In questo periodo Milano mi ricorda una casalinga sciatta, ossia quella massaia che avvisata all’ultimo momento di una visita, cerca di mettere tutto a posto in poco tempo. È tutto un fiorire di cantieri (da qualche parte ho letto che sono 940): strade sventrate per sostituire fognature, tubi del gas, linee elettriche e telefoniche, cablaggi vari; impalcature per ridipingere facciate e ripulire monumenti, massicciate sollevate per cambiare le rotaie dei tram e sostituire il pavé con l’asfalto; scavi per completare la linea 5 della metropolitana (la 4 non si sa che fine abbia fatto!); demolizione di vecchi fabbricati fatiscenti.
A parte il Duomo, in perenne manutenzione, ho visto che stanno procedendo a sistemare anche la Galleria e la casa degli Omenoni. Anche gli edifici privati sono oggetto di ripulitura dai graffiti: forse un lavoro inutile perché tanto i writers si troveranno altre belle superfici da imbrattare nuovamente.
Quando non si può mangiare vegano, si ripiega sul vegetariano.Trancio di pizza a pranzo? Ci sono solo due posti dove mangiarlo: da Spontini, nell’omonima via o in Corso Como, nella storica pizzeria Garibaldi. Optiamo per quest’ultima, in quanto Spontini offre solo la classica margherita e mio marito voleva un trancio farcito con le verdure alla griglia.
Quando usciamo, che tristezza vedere lo Smeraldo completamente trasformato; ricordiamo le tante volte in cui l’abbiamo frequentato per assistere alle commedie dei Legnanesi. Adesso è stato rilevato da Farinetti, di Eataly. Per curiosità lo abbiamo visitato: tre piani di rivendita di prodotti tipici con annessi ristoranti per la degustazione. Troppo caotici, per i nostri gusti. Magari sarà anche un’ottima iniziativa, ma il teatro era un’altra cosa. E pure il Lirico è molto malandato, per non parlare della Filodrammatica …
In metropolitana tre albanesi importunano una ragazza giovane e carina, ma in suo soccorso intervengono un paio di giovanottoni palestrati che allontanano i tre che escono di fretta dai vagoni.
Al Libraccio, dove ho cercato invano un libro introvabile perfino su Amazon, rivedo una vecchia conoscenza.
E qui serve un breve flash back.
La volta precedente in cui siamo venuti a Milano, era gennaio, pioveva di brutto e avevamo dovuto forzatamente ridurre la la passeggiata dopo pranzo . Eravamo arrivati a piedi fino a piazzale Aquileia, nei pressi di san Vittore, e là eravamo saliti sul 19. Accanto a noi il classico barbone: allampanato, barba e lunghi capelli bianchi, parecchi maglioni uno sull’altro, caciola di lana in testa, stivali di cuoio stringati, jeans con leggero strappo su un ginocchio (per l’uso, non certamente per una pseudo-moda alquanto scema), grosso zaino cerato ma con una curiosa fantasia floreale ed un grande ombrello nero. Gli avevo fatto cenno di prendere posto ma lui sorridendo aveva risposto di no, aggiungendo che non aveva fatto in tempo a comprare il biglietto. Non c’era problema: accanto al tesserino settimanale ho sempre qualche biglietto di riserva e gliene avevo ceduti due. Mi aveva ringraziato con un sorriso, e tanto mi era bastato.
Ed ora lo ritrovo là a sfogliare un vecchio libro, vestito sempre allo stesso modo nonostante il caldo. Non ci ha riconosciuti, ovviamente, ma io si’.