta più in piedi si va e si vota e il popolo decide chi governa.” “No, no, no. Non ci siam capiti. Se voi non sostenete il governo Monti, noi non compriamo i vostri titoli per due mesi, e voi andate in fallimento.”
Ok. Questo è giovedì 10 novembre. Venerdì noi chiudiamo la finanziaria al Senato, poi va alla Camera, e Stefano [Allasia] con gli altri la vedono la domenica, e lunedì viene incaricato Monti. Martedì è premier. Tutto bello semplice. Quindi questo discorsetto, che è stato fatto a noi, evidentemente è stato fatto anche ai leader politici – noi eravamo solo interrogati in quanto tecnici della materia – e tant’è che all’inizio anche Di Pietro era in sostegno a Monti perché ci aveva creduto anche lui a questo ricatto dello spread, e così è andata…»