Parthenope non è la più nota delle Sirene.
Il mito che riguarda le Sirene dà loro nomi assai diversi a seconda dell'autore: lo Pseudo-Apollodoro cita Peisinoe, Aglaope e Thelxiepeia, altri nominano Terpsichore, Melpomene e Sterope o Chthon, Omero non dà alcun nome. Il loro stesso numero varia da due a cinque. Il mito che le vuole coi nomi di Leucosia, Ligeia e Parthenope (“virginale”) è dunque solo uno dei tanti ma, guarda caso, è proprio quello che ci interessa di più.
Nel romanzo sarà Parthenope stessa a raccontare la sua storia. Vale la pena però ricordare che, con le sorelle, essa venne mutata in donna-uccello (e non donna-pesce come vorrebbero le più tarde tradizioni medievali) dall'ira di Demetra, giacché era stata incapace di proteggere la figlia Persephone dalle voglie di Ade. Che poi Ade si comportò anche da gentiluomo: amava davvero Persephone, tant'è vero che la sposò e fece in modo che ella non potesse stare lontano da lui. Ad ogni autunno la fanciulla deve tornare dal marito, mentre la primavera e l'estate li trascorreva con la madre a curare le messi.
Il volto di Partenope è un blog che accompagna un libro di prossima uscita, scritto da Marino Maiorino, emigrante orgoglioso delle proprie origini, che ha inteso, in questo modo, scrivere un romanzo su Napoli miscelando mito e fonti storiche.
Le fonti greche e latine davano spesso versioni discordanti, altre volte esse concordavano l'una con l'altra, ma non con la realtà dei luoghi e/o dei tempi. Riuscire a tessere una storia che prendesse spunto da quelle fonti, dare loro una coerenza, restituire il tutto in un romanzo che soddisfacesse soprattutto il mio gusto, è stata un'esperienza formativa e gratificante - scrive l'autore sul blog, ed aggiunge - La vicenda narrata in questo libro si basa su di un evento storico: l'assedio di Neapolis da parte dei Romani nel 326 a.C. Nel ricostruire tale episodio, compito che già di per sé presenta notevoli difficoltà per un non specialista soprattutto a causa della scarsezza di fonti accessibili al grande pubblico, ho voluto fondere storia e mito. Le ragioni e le giustificazioni per una scelta del genere sono innumerevoli, alcune intime, voglio però citare almeno quelle che ritengo di un certo peso.
Innanzi tutto, pur stimando del tutto spropositato un accostamento tanto ardito, così come John Ronald Reuel Tolkien non riusciva a tollerare che la sua Inghilterra non avesse un proprio ciclo epico, fin da piccolo, ed assai prima di godere della lettura de “Il Signore degli Anelli”, neanche io riuscivo a digerire che la mia terra ne fosse priva. […] Naturalmente, questo mio pensiero giovanile era del tutto fuori luogo: la Campania è stata scenario di innumerevoli vicende durante l'intero arco della storia umana. Ma allora, come giustificare quella mia primitiva percezione, e cioè di una terra senza mito?
Per chi vuole saperne di più: http://sirenaparthenope.blogspot.nl