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Il vero ostacolo del self-publishing

Da Marcofre

Il vero ostacolo del self-publishing è l’autore stesso. Costui fa di tutto per spedire in giro l’idea che sia un mezzo per. Lui dovrebbe avere già chiaro in testa che è un mezzo: e basta.
I mezzi in un certo senso sono vuoti, o neutrali che dir si voglia.
Prendono la direzione che desideriamo noi, e spesso purtroppo questa conduce al proprio ombelico.

Non credo affatto sia un mezzo per fargliela vedere agli editori. Chi ragiona così ha un’idea della letteratura ridicola. Che poi vada per la maggiore non la rende affatto meno ridicola, semmai più tragica. Scrivere è una faccenda seria (mi correggo: dovrebbe esserlo), e quello che spinge a farlo non può essere la volontà di rivalsa. Posso accettare che sia così in principio, quando la testa è piena di idee strampalate. In seguito è meglio lasciarla da parte e occuparsi di scrivere storie efficaci e di valore. Alla fine, deve prevalere la parola, la sua forza. La storia, la sua bellezza.

In fondo, è tutto lì: la storia e la bellezza.

Se questi sono i miei obiettivi lavorerò duro su ogni parola e virgola. Una volta terminato, non mi aspetterò chissà cosa, perché in realtà è così che funziona. Il Web non regala consensi o successi, perché è fatto di persone e spesso queste ignorano il valore della parola.

Non basta più.

Avete presente quando scrivo che un autore deve dimostrare di avere una testa sul collo? E pure in forma e oliata? Alcune persone (poche), ascoltano solo chi ha qualcosa da dire: di intelligente però. Il blog come si sa, aiuta a dimostrare che poco dietro la tastiera c’è qualcuno. Perciò storie e blog sarebbe bene che camminassero a braccetto. Non è facile, richiede tempo. Ma se decidete di scrivere in un certo modo, dialogo e condivisione saranno qualcosa di essenziale.

Sia chiaro: io credo nella sacralità dell’autore. Lo riscrivo: credo nella sacralità dell’autore. Alcuni affermano che la Rete li ha resi uguali agli altri e la loro opinione ha lo stesso valore di quella di Sempronio. Niente di più errato. Chi ha scritto “La strada” non è uguale agli altri: ha un talento mostruoso, si chiama Cormac McCarthy e la sua scrittura è superiore a quella di milioni e milioni di persone che “scrivono”.
Che accetti il confronto (non accade: McCarthy ha solo un sito gestito da altri), non lo rende affatto “uguale”.

L’autore sceglie un mezzo (per esempio il blog) grazie al quale instaura un dialogo con i suoi lettori, con tutti i rischi che questo comporta. Ma a parer mio è mostruoso affermare che questa condotta lo rende “profano”. Lo libera da un ruolo che non è mai stato suo, in realtà. Svela la persona, la sua intelligenza.

Socrate camminava per Atene, dialogava con tutti, ma questo non lo metteva al riparo dagli attacchi e dalle derisioni. E sappiamo poi come andò a finire, vero?

A volte, quest’opera di “svelamento” sarebbe meglio non avvenisse mai; pochi sono come Socrate. Oppure avviene, e anche in questo caso però l’opinione dell’autore deve essere ancorata almeno all’intelligenza, ma spesso questa la troviamo solo nelle storie di chi scrive.

Dostoevskij ha scritto “L’Idiota”, ma anche delle fesserie. Non possiamo accettare tutte le sue opinioni solo perché è Dostoevskij. Lo ascoltiamo con un’attenzione particolare (perché è “sacro”), ma anche con la consapevolezza che un briciolo di distacco e critica è indispensabile.
La scommessa che un autore fa sull’ascolto, sulla condivisione, non lo appiattisce, né lo impoverisce perché poi qualcuno lo attacca e lo insulta.

Lui sa e vede cose che sfuggono allo sguardo degli altri. Crede che il libro sia un bene, non solo un prodotto.
Per questo sarebbe opportuno che rischiasse e dialogasse. Se sceglie il self-publishing nessuna esitazione: deve dialogare. Non mancano i rischi. Ma se una storia vale, sarà lei a proteggere e a parlare in vece nostra.


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