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Il “voto rinforzato”

Creato il 14 novembre 2011 da Malvino
Sembrerà paradossale a voi, che siete anime semplici, ma in certi cervelli sopraffini comincia a farsi strada la convizione che la democrazia sia messa in pericolo proprio da quella parità di diritti che fino a ieri un luogo comune voleva che ne fosse il fondamento. Al momento è sotto accusa solo quella relativa al voto, ma date tempo al tempo, e vedrete che questa élite riuscirà a convincerci che nulla è più antidemocratico del principio egalitario, che noi plebei pensavamo fosse il cardine della democrazia. Sì, capisco, pensavate che il suffragio universale fosse inattaccabile. Sbagliavate: pare che sia proprio quello che può mandare in vacca la democrazia. È di rilievo intuitivo che non siamo tutti eguali, no? E allora perché un voto dovrebbe valere quanto un altro? Non è giusto, via. Ecco, dunque, la necessità di correttivi: l’esame di idoneità all’elettorato attivo, proposto da Massimo Gramellini, l’esame di idoneità all’elettorato passivo, proposto da Michele Serra, e – ultimo della serie – il “voto rafforzato”, idea di Federico Fubini e di Danilo Taino (Corriere della Sera, 13.11.2011).In pratica, si tratterebbe di apportare qualche piccola modifica all’ormai obsoleto “one person, one vote”: “Eccone una: che i genitori abbiano un voto – o qualche decimale di voto – per ciascuno dei loro figli, da aggiungere al proprio, fino a quando i ragazzi non raggiungono l’età per mettere essi stessi la scheda nell’urna”. Nella sua semplicità è una trovata geniale, no? Il voto di chi non ha figli varrebbe 1 e quello di chi ne ha cinque varrebbe 1,5. Avendo a disposizione un “voto rinforzato”, chi ha 5 figli sarebbe più responsabilmente attivo nei confronti della propria prole rispetto a quanto può esserlo ora che il suo voto vale quanto quello di chi figli non ne ha. Suppongo non ci sia bisogno di spiegare la ratio che dà il senso a questa proposta: se non hai figli, sei più testa di cazzo di chi ne ha e non puoi pretendere che il tuo voto valga quanto il suo. Più ne hai, più sei responsabile, sicché raggiungi il massimo della responsabilità verso di loro quando ne hai una dozzina, e il tuo voto vale più del doppio di chi non vuole o può averne. Si tratta di un’ideona, senza dubbio, però ritengo urga un correttivo al correttivo: vietata l’astensione da un tot di figli in su, sennò la logica che regge l’ideona va a farsi fottere. Non è tutto. Visto che cresce “la platea di elettori che spingono partiti e sindacati a fare politiche per vecchi pur di rastrellare consensi”, e che “la demografia non è facile da correggere”, “correggiamo il sistema di voto”, dando “ai giovani, magari under 30, un voto rafforzato: se nell’urna la scheda di un sessantenne conta 1, permettiamo che quella di un ventenne conti magari 1,2 e quella di un trentenne almeno 1,1”. Splendida idea, ma anche qui sarebbe necessario qualche ritocchino: dai settanta in su la scheda dovrebbe contare non più di 0,8 e quella di un ultracentenario non più di 0,5. Superfluo dire che questo dispositivo andrebbe applicato anche alle assemblee degli eletti, perché sarebbe più che giusto valorizzare il voto di quelli giovani o con proòe numerosa su quelli anziani o senza figli.Riponete ogni dubbio, se l’avete, perché Federico Fubini e Danilo Taino non sono due coglioni qualsiasi: sono due accademici di rango e, prima di spararne una, ci pensano, si appoggiano a una bibliografia di peso, argomentano con la perizia degli allevatori di cavalli, che al montone sanno dare il giusto occhio di riguardo. Sì – concedono – quella del “voto rinforzato” è una proposta che stride un pochino con la democrazia, ma che fa? “La democrazia così come la conosciamo è in crisi”: a renderla irriconoscibile, chi se ne accorge?

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