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Impariamo a perdonare liberandoci dal rancore

Da Assugoodnews @assunta73

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Perdonare. E’ la cosa più difficile da fare. Per molte persone appare impossibile, per altre qualcosa che arriverà in un futuro. Si trascorrono così giorni, mesi, anni vivendo con la rabbia nel cuore, la delusione nell’anima e la tristezza nella mente. Tutto senza rendersi conto che a farne le spese non è la persona che non perdoniamo ma siamo noi. Perdonare fa bene a noi prima di tutto. Ci libera dai sentimenti negativi e ci fa sentire in pace. Mi piace citare un proverbio cinese: “Lo sciocco non perdona e non dimentica. L’ingenuo perdona e dimentica. Il saggio perdona ma non dimentica”.

Pensate al torto che avete subito, sia esso piccolo o grande, e figuratevi la persona che ve lo ha procurato. Cosa provate? Rabbia, tensione e tristezza sicuramente. Questi sentimenti sono negativi e ne potete vedere il riflesso sul nostro stato fisico. Essere sul piede di guerra produce stress, accelera il battito cardiaco, porta a dolori muscolari dovuti alla tensione, conduce a chiudersi in sé stessi o ad allontanare gli altri per via del proprio atteggiamento polemico, spinge a cercare conforto nel cibo, nell’alcool, nelle pillole o nella droga. Ovviamente dipende dal livello di cui parliamo e dalla quantità di cose e persone che dobbiamo perdonare ma di sicuro gli effetti sono questi. E’ stato provato da più studi scientifici ma credo che il miglior riscontro lo possiamo avere su noi stessi. Quando non si perdona si sta male.

Cosa ci impedisce di perdonare? I fattori possono essere molteplici ma prima di affrontare i principali definiamo cosa sia il perdono. Ne abbiamo letto nei testi sacri, lo leggiamo nei romanzi d’amore e nei testi spirituali: perdonare significa lasciare andare il risentimento e i pensieri di vendetta. Non significa dimenticare, badate bene, ma lasciare andare. L’atto o le parole che ci hanno colpito restano, la responsabilità della persona che ci ha ferito non viene né minimizzata né giustificata. Semplicemente facciamo un regalo a noi stessi liberandoci da tutto ciò che di negativo genera il risentimento. Evitiamo che quella persona possa continuare a ferirci.

Quindi, perché ci viene così difficile? Perché pensiamo di doverlo fare per l’altra persona. Niente di più sbagliato. Con ogni probabilità lei starà vivendo la sua vita come se niente fosse o, magari, nel rimorso di averci ferito. In entrambe i casi non è una questione che riguarda noi. Lo scopo della nostra vita è essere felici e per farlo bisogna anche imparare a perdonare. Non vale nemmeno aspettarsi un gesto da chi ci ha fatto un torto: cosi non facciamo altro che affidare la nostra felicità a quella persona. Tagliamo con il passato e alleggeriamo il nostro carico emozionale: solo cosi ci si libera dei torti. A volte non perdoniamo perché temiamo di essere feriti una seconda volta. Non è cosi: il torto subito ci ha insegnato qualcosa che resta dentro di noi. E se, nella peggiore delle ipotesi, dovesse riaccadere avremo imparato a perdonare per stare meglio.

La motivazione più complicata è il desiderio di capire per poter perdonare. E’ una trappola questa. Potremmo non capire mai cosa ha condotto la persona in questione a comportarsi cosi e probabilmente nemmeno lei lo sa. Non infliggiamo a noi stessi questa tortura dei sentimenti. Ostinarsi a ragionare sui come e i perché non fa altro che alimentare quei famosi pensieri negativi che aggrovigliano la nostra mente e non ci permettono di vivere il presente. Qualcuno di noi, poi, potrebbe pensare che perdonare significhi riallacciare i rapporti con l’altra persona. Potrebbe accadere, ma anche no. In ogni caso non facciamoci troppe domande sul futuro della relazione. Procediamo per gradi. Il resto verrà.

Questi atteggiamenti che conducono al perdono sono semplici ma possono apparire impossibili quando ci troviamo nel fuoco ardente della nostra rabbia. Esiste un momento, però, in cui si comprende che è arrivato il tempo di lasciare andare. E questo accade quando ci si sente consumati dal desiderio di vendetta e punizione, quando gli amici cominciano a farci notare che siamo incattiviti, quando non ci sentiamo capiti per questa rabbia che coviamo, quando vorremmo che il mondo intero ce l’avesse con quella persona, quando cominciamo a pensare che ogni persona sia pronta a fregarci o quando il nostro fisico inizia a mandarci dei segnali inequivocabili di fastidi o disagi. Questo è il momento di perdonare.

Che si fa allora? Si comincia a perdonare. Sul metodo si possono aprire capitoli infiniti. Non avviene in un batter di ciglia ma richiede tempo. Un vero e proprio percorso che ognuno arriverà ad affrontare come meglio ritiene. Perdonare è in effetti anche una crescita personale e una sfida. Dopo aver praticato il perdono non si è più le stesse persone. Si abbandonano alcuni credo che hanno caratterizzato la nostra vita passata e ci si apre a un nuovo modo di vivere le relazioni e le situazioni.

Per perdonare, quindi, occorre per prima cosa capire che è il momento di farlo e innescare il meccanismo mentale del perdono. Riconosciamo il risentimento e poi lasciamolo andare. Ognuno trova quindi la sua strada. Un aiuto, molto semplice, è certamente quello di sostituire la rabbia e il risentimento con qualcosa di positivo: se pensate a quanto accaduto distraetevi con qualcosa di bello. Concentratevi su quello che amate. Se volete andare più a fondo potete affidarvi alla meditazione quotidiana. Come sempre dico, bastano dieci minuti al giorno per ritrovare un proprio equilibrio e mandare via le sensazione negative di qualunque natura.

Il perdono non è un segno di debolezza ma di grande forza. E l’unico vero grande aiuto è quello di vivere nel presente. Perché il qui e ora non è stato ancora scalfito dai torti. Questi appartengono al passato e lui, per noi, non conta più.



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