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Imparare a osservare

Da Marcofre

La prima cosa che si deve imparare se si desidera scrivere, è smettere di guardare, e osservare. Si tratta di “gesti” che hanno a che vedere con un senso importante come la vista. Eppure, sono ben differenti.
Molti preferiscono lanciarsi nella compilazione di decaloghi, o regole, del tipo: “10 regole per catturare il lettore”. O “10 modi per scrivere un best-seller”.

Pure io ogni tanto metto giù qualcosa del genere. Al di là dell’utilità o meno di questi consigli, prima è necessario riflettere su che cosa sono i fondamentali.

Per quale ragione bisogna osservare, e non guardare? È un argomento che ho già affrontato in passato, ma merita di essere ripreso. Piaccia o no, e a parecchi non piace affatto, non tutto merita la medesima attenzione. C’è una gerarchia. E l’atto dell’osservazione significa proprio quello: riconoscere che alcune cose hanno valore, e altre no, e quindi scegliere.

Un buon osservatore coglie aspetti e sfumature per capire come si svilupperà la storia. In fondo, lui non ne sa molto. Magari ha una pallida idea di come potrebbe finire, più spesso non ne sa nulla. Ma attraverso l’osservazione del personaggio, di come si muove, ci sono ottime possibilità di arrivare in porto.

Tutto questo, è conseguenza dell’allenamento al quale ci si dedica. Si impara a osservare quello che ci circonda, ma attenzione: non è semplice. È una pratica; così come d’un tratto si sceglie di dedicarsi alla bicicletta, e occorre determinazione per proseguire nel tempo.

Così è necessario costringersi all’osservazione. Se manca la determinazione, e c’è il talento, esiste il rischio di non arrivare lontano. Se mancano entrambe le cose, idem; ma forse con le conoscenze adeguate si giunge da qualche parte. Anzi, se guardo i libri più venduti, credo proprio che si possa arrivare molto in alto…

Imparare a osservare è propedeutico a una pratica sana, che la maggior parte delle persone che scribacchiano non ama applicare alla propria scrittura. Vale a dire la pratica dell’ascia. L’eliminazione di quello che non serve. Quando si comprende che non tutto merita di finire su una pagina, diventa quasi facile cancellare e rifare quello che pure c’è finito.

Molti, che dicono di scrivere sotto “ispirazione”, fuggono inorriditi quando sentono questo genere di argomenti. Perché ritengono che sia perfetto quello che scrivono, perché frutto di “ispirazione”.

Se non ami l’ascia, non ami la scrittura. Non c’è altro da aggiungere.


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