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Impianti sportivi: tra lecito ed illecito

Creato il 29 novembre 2013 da Tifoso Bilanciato @TifBilanciato

Tra le tante problematiche che affliggono il nostro Paese, sia politiche che sociali e, non ultime, economiche (che si badi bene sono figlie delle precedenti), ciò che ha maggiormente richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica, anche grazie agli enfatici annunci dei massimi esponenti del nostro Governo, è stata quella sull’impiantistica sportiva.

Nelle discussioni, tuttora in corso, e nelle prese di posizione di parlamentari e di importanti opinion leader è emersa, in tutta la sua pericolosità, una generalizzata ignoranza ( nel senso latino della parola di non conoscenza) delle norme amministrative, civili, penali che presiedono al governo del territorio.

Per cercare di migliorare la conoscenza del complessivo e complesso quadro normativo e delle conseguenze di una non corretta applicazione dello stesso, Federsupporter ha ritenuto di affidare all’esperienza giuridica dell’Avv. Rossetti il compito di illustrare il tema, alla luce degli attuali interventi parlamentari.

 

 

 

Legge sugli stadi: il caso dell’ “emendamento fantasma” alla legge di stabilità.

(Avv. Massimo Rossetti, Responsabile dell’Area Giuridico – Legale)

 

Nei giorni scorsi sia l’attuale Presidente del Consiglio dei Ministri, sia l’attuale Vice Presidente, nonché Ministro dell’Interno, avevano pubblicamente dichiarato che, nell’ambito della legge di stabilità in corso di esame e approvazione da parte del Senato, sarebbe stato inserito un emendamento recante la normativa per la realizzazione di nuovi impianti sportivi.

 

Orbene, il 19 novembre scorso si aveva notizia che era stato presentato dal Governo il suddetto emendamento, la cui lettura destava immediatamente sconcerto e scandalo.

 

In particolare, tali sconcerto e scandalo erano suscitati dal fatto che nell’emendamento si parlava, non solo e non tanto di “impianti sportivi”, bensì di “insediamenti edilizi o interventi urbanistici di qualunque ambito o destinazione, anche non contigui agli impianti sportivi, che risultino funzionali al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell’intervento e concorrenti alla valorizzazione in termini sociali, occupazionali ed economici del territorio di riferimento”.

 

Si diceva, altresì, che il “provvedimento finale era sostitutivo di “ogni autorizzazione o permesso comunque denominato necessario alla realizzazione dell’opera” e ciò anche qualora il progetto avesse comportato “varianti urbanistiche o valutazioni di impatto ambientale”.

 

Nel caso, poi, che qualche amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità avesse espresso il proprio dissenso, la decisione finale, per impianti con posti pari o superiori a 4 mila al coperto e 20 mila allo scoperto, sarebbe stata rimessa al Consiglio dei Ministri, mentre, per impianti con posti inferiori a quelli indicati e, comunque, pari o superiori a 500 al coperto o a 2 mila allo scoperto, la suddetta decisione, con l’adozione dei provvedimenti necessari, sarebbe stata rimessa a un Commissario nominato dallo stesso Consiglio dei Ministri.

 

Infine, lo speciale Fondo, posto a garanzia dei finanziamenti per la realizzazione degli impianti in parola, gestito dall’Istituto di  Credito Sportivo e alimentato da stanziamenti pubblici, sarebbe stato incrementato di 10 milioni di euro per il 2014, di 15 milioni  per il 2015 e di 20 milioni per il 2016 (in totale, per il triennio 2014-2016, di 45 milioni).

 

In data odierna, da articoli di stampa (vedasi, ex plurimis, “Il Corriere dello Sport”, pag. 3, “Stadi sì, case no. Il Governo cambia”), si apprendeva, da dichiarazioni, riportate tra virgolette, rilasciate dal Ministro per gli Affari Regionali, con delega allo Sport, Del Rio, che “Quelle erano bozze che circolavano, non era l’emendamento ufficiale, le cose reali sono che il Governo non intende procedere a nessuna cementificazione. Il Governo ha elaborato un testo definitivo. L’ho consegnato al premier stanotte (giovedì notte ndr)”.

