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Una misteriosa gabbia
Secondo la tradizione alla fine del IV secolo giunse sul lago d’Orta un prete greco di nome Giulio. Il suo scopo era evangelizzare quelle terre, convertendo i pagani al cristianesimo. E per farlo si spinse fin sull’isola che sorge in mezzo al lago per costruirvi la sua centesima ed ultima chiesa.
Sempre secondo la leggenda, quello scoglio deserto non era completamente disabitato. Vi dimoravano infatti draghi, vipere e altre bestie immonde. Per cacciarle il sant’uomo sarebbe ricorso ad un esorcismo, utilizzando peraltro anche dei pani per convincerli a lasciare per sempre l’isolotto.
In ricordo di quell’episodio ancora oggi le monache benedettine che vivono sull’isola preparano un pane speciale in occasione della festa del santo, il 31 gennaio di ogni anno. Ma c’è un’altra tradizione, molto più oscura e misteriosa, originata da quell’antico esorcismo…
In un luogo nascosto della basilica si trova una gabbia. Qui venivano rinchiusi coloro che giungevano sull’isola per implorare di essere liberati dai demoni che li possedevano. Le sbarre servivano a contenere la furia che squassava i loro corpi, moltiplicandone le forze.
È una storia oscura, ai confini della realtà, in cui è difficile distinguere, soprattutto per quanto avveniva nei secoli passati, tra auto suggestione, problemi psichici e fenomeni soprannaturali.
Si tramanda ad esempio la vicenda della nobile Antonia che dalla Francia fece un lungo viaggio in Italia per poter essere liberata dai suoi demoni. Essa passò di santuario in santuario cercando sollievo al suo tormento. Si recò all’isola di San Giulio, poi sulla tomba di san Giminiano a Modena, su quella di San Pietro a Roma, quindi a Loreto. Solo qui fu infine liberata dal suo male, il 16 luglio del 1489.
All’interno della Basilica di San Giulio si trova un’altra testimonianza che ci restituisce la cronaca di un evento lasciato da un testimone oculare.
Su uno degli affreschi all’interno della basilica si trova un graffito, datato 27 agosto 1533. Un uomo, evidentemente ancora fortemente impressionato da quello a cui aveva appena assistito, decise di lasciare incisa sull’intonaco dipinto la propria testimonianza. Quel giorno infatti il vescovo Arcimboldo, per grazia di San Giulio, guarì un’ossessa, liberandola dal suo demone.
Novantanove palloncini oltre il Muro
Nella seconda metà del XX secolo la città simbolo della contrapposizione tra il blocco sovietico e quello occidentale fu la ex capitale della Germania sconfitta nel 1945, divisa e occupata dalle potenze vincitrici. I settori di occupazione inglese, francese e americano andarono a costituire Berlino Ovest, un’enclave completamente circondata dalla parte Est, inclusa invece nel blocco comunista.
Nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961, per fermare l’incessante fuga dei cittadini di Berlino Est verso la parte Ovest, il governo comunista tedesco diede avvio alla costruzione della “Barriera di protezione antifascista”, come era definita dalla propaganda. Nella realtà dei fatti il Muro di Berlino era una infinita barriera di blocchi di cemento, filo spinato e guardie armate che cingeva in una gigantesca gabbia a cielo aperto milioni di persone.
Si stima che oltre 200 persone abbiano perso la vita nel tentativo di superare il Muro. L’unica cosa che riusciva facilmente a superare le sbarre di quella prigione era la musica dei concerti organizzati nella parte Ovest.
Proprio durante un concerto a Berlino Ovest dei Rolling Stones un chitarrista tedesco, Carlo Karges vide alcuni palloncini, liberati per aria in segno di festa, ammassarsi in una forma che poteva ricordare un’astronave.
Immaginò che il vento li portasse dall’altra parte del Muro; che l’aviazione dell’Est si alzasse per fermare l’invasione e che questo scatenasse la reazione dell’Ovest, portando alla Terza Guerra Mondiale.
La canzone scritta da Karges nel 1983, affidata alla cantante tedesca Nena, conobbe il successo mondiale e divenne una delle canzoni in lingua tedesca più famose. Furono eseguite varie cover di questa canzone contro la guerra e contro un Muro che non poteva durare in eterno.
Un muro contro cui la musica occidentale agì come un fiume sotterraneo, contribuendo a corrodere le basi del consenso dall’altra parte.
Nella notte del 9 novembre 1989 dopo settimane di manifestazioni in tutta l’Europa dell’Est centinaia di migliaia di persone si affollarono davanti ai varchi chiedendo pacificamente e semplicemente di passare “dall’altra parte”, anche solo per poche ore per guardare le vetrine dei negozi della parte Ovest. Gli agenti di guardia al Muro, lasciati senza ordini dai loro comandanti, dopo qualche esitazione decisero di aprire il confine. Con questo semplice gesto aprirono una falla che portò al definitivo crollo del blocco comunista.
Proprio pochi mesi prima dell’apertura del Muro, Roger Waters dei Pink Floyd aveva detto in un’intervista che l’opera rock The Wall si sarebbe potuto eseguire dal vivo solo dopo la caduta del Muro.
Così, nemmeno un anno dopo, il 21 luglio 1990 nella Berlino finalmente riunificata si svolgeva il grandioso concerto The Wall, cui assistettero oltre 350 mila spettatori, venuti ad ascoltare, tra gli altri, Bryan Adams, Cindy Lauper, Ute Lemper, Joni Mitchell, Van Morrison, Sinead O'Connor e gli Scorpions. E i palloncini poterono volare in un cielo senza gabbie.
Nena – 99 Luftballoon
La foto è una cortesia di ELE.
La bottega del mistero vi da alcuni altri suggerimenti musicali.
Elton John - Cage The Songbird
Scorpions – Wind of Change
Pink Floyd – Another Brick in the wall
Ma voi, quali altre canzoni in gabbia conoscete?
Fatecelo sapere coi vostri commenti!
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