IMPRESSIONI DI FINE NOVEMBRE
Di cosa parlarvi in questo periodo piovoso di un novembre quanto mai autunnale? Sarei tentato di promuovere un analisi con tanto di sondaggio di opinione, ma temo che ciò possa essere suggestionabile così come la gran parte delle volte avviene, ad esempio, con i sondaggi politici. E poi il campione a mia disposizione non è gente che se la beve con facilità. Avrei potuto anche proporvi gli ascolti e chiedervi di contrassegnare con una croce la vostra preferita in modo da stilare una classifica.Ma non ho molto da mettere in palio per il vincitore. Allora cosa fare? Dirvi, raccontavi quattro chiacchiere sugli ascolti del periodo senza aspettative, senza intenzione di coinvolgervi in un parere, solo e semplicemente la voglia di divulgare quanto è giunto sul mio piatto ( lettore mp3). Questo e nient’altro mi rimane da fare. Il tempo è denaro, dovrò concentrare, focalizzare l’attenzione su qualcosa che scateni un dibattito. Non vi parlo tra l’altro di gente nuova; un po’ di veterani. Neil Young, Bruce Springsteen, Robert Plant, Sting, Brian Ferry, Stan Ridgway e seppure non sia un veterano nella accezione pura del termine, Tim Robbins (che nella musica non si è mai cimentato). Ora, gli ascolti in questo periodo procedono davvero a singhiozzo, pertanto quello che dico non prendetelo come assoluto. E poi si sa con troppa carne al fuoco si rischia di soffrire di pesantezza di stomaco e non restare soddisfatti dalle portate offerte ai commensali. Neil Young sfodera la sua Gibson e si affianca al guru della sperimentazione, tale Brian Eno, e l’accoppiata ci regala un disco dalle sonorità rarefatte, eteree, vellutate tanto quanto la voce dello stesso Young. Nulla di nuovo sul fronte ma pur sempre un bell'ascolto da concedersi in una serata autunnale sorseggiando vino novello e mangiando castagne. Di seguito non per particolare soddisfazione ma per approdo casuale alla banchina dei miei ascolti, Tim Robbins (accompagnato). Premesso che non trovo la sua, una voce particolare da incorniciare, ma le ambientazioni che ci traghettano verso Springsteen e Tom Waits e a vederla lunga verso il Lanegan più sofferto e intimista, mi hanno diciamo stuzzicato ricordi e visioni tanto gradevoli. Robert Plant non ha bisogno di presentazioni, e quando si cimenta nel campo a lui più congeniale riesce se non altro a non farti addormentare. Buona band, ottime rivisitazioni di brani sempre in bilico tra folk, blues e musica celtica. La voce non delude. Sting invece se devo dirla tutta, proprio non lo digerisco. E si che sono stato un fan sfegatato dei Police, ma più per la passione per la batteria e di conseguenza per Copeland che per altro. Lui, il maratoneta della trombata tantrica, mi annoia,con queste rivisitazioni tendenzialmente troppo radical chic, da alto borgo Già non mi è piaciuto con i barocchismi di Songs from the Labyrinth. Credo in sostanza che Roxanne non avesse bisogno di arrangiamenti unplugged e tantomeno sinfonici. Era ed è bella nuda e cruda così come l’abbiamo conosciuta. Per non parlare degli altri brani. Springsteen invece apre un capitolo a parte. Non avevamo dubbi sul fatto che i fondi/rimasugli di un disco ultra quotato come Darkness On the Edge of Town fossero in grado di entusiasmare. I sue ultimi due dischi non si sono sedimentati affatto nel mio cervello e men che meno nell’anima. Sono rimasto a Nebraska o al massimo a The Ghost of Tom Joad i miei ricordi sulle sue potenzialità di un talentuoso come il boss. Brian Ferry. Mumble mumble, questo nome non mi è nuovo!!?? Ricordo Avalon. Un bellissimo periodo della mia vita. Trascorrevo le serate con un amico (ciao Lino) in radio e quel disco lo abbiamo divorato. Olympia mi lascia lo stesso sapore. Pensavo a dire il vero che non avremmo più ascoltato un disco del vecchio Dandy, con canzoni nuove e accattivanti così come solo lui ha saputo fare. L’immagine di copertina (Kate Moss) poi la dice lunga sulla possibilità che si sia arreso al tempo. Buon (pluri) ascolto.Giamp
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