 

Al momento in cui scrivo queste note non conosco ancora il testo “ufficiale e definitivo” dell’emendamento e, quindi, mi riservo ogni considerazione e commento una volta che lo avrò conosciuto.

Sembra, sempre da notizie giornalistiche, che da esso sia stato espunto il riferimento a “insediamenti edilizi e interventi urbanistici di qualunque ambito o destinazione, anche non contigui agli impianti sportivi”.

Comunque sia, la vicenda fin qui narrata è tale certamente da non accrescere nei cittadini la percezione di un sistema di governo e politico che ingeneri fiducia e credibilità.

 

La proposta di legge sugli stadi si aggira, come un fantasma, nelle aule parlamentari da circa 4 anni.

 

Essa, finora, non ha potuto tradursi in legge a causa principalmente dei reiterati tentativi, per fortuna, al momento, rintuzzati, grazie anche all’attività continua e all’opera di informazione e di contrasto svolte da Federsupporter, volti, come si è visto, a piegare il provvedimento legislativo al perseguimento e conseguimento di colossali speculazioni edilizie, in barba e in spregio di strumenti urbanistici e di vincoli ambientali e che nulla o ben poco avevano e hanno a che vedere con la possibilità di realizzare, più agevolmente e speditamente, nuovi, moderni impianti sportivi.

 

A riprova di ciò, si tenga presente che, in occasione della presentazione del “Report Calcio 2011”, avvenuta nel maggio dello stesso anno, l’allora Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Onorevole Rocco Crimi, ebbe a dichiarare: “Quello approvato al Senato è un testo che si può migliorare, ma non possiamo accontentare tutti. Serve una sinergia. La FIGC deve coordinare il ruolo delle Leghe e l’intervento dei Presidenti di club. Che i Presidenti delle squadre chiamino i singoli deputati per assecondare le loro aspettative sulla legge fa parte del gioco, il problema è che queste telefonate hanno un seguito e così diventa difficile arrivare ad una unanimità come successo al Senato. Serve senso di responsabilità delle istituzioni sportive e volontà di incidere di quelle politiche. Non ci sono deroghe e vincoli, ma solo il rispetto dei tempi e la concessione di cubature a compensazione, in equilibrio e senza speculazioni”.

 

Nella circostanza, il Presidente della FIGC, Abete, così replicava: “Chi tutela interessi particolari non può avocare a sé interessi generali. I Presidenti di società fanno richieste legittime, sbaglia però chi dà loro seguito, la legge deve avere come riferimento non i soggetti attuali ma tutti i potenziali soggetti anche quelli di Serie B e Pro. Serve una sintesi tra pluralità di interessi, non si può tagliare l’abito su misura a ciascuno”.

 

A distanza di oltre due anni da quelle dichiarazioni, si deve, purtroppo, constatare che, con ogni evidenza, “queste telefonate sono proseguite, che esse hanno continuato ad “avere seguito” e che taluni o qualcuno hanno ritenuto e ritengono che si possa “tagliare l’abito su misura”.

In nessun altro modo si possono spiegare, infatti, origine, natura e contenuti dell’ “emendamento fantasma” di cui trattasi.

 

Né, pur in attesa di conoscere il testo dell’emendamento “ufficiale e definitivo”, annunciato dal Ministro Del Rio, si può essere del tutto tranquilli circa l’esito finale di questa, in verità, un po’ grottesca e patetica vicenda.

A ogni buon conto, reputo opportuno e, spero, utile, ribadire e riepilogare, di seguito, alcuni punti fermi tecnico-giuridici già da me, d’altronde, esposti in precedenti, numerosi documenti anche consultabili sul sito www.federsupporter.it.

 

Il governo del territorio, intendendosi per tale “tutto ciò che attiene all’uso del territorio e alla localizzazione di impianti ed attività(Corte Costituzionale, sentenza 24/28 giugno 2004, n. 196), è riservato, ai sensi dell’art. 117, comma 3, della Costituzione, alla potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni.

