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In cosa crede uno scrittore

Da Marcofre
In cosa crede uno scrittore

Ci sono alcune idee alle quali uno scrittore deve credere, e se avrà talento arriverà da qualche parte (ma non domandarmi dove: forse nell'area di sosta in autostrada). Non sono quelle che tu immagini; attorno alla scrittura c'è retorica, e poi sospiri e ancora retorica. Tutte cose che ti puoi permettere se hai alle spalle una grossa casa editrice che svolge certe pratiche (il marketing). Se invece scrivi e sei editore di te stesso, ti tocca adottare un modo di pensare un poco differente. Non completamente diverso; ma lontano da determinate idee.

  1. Sei uno scrittore. Lo so che una tale affermazione ti renderà bizzarro agli occhi di tanti; ma se scrivi lo sei comunque. Inoltre, buona parte delle persone alle quali farai una tale dichiarazione, ebbene, sorrideranno, e ti compatiranno. Perché non hai mai pubblicato con una vera casa editrice, oppure ("Misericordia!") sei editore di te stesso. Non ti curar di essi. Il prestigio della casa editrice che permette di...
    D'accordo, ma parliamo prima del tuo prestigio.
    Il punto che potresti spiegare a costoro è che nel Web il prestigio riguarda chiunque abbia un account su Facebook, per esempio. Se posta cretinate, lui non lo sa ma si sta scavando la fossa. Chi assume, butta un'occhiata alle reti sociali, e se vede certi discorsi, certe immagini, ti scarta alla velocità del lampo. Il prestigio al quale devi dedicare le tue forze è il tuo. Che potrebbe anche essere il viatico per arrivare alla casa editrice. Oppure, potrebbe essere uno dei mattoni per costruire la tua lunga carriera di editore di te stesso.
  2. La tua voce.Se come spero leggi in quantità industriali, ti sarai reso conto che un autore come Dickens, Simenon, Zola o Carver, hanno una voce. La loro. Si inizia seguendo quella del nostro autore preferito, è inevitabile direi. Poi, a forza di scrivere sviluppi la tua voce. Ma non è una faccenda semplice: la scrittura non va matta per la fretta, mi spiace. Almeno agli inizi buona parte di quello che produci merita il cestino. Lo so che nonne, cugini e zie ti faranno i complimenti. Tu butta via senza pietà: se c'è qualcosa di buono tornerà, se invece scordi tutto... era spazzatura, esatto.
  3. C'è il mercato, baby. Là fuori c'è un mercato e devi partecipare seguendo le sue regole. Coi tuoi prodotti, i libri. Dargli le spalle non ti rende superiore, ma irrilevante. È brutto? Premia i peggiori? Può darsi, anzi credo proprio che sia così. Sono certo che i miei racconti siano superiori a tanti libri "vagliati" con cura dalle case editrici. E allora? Non basta esserci. E poi: tu cosa fai per dimostrare che è possibile vincere la sfida con qualcosa di almeno buono? No, battere i piedini o frignare non vale. Magari hai solo una paginetta di Facebook che non fa nemmeno ridere, tanto è irrilevante. A parte la tua presunzione, che cosa hai da offrire ai lettori? Il mercato sarà anche sporco, ma alzare gli occhi al cielo, sospirare non lo cambierà di una virgola.
  4. Il mercato è sbagliato. Ma tu non fai nulla per correggerlo. Lamentarsi non basta. Occorre agire, e dovrai farlo dentro questo mercato. Questa realtà. È fatta di persone, uomini e donne. E tu scrivi per loro, ricordi? Se non ti mescoli a loro non sarai mai altro che un cartellone pubblicitario sul quale gettare un'occhiata, e poi proseguire. Devi scendere dal piedistallo, ed è dura: perché probabilmente credevi di doverci salire e da lì pontificare. "Un'altra realtà è possibile" è il tipico pensiero degli schizofrenici. C'è questa, e questa ci tocca provare a riparare. Se non hai il coraggio di ficcarci le mani, è perché la odi.
Prima la storia, poi il lettore

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