“I” PARLAMENTI
Il primo connotato della democrazia è un’assemblea parlamentare eletta a suffragio universale. Quando di assemblee ve ne sono due non è più democrazia ma caos. Dal mese di giugno in Libia legiferavano due Parlamenti: il nuovo eletto in giugno, migrato a Tobruk “per ragioni di sicurezza”, quello vecchio riconvocato a Tripoli. Similmente, erano in carica due governi ed erano state istituite due agenzie statali di notizie, entrambe denominate LANA. Oggi la situazione è diventata ancora più confusa.
Il Parlamento di Tobruk
Il 5 novembre la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il parlamento eletto a giugno.
A Tripoli questa decisione è stata accolta con festeggiamenti in piazza; il presidente del Parlamento, che ancora mantiene la denominazione di Congresso Generale, Nuri Busahmein ha dichiara che il verdetto offre l’opportunità per un dialogo nazionale che ponga fine alla crisi .
In risposta alla sentenza, invece, la Camera dei Rappresentanti di Tobruk – non si sa se dal traghetto greco in cui talvolta per ragioni di sicurezza si riunisce o dalla sede in terraferma: un hotel a cinque stelle protetto da cannoni anti-aerei, truppe e blocchi stradali in cemento – dichiara di non riconoscere il verdetto, “emesso sotto la minaccia delle armi” . Anche gli osservatori internazionali imputano il pronunciamento della Corte, che ha sede a Tripoli, all’influenza esercitata dalle attualmente vittoriose milizie locali.
Opportuno ricordare due fattori: sul verdetto ha influito l’appello del Parlamento di Tobruk per interventi aerei stranieri, e la connivenza con i bombardamenti dell’Egitto a sostegno dell’operazione bengasina contro le milizie dissidenti. Circa la sua effettiva rappresentatività, va tenuto presente che alle elezioni di fine giugno, su 2 milioni e 800 mila di aventi diritto, i votanti furono solamente 630.000. Considerando questa deludente affluenza e che circa 2 milioni di libici, sui sei che contava la popolazione totale ai tempi di Gheddafi, hanno lasciato il paese spaventati dalle violenze, si può supporre che ai fini della democrazia [da dêmos ‘popolo’ e kratéō ‘comando’ ] libica ciò che manca è … il popolo. Un popolo disposto a partecipare, un popolo realmente risorto da quarant’anni di passività politica.
GHEDDAFI’ s Clan
Aisha, Saif e il cugino Ahmed
Improvvisamente nelle ultime settimane sono tornate a circolare notizie su figli e congiunti di Muhammar Gheddafi ed è giustificato il sospetto che si tratti di bufale.
La figlia Aisha, in condizione di sorvegliata speciale nel sultanato di Oman, avrebbe espresso il desiderio di tornare in Algeria, paese che l’aveva espulsa per intemperanze mediatiche e che certamente non ha desiderio di vederla tornare. La notizia compariva in un articolo d’inizio ottobre, ora diventato misteriosamente irraggiungibile.
A Saif al Islam vengono attribuite improbabili aspirazioni politiche, nonostante dal 19 novembre 2011 sia prigioniero incommunicado della tribù Zintan. Non stupisce che sia detenuto nel più stretto isolamento un personaggio che alcuni vorrebbero liberare e molti assassinare, ci sarebbe da chiedersi, semmai, perché si vuole mantenerlo indefinitamente in questa condizione.
Ricordiamo un dettaglio ambiguo dei giorni immediatamente successivi alla cattura: l’allora ambasciatore americano in Libia, Gene A. Cretz, si era precipitato in visita, “di ringraziamento per l’apporto dato alla rivoluzione”, dai leader della tribù. Poiché alla visita del rappresentante della superpotenza mondiale presso un’ istituzione senza alcun crisma di ufficialità internazionale non era seguita la consegna del prigioniero alla Corte Penale – secondo prassi previste per i ricercati dall’Interpol – è logico supporre che per ragioni che all’opinione pubblica sfuggono Saif “deve” restare nel limbo, conteso senza troppo accanimento dalla Corte Penale Internazionale, dalla Corte Penale della Libia e dal Tribunale locale di Zentan. Il prigioniero tutt’al più appare in persona o in video durante inconclusive udienze processuali, pertanto è improbabile che – nel bel mezzo di una guerra civile che vede Zentan in grande difficoltà – il consiglio tribale abbia concesso un colloquio con Franklin Lamb, direttore di “Americans Concerned for Middle East Peace”.
In un articolo rilanciato da vari siti, Lamb rivendica un colloquio di due ore e asserisce che Saif ha un’influenza sostanziale tra le tribù ancora fedeli a Muhammar Gheddafi, gli ex funzionari del regime e dell’esercito, e del governo, il che lo metterebbe nella posizione di creare una forte coalizione.
Il sospetto di bufala aumenta con le argomentazioni di Lamb che sono un copia-incolla di quelle che Reuters riserva a Ahmad Gadaff al-Dam, cugino e consigliere dell’ex rais, abilmente sfuggito alla furia vendicativa delle milizie e lussuosamente insediato in Egitto. L’articolo di Reuters sottolinea che il personaggio ha importanti legami con ambienti del Marocco, dell’Algeria e tra le monarchie del Golfo, e ora offre i suoi buoni uffici per la pacificazione della Libia.
Comprendere il motivo di questo improvviso ripescaggio mediatico dei Gheddafi è prematuro, ma considerando l’importanza di Reuters non è da ritenere inconcludente. Probabilmente è funzionale agli affari delle Monarchie del Golfo e la considerazione finale dell’articolo, secondo la quale ” alcuni ufficiali gheddafiani sono stati visti durante gli scontri per il controllo ” del paese, è in linea con la canea mediatica che accolla al vecchio regime il presente caos libico.
L’ESCALATION degli SCONTRI
142 morti in due settimane di scontri nel ponente libico fra milizie “laiche” e “islamiste” nella città di Kikla, coinvolta anche la tribù Zentan., e e 13 sono stati uccisi negli scontri del levante; il conteggio complessivo al 6 novembre è di 400 vittime in tre settimane.
Nel Fezzan agli scontri tribali si aggiungono la fame e la paralisi delle attività per la chiusura delle banche.
Nella Cirenaica, Derna cresce come capitale jihadista ed è ormai un dato comune che l’Isis è presente sul territorio .
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La “GAZZELLA” trafugata
La Fontana della Gazzella: prima e dopo la rivoluzione
La fontana della Gazzella era un resto della colonizzazione italiana e abbelliva il lungomare di Tripoli. Da tempo all’asciutto per la scarsità d’acqua che interessa la capitale, il monumento era stato danneggiato in estate dal lancio di un razzo.
Ora la fanciulla e la gazzella sono scomparse, rapite, si dice, da una milizia islamista. Offendeva la nudità o è uno sfregio al passato coloniale?
Anche l’aeroporto internazionale di Tripoli, originariamente concepito dall’architetto italiano Sermonti, è stato distrutto nel corso dello scontro fra la milizia di Misurata e quella di Zentan nel mese di agosto.
Sono sempre più lontani i tempi dell’amicizia italo-libica.