Per “legislazione concorrente”, deve intendersi “L’insieme delle norme che consentono di identificare e graduare gli interessi in base ai quali possono essere regolati gli usi ammissibili del territorio” (cfr la sentenza di cui sopra).

 

Ne consegue che la normativa sulla localizzazione di impianti sportivi e di insediamenti edilizi o di interventi urbanistici, contigui o non contigui a detti impianti, compete alla potestà legislativa concorrente e alla potestà regolamentare esclusiva delle Regioni interessate, fatta salva la determinazione da parte di leggi dello Stato “di principi fondamentali, ovverosia di criteri e modalità generali caratterizzati da un elevato livello di astrattezza” (Corte Costituzionale, sentenza del 18 febbraio 1988, n. 177).

 

Le opere contemplate dalla normativa sugli impianti sportivi e insediamenti in questione ricadono, ai fini della loro approvazione, nell’ambito applicativo dell’art. 34 (Accordi di programma) del Decreto Legislativo n. 267, 2000, Testo Unico delle Leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali (TUEL).

 

Nè tale disciplina può ritenersi derogata da altre leggi, se non “mediante espressa modificazione delle sue disposizioni” (art. 1, comma 4, del TUEL) e ciò conformemente al nuovo assetto costituzionale dei poteri legislativi e regolamentari tra Stato e Regioni delineati dall’art. 117 della Costituzione.

 

L’Accordo di programma, previsto dall’art. 34, stabilisce che, per la definizione e l’attuazione di opere, interventi o di programmi di intervento che richiedano, per la loro completa realizzazione, l’azione integrata e coordinata di Comuni, Province e Regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, il Presidente della Regione o della Provincia o il Sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull’opera o sugli interventi o sui programmi suddetti, promuove la conclusione di un accordo, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità e ogni altro connesso adempimento.

 

A questo scopo, viene convocata una conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate.

L’accordo si raggiunge con il consenso unanime del Presidente della Regione, della Provincia, del Sindaco e di tutte le altre amministrazioni interessate.

L’accordo, adottato con decreto del Presidente della Regione, determina le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e sostituisce le concessioni edilizie, con l’assenso del Sindaco, ratificato dal Consiglio Comunale.

 

Inoltre, qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l’amministrazione procedente può indire una Conferenza di servizi.

Quest’ultima (art. 29 della legge n. 241/2001Norme in materia di procedimento amministrativo”) si applica alle amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali.

Tuttavia (art. 29 citato, comma 2 quater), le Regioni e gli enti locali, nel disciplinare i procedimenti amministrativi di loro competenza, devono garantire ai privati la possibilità di richiedere l’utilizzo dello strumento della predetta Conferenza.

 

Quest’ultima è disciplinata dagli artt. 14, 14 bis, 14 ter, 14 quater, 14 quinquies della legge n. 241/2001.

Anch’essa prevede la convocazione di una conferenza, su richiesta motivata dell’interessato, documentata da uno studio di fattibilità, al fine di verificarne quali siano le situazioni per ottenerne i necessari atti di consenso.

Alla conferenza sono convocate tutte le amministrazioni interessate, oltre ai soggetti proponenti il progetto, questi ultimi senza diritto di voto.

Tenuto conto delle risultanze della conferenza e delle posizioni prevalenti espresse, viene adottata la determinazione motivata di adozione del provvedimento che sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nullaosta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti.

 

Nel caso di dissenso di uno o più dei rappresentanti delle suddette amministrazioni, ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, paesaggistico – territoriale, del patrimonio storico – artistico, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la questione è rimessa alla deliberazione del Consiglio dei Ministri che si pronuncia, previa intesa con la Regione o le Regioni o le Province autonome interessate, qualora il dissenso sussista tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, ove il dissenso sussista tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali.

 

Se il dissenso è espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in una materia di propria competenza, il Consiglio dei Ministri delibera con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate.

