In questi giorni il mondo è stato impegnato nella celebrazione della ricorrenza del remake americano dell’incendio del Reichstag, il cui copyright appartiene ad Hitler, che però non è in condizione di reclamare i diritti d’autore. Le schiere dei dietrologi e dei complottisti sono state finalmente sgominate con implacabili perizie tecniche, che ci hanno dimostrato come sia normale che l’alluminio degli aerei affetti l’acciaio ed il cemento dei grattacieli; inoltre delle argute analisi psicologiche ci hanno spiegato come anche il terzo edificio, non colpito da nulla, sia crollato esclusivamente per simpatia e solidarietà con i suoi colleghi.
A liquidare definitivamente le residue dietrologie, dall’oltretomba è tornato anche lo spettro di un leader del movimentismo anni ’70 a rivelarci come sia ipocrita la commozione per le vittime dell’11 settembre, poiché pare che anche gli USA vadano in giro per il mondo a bombardare. Ecco, questa era proprio l’informazione che ci mancava.
In realtà l’11 settembre, se è stato una tragedia per i morti e per i loro parenti, per gli USA in quanto tali si è ridotto a poco più che un evento-spettacolo e, soprattutto, ad un comodo alibi vittimistico per ogni genere di crimine. La Libia è da sei mesi sotto i bombardamenti della NATO, ed i suoi abitanti, giorno per giorno, si sono visti mancare i familiari, gli amici, il tetto, l’acqua e l’elettricità. In questo quadro di distruzione sistematica, quale sarebbe l’effetto ritorsivo di un attentato episodico?
Intanto Al Qaeda risulta ufficialmente presente nel governo provvisorio libico, ed a questo punto ci vuole proprio un dietrologo inguaribile per arrivare a sospettare che dietro questi terroristi islamici, nemici giurati dell’Occidente, ci sia in realtà la CIA. La notizia più lieta è però che il Fondo Monetario Internazionale, da sempre in totale sintonia con la NATO, ha formalizzato il riconoscimento del nuovo governo libico. La suprema dirigente del Fmi, Christine Lagarde, ha auspicato per la Libia un avvenire di “riforme”, termine che nel gergo FMI significa privatizzazioni.(1)
Ancora una volta le bombe della NATO dimostrano di servire a fertilizzare il terreno per le privatizzazioni, quindi in Libia la miseria è assicurata per le prossime generazioni. Infatti ora in Libia è calata a reclamare giustizia la grande vittima delle nazionalizzazioni volute da Gheddafi nel 1971, cioè la British Petroleum (che oggi si fa chiamare anche Beyond Petroleum).(2)
In effetti il ritorno della BP in Libia risale allo scorso anno, quando la multinazionale anglo-americana era riuscita ad ottenere da Gheddafi un contratto per la ricerca di nuovi giacimenti di petrolio e gas. Persino Tony Blair, sia da primo ministro che dopo, era volato varie volte in Libia per incontrare Gheddafi e per sostenere la BP nella nuova impresa. Lo scorso anno il governo britannico aveva anche consentito il ritorno in Libia di uno dei condannati per l’attentato aereo di Lockerbie, ed il fatto era stato oggetto di molte critiche, perché era stato interpretato come un cedimento nei confronti di Gheddafi. Sarà, ma sta di fatto che la BP ha spedito in Libia centinaia di squadre di suoi “tecnici” che si sono disseminati per il territorio, e centinaia di aerei della multinazionale hanno fatto per mesi la spola tra la Gran Bretagna e la Libia.
Che i sondaggi BP siano stati usati come cavallo di Troia per l’invasione della Libia e che, per questo, oggi la stessa BP si trovi ad essere la principale beneficiaria della caduta dell’odioso tiranno, ovviamente è solo dietrologia. Una persona per bene come Cameron queste cose non le farebbe mai, e poi c’è sempre quel fesso di Sarkozy pronto a prendersi la colpa di tutto.
Ci si è chiesti spesso quale sia la ricetta, anzi il segreto, dello “stile inglese”. Il segreto dello “stile inglese” consiste semplicemente nel non farsi mai mancare le lodi. Il mito britannico poggia infatti sull’espediente di avere piazzato ad ogni angolo di strada un adulatore, un professionista dell’anglolatria. La massoneria britannica non è in sé un soggetto politico autonomo, ma è sempre stata un grande strumento di controllo e di infiltrazione in tutti i settori strategici dei Paesi satelliti, condizionandone anche, e soprattutto, l’informazione. Innocenzo Cipolletta, nel suo articolo sull’Espresso (“Un po’ di british nelle nostre scorte”) ci ha invitato, ad esempio, a cogliere la lezione di stile e di sobrietà che ci viene, manco a dirlo, dagli Inglesi. Personaggi come La Russa, Bossi, Rosi Mauro o Cota, che se ne vanno in giro con un corredo di bodyguard, auto blindate e poliziotti, messi a confronto con il premier Cameron che, in vacanza in Toscana, storica sede della massoneria inglese, va a prendersi un caffè al bar senza neppure essere riconosciuto; la scorta c’era, ma era così discreta. Che stile. Certo con i personaggi citati si vince facile. Ma se lo stesso Cameron avesse portato la sua faccetta da depravato in qualche periferia di Glasgow o di Birmingham, non è credibile che avrebbe bevuto il suo caffè così tranquillamente senza una scorta in bella evidenza.
