Come reagire? Come ripartire?
E' dalla tragedia che inizia il dramma diretto da Nils Malmros, con un uomo che oltre a fare i conti con la scomparsa della sua unica figlia e una moglie uscita di senno, deve anche convivere con il senso di colpa di non aver dato giusto peso agli squilibri di chi, già da tempo, cercava in lui aiuto e conforto ricevendo in cambio solamente indifferenza e poco altro. Deve fare i conti con la suocera, che si incolpa di non aver potuto sventare la tragedia commessa dalla figlia perché troppo stanca della giornata, e con il suocero, pure, che invece è sconvolto da quella che nella sua famiglia pare essere una maledizione genetica irreversibile.
La donna, quindi, da carnefice con questa serie di risvolti passa quasi a risultare vittima, e lo diventa ancor di più quando i genitori, gli alunni e i colleghi della scuola in cui insegnava, la reclamano per tornare a svolgere il suo lavoro come se nulla fosse accaduto.
E’ indiscutibile allora che “Sorrow And Joy” di manipolatorio abbia molto, se non moltissimo forse: dalla leva che esercita contro lo spettatore per evitare di lasciarlo schierare in favore o contro qualcuno, a vivere quella che in ogni altro contesto sarebbe stata una tragedia gestita secondo le forme più canoniche di punizioni come fosse un concorso di colpa da condividere collettivamente, per imparare a prendersi ognuno più cura dell’altro, cucire le ferite e provare a ripartire amandosi meglio di quanto fatto in passato.
E poi, come se non bastasse, a gravare e a caricare la trama della pellicola di un aurea ulteriormente faticosa da sopportare, il solito riferimento autobiografico che lega l'episodio in questione alla vita del regista danese, il quale ha vissuto la tragedia dei protagonisti in prima persona con la moglie.
A non andare giù però sono alcune scelte di sceneggiatura che, anziché suggerire sensazioni autentiche e sincere, esprimono meglio un estrema volontà del regista nel voler ricattare sia i lati emozionali che quelli psicologici. Motivo per cui a "Sorrow And Joy" secondo chi scrive non spetta minimamente il diritto di riscuotere quella bontà dolce amara che chiede, ma tuttalpiù gli si può attribuire, per clemenza, il beneficio del dubbio.
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