Tempi duri per il cosiddetto movimento pro-life (o meglio "no-choice") contro la legalizzazione dell'aborto.
Il cattolicissimo Uruguay ha legalizzato l'aborto ed è solo la seconda nazione del continente sudamericano ad autorizzare la procedura.
L'aborto resta illegale invece in Irlanda e le donne irlandesi che volevano abortire sono costrette a ricorrere agli ospedali del Regno Unito o in Europa.
Per le donne irlandesi che volessero abortire da giovedì potranno farlo alla clinica Maria Stopes nel centro di Belfast: essendo la clinica nell'area britannica non si applica il divieto di aborto vigente dal 1967 in Irlanda.
Ovviamente la tensione è alta per l'apertura della clinica e molti attivisti anti-aborto si stanno dirigendo verso Belfast.
I "no-choice" hanno detto che protesteranno al di fuori della clinica e - imitando una forma di protesta dei Radicali italiani - osserveranno tre giorni di preghiera e digiuno.
Proprio per evitare il rischio che gli antiabortisti possano attentare all'incolumità dei dipendenti e dei clienti della clinica il direttore della struttura ospedaliera è stato costretto ad assumere del personale di sicurezza per proteggere l'incolumità di chi dovesse entrare nella clinica.
Allo stesso modo la polizia ha avvisato che non sarà permesso filmare le persone che entrano nella clinica i cui volti dovranno essere pixelati a tutela della privacy.
Certamente la tensione in Irlanda non è alta come negli Usa dove le violenze degli antiabortisti hanno ucciso almeno otto persone: il dottor David Gunn nel 1993, il dottor John Britton e due impiegate di una clinica in cui si praticavano aborti nel 1994, la guardia di sicurezza Robert Sanderson di una clinica abortista nel 1998 a seguito del lancio di una bomba e - nello stesso anno - venne ucciso anche il dottor Barnett Slepian, per ultimo - nel 2009 - venne ucciso il dottor George Tiller.
Oltre a questi omicidi, in base ad un report del National Abortion Federation dal 1977 negli Stati Uniti e Canada ci sono stati 17 tentati omicidi, 383 minacce di morte, 153 episodi di aggressione e tre sequestri commessi contro i fornitori di aborto. Dopo tutto questo possono ancora chiamarsi "difensori della vita"?
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