Senza un filo logico, come in effetti è giusto che sia, ma allo stesso tempo senza soluzione di continuità tra le azioni. Camminare e sorridere, poi comprare dei fiori e quindi sedersi e accarezzare la superficie liscia di una panchina verniciata da pochi giorni. Mangiare, guidare, parlare con i medici, comprendere e poi citare lo sponsor in diretta prima di annunciare il nuovo singolo dei Daft Punk. Incontrare un amico, pensare alla bolletta da pagare, poi chiedersi dove si va quando si muore. Rifare il letto all’ora sbagliata e accendere la luce. Poi spegnerla passando ad un’altra stanza. Masticare compresse di Vitamina C effervescente per sentire male su palato, entrare al market per comprare la cena, puntare la sveglia ad un’ora qualunque di un giorno qualunque. E solo nel mezzo di azioni singole e incoerenti accorgersi di tale ricerca. Come fosse un unico lunghissimo sonno, senza sogni, solo un dolore strano. E all’improvviso la bellezza. Un sasso bianco scalciato via per caso. I limoni maturi nel giardino che mai più ho visitato davvero. E salire le scale piano, sapendo che sotto il rivestimento in noce ci sono i disegni che facemmo da bambini, sul bianco tra uno scalino e l’altro. Lui deve aver pianto quando li ha ricoperti col legno. Che ironia. Mai tempo per cercarla, e lei mi trova proprio quando non posso sorriderle. Così con quell’azzurro polvere, scoperto, o forse inventato, tra nuvole nere, è iniziata un’incessante ma disorganica ricerca. Era ieri, o forse due giorni fa, non so. Tutte le cose difficili di prima sono ad un tratto facili. Tutte insieme, nello stesso istante, senza scorrere, sovrapposte e incastrate. Birilli per aria, li afferro al volo e faccio la giravolta, senza scompormi. E’ il sonno, questo lungo sonno da cui non riesco a svegliarmi, la cosa difficile. Pare la vita di un’altra. E la guardo da fuori masticando ancora quelle compresse di Vitamina C perchè m’hanno detto che mi fa bene, ne ho bisogno. O lei, quella della vita che guardo ne ha bisogno. Lei scioglie guai come nastrini da corsetto e cammina veloce senza perdere l’equilibrio tra l’ospedale dove sta lui e il resto della vita. Io solo cerco bellezza disorganizzata tra minuti discontinui. Le quattro e mezza. E poi, un istante dopo stranamente le cinque. O le sei. E ricordarmi senza motivo di quella frase che convinse Tolkien per suono e non per significato: Cellar Door. Pensare alla vita allo stesso modo: solo la bellezza, senza significato. Cellar Door.
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