Quando leggo i giornali nostrani esultare per questa grande prova di democrazia dell’Egitto, mi domando: ma forse loro leggono di un Egitto diverso da quello che leggo io? Perché altrimenti non si spiega tanto entusiasmo. Anche perché le uniche riforme che hanno fatto nel paese delle piramidi attengono ai mandati presidenziali, e nulla più. Sono stati limitati nel tempo, ma questa si sa è una riforma minima per una vera democrazia.
Infatti, una vera democrazia laica e improntata all’uguaglianza fra tutti i cittadini avrebbe voluto bene altro che una banale riforma di maquillage istituzionale che interessasse la carica di presidente dell’Egitto. Non a caso – come giustamente osserva Maghdi Cristiano Allam – i punti centrali dell’illibertà e dell’ineguaglianza permangono: la shari’a è sempre la fonte del diritto egiziano, e la religione dello Stato è l’Islam, con buona pace di chi non è islamico.
Davanti a questi due macroscopici nei, come si può davvero pensare che l’Egitto si avvii verso una democratizzazione del paese? Del resto, formalmente è una democrazia anche l’Iran, ma poi sappiamo bene che Ahmadinejad e la sua banda sono tutto fuorché democratici. Nel momento in cui in una nazione permane la sottile – ma spesso eclatante e pesante – discriminazione in base al proprio credo religioso, e nel momento in cui questo credo è anche fonte della legge, beh, chiaramente siamo ben lontani dalla democrazia, quella vera. Quella che non si può esportare, ma che si dovrebbe insegnare con altri mezzi altrettanto persuasivi quanto le armi.
Eppure si esulta, manco se l’Egitto fosse diventato un paese davvero democratico. Ma guardiamo un po’ che accade davvero a Il Cairo. I Fratelli Musulmani sono una presenza costante quasi opprimente all’interno dei seggi dove si vota. Sono la più forte organizzazione politico-religiosa in Egitto, che Mubarak ha tenuto giustamente distante dal potere. Ora però sono a un passo dal governare il paese, e sappiamo bene quali saranno le conseguenze negli equilibri della zona. Sappiamo che i Fratelli Musulmani – fedeli al loro nome – non vedono certo di buon occhio Israele, con il quale potrebbero saltare tutti i trattati di pace e di relazioni commerciali, rinfiammando i focolai della zona. Sappiamo che l’obiettivo forse è proprio questo: riportare il Medioriente a quarant’anni fa, magari alla guerra dei sei giorni. Parlare pertanto di rivoluzione democratica egiziana è azzardare o è illudersi, e non è certo una banale riforma sui mandati presidenziali che potrà convincermi del contrario, quando in Egitto tuttora si uccidono i cristiani e si attaccano le chiese cristiane in nome di un’atavica rivalità religiosa che non tollera altra fede all’infuori di quella di Maometto.
Il che, cari lettori, mi porta a un’ulteriore riflessione: a me pare che quanto accade nell’Africa del nord sia un evento effettivamente storico e importante, ma assolutamente da valutare con cautela e in un’ottica di tutela. Non mi sembra che quanto stia succedendo in Libia, in Tunisia o in Egitto, ovvero negli altri paesi islamici con i mal di pancia, sia il sincero frutto di un’acquisita consapevolezza democratica di quei popoli. Forse lo è apparentemente, o superficialmente, o se vogliamo essere proprio cattivissimi: a beneficio dell’occidente. Il vero è che quanto ci riserva il futuro in quei luoghi è ancora del tutto ignoto, e il pericolo del terrorismo sotto il portoncino di casa (quando non i casa) è più concreto oggi più di ieri.
E poi che dire della temuta invasione dell’occidente? Certo, non voglio cadere nel facile complottismo islamico, ma è chiaro che i disordini nell’Africa del nord per ora stanno avendo un’unica certa conseguenza: un aumento esponenziale degli sbarchi dei clandestini sulle coste italiane; e solo sulle coste italiane. E chi ci garantisce che fra i poveracci sui barconi – peraltro tutti uomini (che fine hanno fatto le donne disperate? E i bambini?) – non si nasconda qualche aspirante martire di Allah, mandato da Al Quaeda o da altre strutture terroristiche per «allietare» le nostre giornate nelle stazioni o negli aeroporti? Chi ce lo garantisce? Forse la trovata democrazia egiziana?
Autore: Il Jester » Articoli 1379 | Commenti: 2235
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