Secondo alcuni ricercatori, il viagra può aiutare gli uomini sottoposti ad un trattamento per il cancro alla prostata. L’assunzione di questa sostanza, durante e dopo il trattamento, permette ai pazienti di migliorare significativamente la loro funzione sessuale. Una recente ricerca suggerisce che il trattamento profilattico con un inibitore PDE5 potrebbe impedire l’impotenza, l’effetto collaterale più diffuso nei pazienti sottoposti ad un trattamento per il cancro alla prostata. Per valutare gli effetti riabilitativi prodotti sulla funzione sessuale, i ricercatori hanno condotto uno studio clinico multicentrico su pazienti con carcinoma prostatico localizzato in attesa di radioterapia. Solo 31 di loro sono stati sottoposti ad un breve ciclo di terapia di deprivazione androgenica.
Questi pazienti hanno iniziato ad assumere il viagra 3 giorni prima dell’inizio del trattamento ed hanno continuato l’assunzione anche nei 6 mesi successivi alla terapia. Solo chi mostrava di averne bisogno, ha prolungato ulteriormente questa assunzione. I pazienti sono stati poi seguiti a intervalli di 3 mesi per un anno e poi dopo 18 e 24 mesi. Sono stati monitorati in totale 295 pazienti. I 31 che avevano ricevuto un breve ciclo di ADT non hanno mostrato alcun miglioramento significativo. Quelli sottoposti a radioterapia, invece, presentavano un significativo miglioramento della loro funzione erettile rispetto a coloro che non avevano assunto il viagra. Il motivo per cui sorgono problemi di disfunzione erettile dopo la radioterapia non è ancora chiaro. Potrebbero essere causati da un danno vascolare o da lesioni neurali e strutturali. Anche ADT causa la disfunzione erettile.
L’età avanzata, la comorbilità ed i problemi del basso tratto urinario contribuiscono a favorire l’insorgenza di questa patologia. Gli stessi risultati non sono stati ottenuti nei pazienti sottoposti a prostatectomia radicale. Gli inibitori della PDE5 probabilmente aiutano a preservare la funzione erettile in quanto favoriscono la protezione vascolare ed una migliore ossigenazione dei corpi cavernosi, riducendo così il rischio di fibrosi cavernosa. Anche meccanismi neuroprotettivi e rigenerativi potrebbero essere innescati da questo farmaco.