Ilva e chiesa tarantina:stessa cosa?

Creato il 09 agosto 2012 da Lucaralla @LAPOZZANGHERA
La sentenza della magistratura locale era stata anticipata dalle parole dell’arcivescovo di Taranto Santoro,il quale difendeva la dignita’ del lavoratore ad avere un posto di lavoro e dall’altra l’esigenza dell’industria a ricercare soluzioni tecnologiche per evitare danni all’ambiente.
Eppure la chiesa di Taranto con l’Ilva e’ stata molto “amica”,passando dai lavori di ristrutturazione di alcune chiese ai Tamburi,alla manovalanza entrata in fabbrica sponsorizzata dal sacerdote di turno.
Una condanna categorica e definitiva al danno ambientale non lo si poteva avere dalla curia locale che,in sostanza,con equita’ evangelica,ha difeso lavoro e ambiente allo stesso tempo.
Utopia o semplice formalita’ di rito?
Certo e’ che passare dall’una o dall’altra parte avrebbe portato contrasti all’interno della comunita’ jonica che certo non dimentica alcuni silenzi del passato dell’ex arcivescovo o di alcune prese di posizioni lontane dalla difesa dell’ambiente.
Santoro invece sembrerebbe cogliere la drammaticita’ dell’attuale situazione tarantina e tra veglie di preghiera e parole di conforto,aspetta un passo dalle istituzioni,chiamate a essere il vero “angelo salvatore” e arbitro delle parti in causa.
Ma molti si chiedono cosa ne pensi la chiesa a proposito dei morti per malattie professionali o all’aumento dei tumori nei bambini piccoli tarantini.
Sara’ questo il prezzo che si e’ pagato per anni per avvalorare una tesi,quella della dignita’ del posto di lavoro per un essere umano,a scapito di un altro dramma che e’ la morte stessa dell’essere umano.
La morte e la carita’ cristiana ma anche il bisogno di essere qualcuno in un mondo dove il lavoro e’ essenza umana.
Ma se il lavoro,come il caso Ilva,provoca danni la chiesa accetta tutto questo?
E perche’ non condanna con fermezza l’operato del passato di quegli uomini che nel lavoro hanno trovato ricchezza a danno della comunita’ tarantina?
E la pieta’ umana,la morte del lavoratore,e’ un pegno da pagare per sentirsi protagonisti di un progetto divino terreno?
Vorrei avere qui un certo don Giorgio De Capitani,odiato da Roma per le sue verita’ e le sue sregolatezze poco formali come altri preti.
La chiesa tarantina deve anche essere realista nel vedere i danni causati dall’Ilva e cercarne le uscite diciamo “morali” dei suoi responsabili.
 
 


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