 

Dubito che, nel caso di dissenso della Regione, eventualmente disatteso dalla decisione sostitutiva del Consiglio dei Ministri, il potere di sostituzione possa includere anche varianti di Piano Regolatore, posto che si dubita, da parte della migliore dottrina, della legittimità costituzionale di leggi statali che prevedano tali varianti come obbligatorie, ritenendosi ciò una non consentita invasione da parte dello Stato della potestà legislativa e regolamentare delle Regioni, in quanto provvedimenti difformi dalla identificazione di linee fondamentali, di indirizzo e di controllo dell’assetto del territorio nazionale.

 

I Piani Regolatori e i vincoli ambientali hanno natura e funzioni di tutela del territorio e dell’ambiente: tutela costituzionalmente prevista e garantita (art. 42, comma 2, della Costituzione).

 

I vincoli ambientali, secondo una granitica giurisprudenza costituzionale, amministrativa e civile, sono ob rem: vale a dire dovuti a valutazioni tecnico–scientifiche di caratteristiche intrinseche dei beni vincolati.

Tali vincoli, pertanto, non sono espressione né di discrezionalità legislativa né di discrezionalità amministrativa, bensì di così detta “discrezionalità tecnica”, esercitata, cioè, esclusivamente in base a criteri tecnico – scientifici.

Dei suddetti vincoli, infatti, è esclusa l’indennizzabilità, proprio perché, non frutto di discrezionalità legislativa o amministrativa, bensì perché coessenziali ab origine alla obiettiva natura dei beni sottoposti a vincolo.

D’altra parte, non solo il diritto, ma il semplice buon senso portano a questa conclusione.

 

Non si può certo immaginare che, per esempio, la sismicità o l’alluvionalità di un territorio siano stabilite e decise da provvedimenti basati su scelte di opportunità e non, invece, meramente ricognitive di valutazioni strettamente ed esclusivamente tecnico – scientifiche da parte degli organi ed organismi a ciò preposti.

 

La tutela del territorio e dell’ambiente, adottata mediante gli strumenti urbanistici e i vincoli ambientali, assume anche rilievo penale, in specie dopo il recepimento nel nostro ordinamento, con Decreto Legislativo 7 luglio 2001, n. 211, della Direttiva Comunitaria n. 2008/99.

Sono state così rese penalmente rilevanti e sanzionabili tutte le infrazioni alla predetta tutela; infrazioni tra le quali rientrerebbe, per esempio, il significativo deterioramento di ambienti protetti che si verificherebbe, qualora si permettesse di edificare in aree sottoposte a vincoli e, quindi, parzialmente o totalmente, inedificabili.

Peraltro, la scriminante di cui all’art. 51 CP., esercizio di  un diritto e/o adempimento di un dovere, incontra precisi limiti nella valutazione di un rapporto di proporzionalità tra l’interesse protetto dal diritto esercitato e interesse leso e della legittimità del provvedimento dell’autorità su cui si basa sia l’esercizio del diritto sia l’adempimento del dovere.

 

Ne deriva, a mio avviso, che l’esercizio di diritti e l’osservanza di doveri in attuazione di accordi di programma o di decisioni derivanti da conferenze di servizi o da provvedimenti sostitutivi del Consiglio dei Ministri, ritenuti assunti in violazione di strumenti urbanistici e di vincoli ambientali, potrebbe non costituire, di per sé, una valida e certa esimente dalla commissione di reati ambientali.

 

Alla luce di tutto quanto precede, non resta, dunque, che augurarsi che, nei prossimi giorni, anzi nelle prossime ore, si voglia mettere riparo all’infortunio costituito dal così detto “emendamento fantasma”, riportando la questione relativa alla realizzazione di nuovi e moderni impianti sportivi nel suo corretto e giusto alveo giuridico, sociale ed economico.

 

Federsupporter è, da sempre, favorevole a norme, pur ritenute non essenziali, come dimostrato, in Serie A, dalla Juventus e dall’Udinese e, nelle serie inferiori, da molteplici società, che possano agevolare ed accelerare la suddetta realizzazione, ma pur sempre a condizione del pieno rispetto di principi di legalità, razionalità ed equità.

Non è pensabile ed ammissibile che la realizzazione di impianti sportivi e di quanto ad essi annesso e connesso possa essere resa molto più agevole, rapida e, addirittura, prescindendo da strumenti urbanistici e vincoli ambientali, rispetto alla realizzazione di impianti ed opere di pari o superiore interesse pubblico o di pari o superiore rilevanza socio–economica.

