Thomas Minder dopo la schiacciante vittoria del referendum anti supestipendi
Abbiamo saputo ogni particolare su qualche grammo di carne di cavallo nelle lasagne preconfezionate, ma i nostri attentissimi media si sono ben guardati dal farci sapere che oggi in Svizzera si votava un referendum storico: quello che si prefigge di colpire gli altissimi stipendi dei manager di ogni tipo e settore. Ne hanno parlato tutti i giornali del mondo, sono usciti editoriali su Le Monde e il N.Y.Times, si è mossa la potente Federazione svizzera dell’Industria nel tentativo di far fallire la consultazione popolare. Ma da noi zitti e mosca: che gli italiani impoveriti non sappiano come anche nella ricca Svizzera le vergognose retribuzioni ai vertici dei potentati economici siano ormai viste come il fumo negli occhi, come una indebita sottrazione di ricchezza e alla fine come “illegali”. Abbiamo troppi stipendi d’oro, troppi stipendi in nero, troppe faraoniche liquidazioni, troppe consulenze di diamante, troppi cretini strapagati per poter maneggiare un argomento così, senza rischiare di accendere una miccia.
Tra l’altro il referendum è nato dall’iniziativa di Thomas Minder, un piccolo imprenditore e non un pericoloso rivoltoso, anche se è stato paragonato al leader della sinistra radicale francese, Jean Luc Melenchon. Scrive le Monde: ”è una vera rivoluzione quella che si appresta a vivere il paese delle banche e della finanza, anche se non è piaciuta a tutti”. Non a tutti, ma a moltissimi: le proiezioni ormai avanzate danno una vittoria dei “sì” vicina se non superiore al 70%.
Questo ci dice molto: la rivolta contro la sempre più evidente accumulazione di ricchezza in poche mani, non avviene in un Paese povero, ma in quello più ricco del continente. Paradossalmente la sensibilità verso la disuguaglianza sembra essere più acuta nel paese delle banche e della finanza con tassi di disoccupazione minimi rispetto al resto d’Europa che non altrove e anche questo è un dato interessante per la politica e la sociologia. Ma non ditelo a nessuno, non spargete la voce, non fatelo sapere a Monti e a Finmeccanica, a Scalfari e a Letta, a Berlusconi e Marchionne, a Ichino e ai salotti buoni della inesistente borghesia milanese. E se per caso, nonostante il totale silenzio stampa, lo venisse a sapere Grillo e lo rilanciasse, sappiate che si tratta di populismo. Se poi fosse qualcuno della sinistra radicale a farne una bandiera, convinciamoci che si tratta di un conservatore rimasto molto indietro rispetto al nostro modernissimo e avanzato sistema di esclusione sociale, disuguaglianza, impoverimento.