-Sono stanco.-Sei sempre stanco.-Non è vero!-Oh si che è vero! Domani andiamo a giocare a tennis, non si discute!-Non so se posso domani.-Finiscila!-Sono una persona impegnata io!-Si certo, come no. Non fai un cazzo tutto il giorno. Sei una persona impegnatissima proprio.-Sto scrivendo.-Un libro che non finirai mai.-Lo sai che sei stronzo?-Mi limito a ripeterti quello che mi dici tu: "Non finirò mai quel libro".-Hai ragione. È che boh, i personaggi mi piacciono, mi ci sono anche affezionato, ma la storia...la storia fa schifo.-"Mi ci sono anche affezionato?" Cos'è? Sei diventato mamma orsa?-Tu ci scherzi, ma è normale che succeda. Li plasmi su di te, sulle persone che ti stanno accanto, quindi è normale che li senti tuoi. E poi secondo me, senza questo meccanismo, quello che si scrive è destinato a non reggere.-In che senso?-Nel senso che devi crederci in quello che scrivi. Come in quello che leggi. Prova a leggerlo un libro di qualcosa di cui non ti frega niente: alla seconda pagina lo molli. A meno che non sia un libro da studiare, ovvio. -Si, forse hai ragione.-Certo che ho ragione! Si scrive di ciò di cui si ha bisogno di scrivere, si creano personaggi con tratti di personalità che si vorrebbe avere. Per non parlare poi di quello che si fa fare loro. Tipo una vita parallela.-Sei tu lo scrittore, mi fido. -Bravo.-Però aspetta...questo vuol dire che il tuo libro non parla di quello che vorresti succedesse: stai scrivendo di qualcosa che in realtà non ti piace.-Esatto Einstein.-Esatto Einstein un cazzo. Perché continui a perseverare su quella storia, allora? Non avevi capito tutto, genio?-Si, ma ti sei perso un pezzo per strada.-Quale?-Che ciò che vogliamo, spesso non corrisponde a ciò di cui abbiamo bisogno.
B.