Grazie a questo tipo di complicità dei media, che hanno sempre coperto l’entità del coinvolgimento britannico nell’aggressione alla Libia, Cameron ha potuto tranquillamente contravvenire ancora una volta al mandato ONU (ma tanto chi se ne frega), spedendo in Libia i suoi elicotteri di assalto Apache, che hanno impedito alle fanterie libiche di uscire allo scoperto.(3)
Gli elicotteri d’assalto britannici e statunitensi sono stati probabilmente prelevati dal teatro di guerra afgano. Ciò spiegherebbe perché un elicottero da trasporto Chinook, con decine di Navy Seals a bordo, andasse in giro senza scorta di elicotteri d’assalto, venendo così abbattuto dalla guerriglia afgana. L’ipotesi avanzata da alcuni, secondo cui i Navy Seals sarebbero stati abbattuti da “fuoco amico” per eliminare scomodi testimoni della farsa dell’uccisione di Bin Laden, risulta davvero troppo farraginosa, dato che i Navy Seals sono accuratamente selezionati fra i più marci criminali psicopatici, e non si capisce perché avrebbero dovuto essere colti da crisi di coscienza.
Lo scorso 4 settembre, l’opinionista Michele Serra, nella sua rubrica su “la Repubblica” si è ufficialmente arruolato nel battaglione dei bombardieri “critici”, chiedendo conto alla NATO del fatto che non sia ancora intervenuta in Siria; anche se Serra afferma che non ci tiene, che lo dice giusto per la precisione.(4)
Per accreditare di un alone “critico assai” il suo bellicismo insinuante, Serra si dimostra davvero ingeneroso nei confronti dei vari Rasmussen e Locklear, i quali, se fosse per loro, bombarderebbero anche il presepe. In realtà i mezzi militari della NATO non sono infiniti ed in Libia la guerra non ha affatto superato la sua fase virulenta, come i media irreggimentati dalla NATO vorrebbero farci credere. La Siria è attualmente protetta non dalle considerazioni di opportunità geopolitica ed economica propinate da tanti opinionisti ufficiali, ma dall’imprevedibile determinazione della resistenza libica, che ha fatto lievitare i costi dell’impresa. Basti considerare che per ogni elicottero Apache il costo ufficiale è di circa dieci milioni di dollari, ma si tratta solo del “modello base” da esposizione, dato che in condizioni di combattimento il costo effettivo va moltiplicato per dieci. Il filosofo Domenico Losurdo ha rilevato quanto sia paradossale che il Pentagono battezzi i suoi mezzi militari con i nomi delle tribù indiane (Apache, Chinoock) sterminate dalla colonizzazione americana, osservando che è come se Hitler avesse dato ai suoi armamenti i nomi di tribù ebraiche.
Serra è uno dei tanti esponenti di quell’umanesimo ufficiale specializzato nel fabbricare immagini di mostri inumani contro i quali indirizzare l’odio dell’opinione pubblica. Oggi i “mostri” sono Gheddafi e Assad, domani Mugabe, Chavez o Castro. Risulta sempre molto facile credere acriticamente alla propaganda sulla criminalità degli altri, ma Serra dovrebbe considerare il fatto che anche una propaganda bellicista come la sua rappresenta un’attività criminale a tutti gli effetti.
L’attuale guerra coloniale in Libia si configura sempre più esplicitamente come un’operazione di saccheggio. Già nel marzo scorso il Fondo Monetario Internazionale aveva parlato delle gigantesche riserve auree della Libia, che potrebbero ripagare immediatamente, e con gli interessi, gli sforzi bellici della NATO, senza dover aspettare i futuri proventi della rapina del petrolio e del gas.(5)
Non è un caso che la questione dell’oro libico ossessioni i media. I toni della disinformazione mediatica stanno raggiungendo a riguardo livelli fiabeschi, da Mille e una Notte. Prima Gheddafi viene presentato come l’orco che popola gli incubi di grandi e piccini, poi ci si narra della sua fuga. Si favoleggia che sia stato avvistato un convoglio lunghissimo di più di duecento automezzi al confine col Niger e in direzione del Burkina Faso. Il convoglio era scortato dai fedelissimi Tuareg, e molti di questi automezzi erano pieni di oro, di dollari e diamanti. Tutti i telegiornali riportavano senza pudore questi dettagli. Altro che narrazione di Vendola! Ora, ci si immagini dei camion che trasportano oro, dollari e diamanti con su scritto “trasporto di oro, dollari e diamanti”. E perché, via inventando, non anche lapislazzuli?
Queste fiabe mediatiche servono a far passare Gheddafi come il ladro e la progettata rapina dell’oro libico da parte della NATO come un recupero della refurtiva, in base ai rovesciamenti delle parti tipici della propaganda colonialista.
(1) http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/1020964/libia-lfmi-riconosce-il-cnt.shtml
(2) http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.thestreet.com/story/11228497/1/bps-outlook-in-libya-improves.html&ei=KOVsToWHLvTb4QTN36XZBA&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=2&ved=0CCsQ7gEwATgo&prev=/search%3Fq%3DBP%2Blibya%26start%3D40%26hl%3Dit%26sa%3DN%26rlz%3D1W1ACAW_itIT338%26biw%3D960%26bih%3D507%26prmd%3Divns
(3) http://feb17.info/media/video-david-cameron-defends-libya-apache-deployment/
(4) http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/09/04/amaca.html
(5) http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.bbc.co.uk/news/business-12824137&ei=UuJsTqvUKtSL4gTmkMn4BA&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=9&ved=0CGsQ7gEwCA&prev=/search%3Fq%3Dimf%2Blibya%26hl%3Dit%26sa%3DG%26rlz%3D1W1ACAW_itIT338%26prmd%3Divns