Tria, arrestato dalla polizia grazie alle immagini di una telecamera di sorveglianza, ha confessato: il gip ha convalidato l'arresto concedendo i domiciliari e riqualificando l'iniziale accusa di strage in tentata violenza privata e fabbricazione e detenzione di armi da guerra. Il fatto è avvenuto nella notte tra il 15 e 16 maggio scorsi, ma è stato reso noto solo oggi dopo la decisione del gip. L'ordigno, secondo la polizia, avrebbe potuto provocare una strage e danneggiare seriamente lo stabile di otto piani in cui è stato collocato.
L'uomo lo ha realizzato con due taniche piene di benzina collegate tra loro con una miccia a sua volta imbevuta di liquido infiammabile. È stata l'eccessiva lunghezza a fare spegnere la miccia e a fare fallire l'attentato. All'origine di tutto ci sarebbe una situazione di difficoltà economica dell'azienda dell'imprenditore, che rischierebbe il fallimento per un lavoro da 55.000 euro eseguito e non pagato. Un anno fa Tria ha avuto in subappalto dall'altro imprenditore una commessa per la realizzazione di un solaio di un edificio pubblico a Noicattaro.
Il lavoro eseguito però, gli è stato contestato e quindi la commessa non è stata pagata. È iniziata una battaglia legale non ancora conclusa. L'imprenditore in difficoltà economiche ha quindi perso la testa e individuata la casa dell'altro imprenditore 63/enne ha prima fatto un sopralluogo e poi sistemato le due taniche dietro la porta d'ingresso, accendendo la lunga miccia prima di scappare.
È stata la moglie della vittima designata a sentire l'odore di benzina e ad accorgersi di quanto stava avvenendo dando l'allarme. L'uomo è stato identificato grazie al un video di una telecamera di sicurezza e raggiunto in casa a poche ore dal fallito attentato.
«Una storia di disperazione che poteva finire male - ha detto il capo della Squadra Mobile di Bari, Luigi Rinella - Se l'ordigno fosse esploso, staremmo qui a parlare di morti».
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