 

Né è ammissibile e pensabile che, realizzando un modestissimo impianto sportivo con appena 500 posti al coperto e 2 mila allo scoperto, si possano, altresì, realizzare insediamenti residenziali, anche non contigui all’impianto, di entità equivalente a medio – piccoli Comuni, in poco tempo e, soprattutto, saltando a piè pari strumenti urbanistici e vincoli ambientali.

 

Laddove, a parte ogni altra considerazione, evidentemente, i recenti, luttuosi fatti della Sardegna e i meno recenti, gravissimi fatti di Taranto sembra non abbiano ancora insegnato nulla.

 

 

 

 

Aggiornamento al  26 novembre 2013

 

 

Si apprende da notizie di stampa (vedasi “La Gazzetta dello Sport”, pag. 22, del 26 novembre 2013), che la Commissione Bilancio del Senato ha deciso che nella legge di stabilità sia contenuto un emendamento volto soltanto ad assicurare il finanziamento del Fondo di garanzia gestito dal Credito Sportivo (10 milioni di euro per il 2014, 15 milioni  per il 2015 e 20 milioni per il 2016) destinato alla messa in sicurezza e alla ristrutturazione di impianti sportivi già esistenti.

 

La normativa relativa a nuovi impianti, oggetto dell’ “emendamento fantasma” illustrato e commentato nelle mie note del 23 novembre scorso che precedono, è stata stralciata dall’emendamento e, a quanto sembra, la questione verrà ripresa in sede parlamentare, probabilmente in sede di esame ed approvazione della proposta di legge n. 1677, di iniziativa del deputato Nardella del PD, più altri deputati di altri partiti, presentata il 24 settembre scorso e che dovrebbe essere già approdata all’esame delle VII Commissione Permanente (Cultura, Scienza ed Istruzione) della Camera.

 

Ci si augura che, in questa sede, si renda finalmente possibile una discussione seria ed approfondita di tutti gli aspetti giuridici, sociali ed economici, che implica ed impone una normativa del genere e, soprattutto, che, così come, da ultimo, auspicato dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’Editoria e all’attuazione del programma di Governo, senatore Giovanni Legnini del PD, “L’importante è che si arrivi a conclusione e sono convinto che si terrà conto di tutte le esigenze, a partire da quelle ambientali per evitare cementificazioni che non sono il nostro obiettivo”.

 

Aggiungasi che qualsiasi project financing, che dovrebbe rappresentare lo strumento economico – finanziario per la realizzazione di nuovi impianti sportivi, è realizzabile solo, se in quanto, sta in piedi ed è sostenibile sulla base della redditività, in sé, del progetto, tale da permettere il ripagamento dell’investimento, senza che tale ripagamento possa essere ricercato in altri investimenti così detti “compensativi”.

 

Anche sotto questo profilo, l’esempio dello Juventus Stadium è emblematico .

 

 A conclusione, se conclusione, in effetti sarà, di questa, in vero, non commendevole vicenda, resta da chiedersi chi sia stato l’autore o gli autori e l’estensore o gli estensori di quell’ “emendamento fantasma” che tanto legittimo e giustificato sconcerto e scandalo ha suscitato e che, a onta delle precisazioni postume del Ministro Del Rio, risulta agli atti, non come una “bozza”, bensì come un emendamento vero e proprio presentato dal Governo.

 

Resta, infine, da chiedersi, se quando gli attuali Presidente e Vice Presidente, nonché Ministro dell’Interno, dell’attuale Governo, allorchè, nei giorni scorsi, dichiaravano pubblicamente che, nell’ambito della legge di stabilità, sarebbe stato inserito ed approvato un emendamento recante la normativa per la realizzazione di nuovi impianti sportivi, si riferivano all’ “emendamento fantasma”, di cui sembra che, oggi, nessuno voglia riconoscere né paternità né maternità.

 

Evidentemente siamo in presenza, ancora una volta, di una di quelle che, in precedenti miei scritti, ho definito “norme orfane”.


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